fede

Il Covid, l'isolamento, i lutti

Francesco Ognibene Unsplash
Pubblicato il 09-02-2021

La prova della vita religiosa ai tempi della pandemia

Il contagio che arriva, in silenzio, e colpisce senza rispetto né pietà, in una catena che sembra senza fine, l' hanno sperimentato anche loro. E così l' angoscia per il dilagare del virus, l' isolamento, le persone più fragili che non ce la fanno, le vittime - una contabilità drammatica e sinora impossibile - che si sommano nel succedersi delle notizie da tutta Italia. La prima ondata, un urto improvviso, durissimo, e poi la seconda, a cogliere ancora altre vite spese per il prossimo, le più anziane e vulnerabili, ma non solo. E dunque le salme che lasciano le case, in una sequenza che pare infinita, e col nodo alla gola per non aver potuto accompagnare al riposo eterno chi ha condiviso con te la vocazione. Sorelle, per sempre. Le religiose italiane (e i consacrati come loro) hanno sofferto ciò che hanno provato gli italiani in questo anno di pandemia, pagando al Covid un tributo di vite che - quando e se sarà possibile farlo - andrà conteggiato con le centinaia. Le congregazioni religiose vivono infatti la discrezione come tratto costitutivo, coltivando gelosamente un nascondimento connaturale alla missione, che impone di tenere per sé privazioni, sofferenze, e anche i lutti.

«Non c' è famiglia di consacrate che sia stata risparmiata, in tutta Italia» sospira suor Maria Merlina, delle suore di Maria Bambina, segretaria dell' Unione superiore maggiori (Usmi), l' organismo di coordinamento delle congregazioni femminili. Tra le sue mani sono passate decine di report dalle coordinatrici delle 16 regioni ecclesiastiche: centinaia di storie per altrettante famiglie religiose, e alcuni motivi ricorrenti: «All' inizio, l' intensificarsi della preghiera, e soprattutto dell' adorazione, quando il contagio si abbatté inatteso su molte comunità, impreparate, come tutti. Poi una più piena fraternità, come ritrovandosi tutte nel bisogno di sostenersi a vicenda, le une in aiuto delle altre». Con episodi anche molto toccanti, nati da situazioni drammatiche affrontate nel silenzio, le consorelle disposte a dare la vita, come sempre: «In alcune istituzioni, specie dove sono accolte le più anziane e malate - racconta suor Maria -, è venuto a mancare il personale per l' assistenza quotidiana, perché si è ammalato, oppure per la paura del contagio che l' ha tenuto lontano. E allora in aiuto di religiose altrimenti abbandonate sono accorse altre consorelle, anche da una città a quella dove c' era più bisogno».

Di tutto questo sacrificio le suore italiane hanno preferito non far trapelare nulla, sino a oggi, fedeli - tutte - a uno stile di silenzio operoso e tenace che dice quanto la loro presenza ci sia preziosa, e cosa ci insegna ancora oggi la vita consacrata. Con lampi di creatività per salvare vite: «In una casa religiosa la superiora ha chiesto al personale esterno di condividere per la fase più acuta la vita comunitaria delle suore in modo da non abbandonare le più vulnerabili e non uscire dall' istituto col rischio di rientrare portando il virus. E così per assicurare l' ospitalità imprevista ha spostato temporaneamente la cappella liberando uno spazio».

Le ferite di questo anno non si contano, come le vittime: con l' isolamento, anche lungo, imposto dalla protezione delle suore anziane o da qualche focolaio, ci sono case religiose che sono state costrette a interminabili digiuni eucaristici per l' impossibilità di far accedere il sacerdote per la Messa, altre che hanno dovuto dividere religiose sane e malate separando a forza famiglie unite per la vita, altre ancora che alle prove delle comunità in Italia hanno sommato le notizie allarmanti in arrivo dalle consorelle impegnate in Paesi poveri di tutto... «Il Covid si è abbattuto su una situazione già in movimento nella vita consacrata italiana - commenta suor Merlina -. Le congregazioni vivono un tempo che impone di ripensare ai propri carismi, alle opere e alla nostra stessa fedeltà, che va coniugata in modo nuovo in rapporto alle esigenze reali». Le tante vittime religiose del Covid indicano la via: dedizione condivisa, donando se stesse, fino alla fine. (Avvenire)

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