fede

Francescanesimo/La spiritualità di S. Ignazio dentro i gesti di Francesco

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

San Francesco ha imitato Gesù più di ogni altro uomo sulla terra

Quale è la chiave per comprendere il pensiero di Papa Francesco? È una domanda naturale, dopo quasi un mese di pontificato.

Il pensiero di Giovanni Paolo II era stato forgiato dalla filosofia personalista, a partire dall'amato Max Scheler. Quello di Benedetto XVI partiva dall'amato Sant'Agostino. Quello di Papa Francesco, invece, parte direttamente dalla spiritualità di Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia del Gesù. A partire proprio dal nome. La conversione di Ignazio nasce anche dalla lettura di una storia di San Francesco, che lo ispirò profondamente quando fondò i gesuiti. Anche per questo un figlio di Sant'Ignazio ha deciso di portare il nome del poverello di Assisi. È stato padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica a rileggere tutto il pensiero di Papa Francesco nella chiave della spiritualità ignaziana. Lo ha fatto nella settimana appena passata in un incontro promosso nella sede della storica rivista dei gesuiti, le cui bozze sono corrette in Segreteria di Stato, presentando due testi di Jorge Mario Bergoglio, tradotti dall'Editrice Missionaria Italiana: «Guarire dalla corruzione» e «Umiltà. La strada verso Dio». Al di là del titolo, non sono denunce sociali. Bergoglio si chiede cosa sia un cuore corrotto, come può l'animo umano guarire da quel male oscuro che rende accettabile il peccato.
Ma Bergoglio non parla della corruzione come fatto sociopolitico. Guarda proprio dentro l'uomo, al suo animo. Un animo pronto a negare la verità e a permettere alla frivolezza di prendere il sopravvento sulla severità spirituale. La severità spirituale è una chiave di lettura importante. Perché Papa Francesco ama stare tra la gente, la sua simpatia è contagiosa. Ma fa un rigoroso percorso spirituale, e gli viene direttamente da Ignazio. Si legge, nei testi di Bergoglio, la necessità dell'esame di coscienza, di chiamare i peccati con il loro nome, del definire tutto in maniera precisa, dura, esatta.

Papa Francesco ha un'idea di Chiesa inclusiva e apostolica, che non si autodifende (perché l'esame di coscienza porta ad ammettere le proprie responsabilità) e non è autoreferenziale. Raccontano che quando Bergoglio prese una posizione contro i matrimoni gay, lo fece perché quella fu la linea scelta dalla sua Conferenza Episcopale. Ma lui «avrebbe preferito dialogare, includere, convincere le persone una ad una, piuttosto che fare una crociata pubblica», sottolinea Virginia Bonard, giornalista argentina che lavora anche per la Conferenza Episcopale. E cosa è allora la corruzione, per Papa Francesco? È la «stanchezza della trascendenza», ovvero l'essere stanchi di rivolgersi a Dio. Riecheggiano, in queste parole, quelle del suo primo Angelus, quando sottolineò come «Dio non si stanca mai di perdonarci, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono». Ma c'è anche - nelle parole di Bergoglio - la perfetta continuità con quello che Papa Benedetto XVI ha sempre denunciato: quando l'uomo si dimentica di Dio il peccato diventa un modo normale di vivere. Il Tempo

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