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Burundi: una casa di spiritualità dove furono massacrate le suore lo scorso settembre

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Da teatro di morte a luogo di preghiera. La Chiesa, come dice papa Francesco, viene annaffiata dal sangue dei martiri. E a Bujumbura, là dove si è consumata nello scorso settembre la tragedia delle tre suore saveriane, sorgerà una casa di spiritualità, un’oasi di pace. Nella parrocchia di Kamenge suor Lucia Pulici, suor Bernadetta Boggian e suor Olga Raschietti hanno donato se stesse fino alla morte. Il progetto di trasformazione della casa in luogo di preghiera, silenzio e memoria delle sorelle massacrate e di tutti i martiri che hanno dato la vita per la pace nei Paesi dei Grandi Laghi non è ancora iniziato: gli eredi spirituali di Guido Maria Conforti attendono gli aiuti. Nel frattempo la casa è teatro di visite di suore e religiosi che vogliono portare la loro vicinanza spirituale ai saveriani. Nelle intenzioni dei missionari, presenti in Burundi dagli anni Sessanta, la Casa dovrebbe diventare un luogo semplice e al tempo stesso bello: vuole essere un cuore che continua a battere e trasmettere vita. Difficilmente le consorelle di Lucia, Olga e Bernadetta avrebbero accettato di vivere nella casa dell’orrore.

Le indagini ufficiali sono chiuse da tempo, ma non hanno convinto nessuno. L’immediato arresto di Christian Claude Butoyi che aveva rivendicato l’omicidio con la tesi del risentimento personale non basta a calmare la sete di verità. L’impressione è che dietro l’omicidio ci siano degli scenari più complessi con il coinvolgimento anche di persone legate ai Servizi segreti. Non è neppure esclusa la presenza di riti satanici nell’esecuzione delle tre suore. In un tale quadro a tinte fosche sembra sempre più difficile giungere alla verità sui mandanti e sulle vere ragioni del massacro delle religiose.  Le ultime notizie chiamerebbero in causa l’ex capo dei Servizi segreti, il generale Adolphe Nshimirimana, e farebbero riferimento alla scoperta di traffici illeciti di farmaci e minerali preziosi.

Non va sottovalutato il fatto che la situazione sociale del Burundi non è certo delle migliori.  I 10 saveriani (due messicani, un congolese, un burundese e sei italiani) che sono rimasti a Bujumbura continuano a lavorare per seminare la pace, mentre più in generale in Burundi non ci sono più suore saveriane. La polizia garantisce la protezione, ma è difficile sapere da chi. Al momento non si conoscono ancora le ragioni del massacro. Per i religiosi non ci sono pericoli immediati, anche se anche prima del triplice omicidio non c’erano stati segni particolari tali da far pensare ad azioni dissennate contro religiosi o religiose. Gli operatori stranieri vivono, comunque, nella massima attenzione, perché il periodo pre-elettorale non dà garanzie. L’avvicinarsi delle elezioni presidenziali previste il prossimo maggio-giugno rende il panorama molto teso. La maggioranza della popolazione chiede all’attuale presidente (Nkurunziza) di non presentarsi per un terzo mandato; viene anche accusato di coprire gli autori di massacri e altri delitti a sfondo politico di molte persone tra cui quello delle tre suore saveriane.

Anche la Conferenza episcopale burundese è stata molto chiara, definendo inaccettabile la candidatura di Nkurunziza. Inoltre, secondo gli osservatori internazionali, la nuova presidenza potrebbe aumentare il rischio di un ritorno alle tensioni del passato, alle guerre fratricide tra Hutu e Tutsi. Ai religiosi di Bujumbura rimane solo una cosa: continuare a pregare e a invocare la pace. Vatican insider

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