cronaca

Paglia: Istituti per anziani, modello da superare

Mario Scelzo Ansa - Giorgio Onorati
Pubblicato il 21-03-2021

L'intervista al presidente della Pontificia accademia per la vita

“Dobbiamo promuovere una vera riforma: ossia un sistema di servizi che sappia muoversi verso gli anziani, presso le loro case, per valutarli e curarli, per inserirli in programmi di prevenzione, inclusione sociale, lotta alla solitudine, telemedicina, sostegno domestico vero e non camuffato. E da subito!” Si deve traversare una volta per tutte, quella sottile ma profondissima linea di demarcazione che vorrebbe i nostri anziani espulsi dal tessuto sociale, familiare e domestico, per concentrarli in quei ‘non luoghi’ rappresentati dagli istituti, secondo un malinteso senso della loro custodia e tutela che tanti danni ha fatto sinora”. Questa esortazione fa parte di un pubblico appello inviato al Premier Mario Draghi da Monsignor Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita e, dal 21 settembre 2020, Presidente della Commissione Assistenza Anziani istituita dal Ministro della Salute Roberto Speranza. Monsignor Paglia ci ha gentilmente concesso una intervista, nel corso della quale abbiamo approfondito i temi legati alla pandemia, alla fragilità sociale, al ruolo della Chiesa in questa difficile fase storica. 

Monsignore, quali i cambiamenti che la pandemia ha portato nelle nostre vite quotidiane? 

Questa pandemia ci ha fatto improvvisamente scoprire non solo che siamo legati gli uni agli altri ma che siamo tutti fragili e quindi è indispensabile creare una nuova cultura della fraternità, della cura vicendevole, della preoccupazione gli uni per gli altri. In questo senso c’è come da riscoprire l’urgenza di una sensibilità, di una scelta della fraternità che deve attraversare tutti i diversi ambiti, quello politico, economico, sociale e perfino religioso, proprio perché nessuno può più dire la mia libertà finisce quando finisce la tua, oppure io non ho bisogno degli altri. La pandemia ha sconfitto radicalmente l’individualismo e ci obbliga a riscoprire una fraternità universale. 

Quali sono secondo lei le categorie principalmente colpite dalla pandemia?

I primi ad essere colpiti in maniera drammatica sono le persone più fragili, loro purtroppo hanno pagato il prezzo più alto di questa drammatica epidemia, e vorrei soffermare la mia attenzione sul perché è avvenuto questo partendo dalle persone più avanti negli anni. Il dramma degli anziani svela una radicale contraddizione della società, che per un verso allunga la vita, per un verso non aiuta a mantenerla nelle migliori condizioni, in questo senso invito, particolarmente i credenti, a riscoprire il senso più profondo del quarto comandamento, quello che recita onora il padre e la madre: questo comandamento, che è stato in genere riferito ai bambini piccoli rispetto ai genitori, in realtà era un comandamento che parlava agli adulti perché rispettassero i loro genitori anziani, tanto che si arriva a dire rispetta tuo padre e tua madre anche quando perderanno il senno. 

Può dirci qualcosa di più specifico rispetto al lavoro della Commissione sulla Assistenza agli Anziani di cui è Presidente? 

La commissione istituita dal Ministro Speranza ha il compito di ripensare in maniera globale l’assistenza agli anziani nel nostro paese, far vivere agli anziani con serenità gli ultimi anni della propria vita, questo vuol dire in concreto ridare centralità alla assistenza domiciliare degli anziani, perché essi continuino a vivere nell’ambiente dove sempre hanno vissuto riscoprendo la forza sia dei legami familiari sia dei legami sociali. Secondo un recente rapporto di Amnesty International, durante la pandemia 1 anziano su 5 in Italia è deceduto all’interno delle RSA, questo ci porta a dire che, al di là delle responsabilità o dei meriti dei singoli, è il sistema complessivo delle residenze ad aver mostrato una scarsa resilienza e tenuta di fronte all’evento epidemico. L’apposita Commissione per la riforma dell’assistenza agli anziani, istituita dal Ministro della Salute, che mi onoro di presiedere ha elaborato in questi mesi, una sostanziale riforma, da attuare con i fondi europei del Recovery Plan, che sposti l’asse dalla assistenza residenziale alle case degli anziani, vero luogo di cura e prevenzione, ma vorrei anche dire vero luogo di vita per i nostri vecchi. 

Tra le tante, può segnalarci una proposta concreta per operare questo “cambio di prospettiva” rispetto alle persone più anziane?

Attualmente, le ore medie annuali erogate per gli anziani bisognosi sono solo 18, una parvenza di assistenza domiciliare, se non un’offesa! Per questo la Commissione propone di decuplicare tale valore perché almeno mezzo milione di anziani possa essere assistito nella propria dimora con un minimo di 20 ore al mese (è davvero un minimo!), cui andranno ad aggiungersi gli aiuti di carattere domestico socioassistenziale nei (molti) casi richiesti. Passando finalmente ad un modello vero di cure presso il proprio domicilio, dove si potrà innestare una azione di telemedicina. Il progetto allo studio prevede di seguire i 4 milioni di ultraottantenni italiani in una opera virtuosa di valutazione delle necessità, prevenzione e lotta alla solitudine, perché nessuno sia lasciato indietro e abbandonato. Ripeto, abbiamo a disposizione i fondi del Recovery Plan, spendiamoli in progetti efficaci!

Vorrei chiedere ora non al Presidente della Commissione, ma al pastore delle anime, una riflessione sugli effetti della Pandemia sulla popolazione giovanile.

La pandemia ha sconvolto la vita dell’intera società, una vita basata su un individualismo generalizzato, ciascuno alla ricerca dei propri interessi, della propria realizzazione, del proprio tornaconto, mentre la fragilità di cui abbiamo parlato si abbatte su tutti, in particolare sulle categorie più deboli, ho parlato degli anziani ma anche sui disabili e sui bambini, in questo senso lo sconvolgimento dell’esistenza dei piccoli come degli adolescenti ha trovato la società impreparata. Grazie a Dio la presenza delle famiglie ha attutito un impatto ancor più lacerante, ma non c’è dubbio tuttavia che tra i disagi dell’abbandono scolastico e quelli di una solitudine accentuata e l’incapacità di una società di essere madre e padre ma piuttosto matrigna ha come messo a soqquadro la dimensione di relazionalità così decisiva nella vita dei piccoli e dei giovani, è infatti preoccupante il tasso di suicidi adolescenziali o anche il numero di ragazzi che si chiudono nella solitudine delle loro stanze, certamente più connessi ma meno solidali verso il prossimo.

In conclusione le chiedo una parola sul ruolo che può avere la Chiesa in questo tempo così complesso.

La Chiesa ha un compito enorme in questa situazione, questo vale per tutte le età. In questo senso deve cogliere il kairos (dal greco, il momento opportuno) di questa situazione, proprio perché nella chiesa la relazione prevale sempre sull’abbandono, la cura prevale sempre sul disinteresse, è una opportunità enorme perché la chiesa manifesti in un mondo sempre più ferito la forza della misericordia, nel senso che, come Papa Francesco ci mostra, è il tempo della misericordia soprattutto verso i più deboli e verso i più piccoli, e misericordia vuol dire prendersi cura, ossia chinarsi, commuoversi, dare le prime cure e sollecitare una società che sia solidale. 

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