cronaca

La pandemia della povertà

Chiara Saraceno Ansa - Jakub Kaczmarczyk
Pubblicato il 04-05-2020

Non è vero che siamo tutti uguali di fronte al Covid 19

Non lo siamo rispetto al rischio di contagio, perché alcune professioni e condizioni di vita espongono più alcuni di altri.

Riguarda, ovviamente, le professioni sanitarie, ma riguarda anche le commesse, gli addetti alle pulizie delle strade, alla raccolta dei rifiuti, i trasportatori, tutti coloro, con professioni non prestigiose e pagate relativamente poco, che nelle settimane della chiusura hanno continuato a lavorare in "presenza". Non siamo uguali neppure di fronte all' esperienza del "restiamo in casa", non solo perché qualcuno la casa non ce l'ha, ma anche perché "casa" si declina molto diversamente e per qualcuno significa vivere stretti, talvolta in situazioni precarie.

l "Stare in casa" significa una costrizione insopportabile per il 41% dei bambini e ragazzi che vive in abitazioni sovraffollate, con disagi che spesso si sommano ad altri. Non siamo uguali neppure di fronte alla perdita di reddito e al rischio di povertà provocati dalla chiusura di gran parte delle attività produttive. Qui le disuguaglianze sono molteplici. I più a rischio sono i giovani, vuoi perché avevano più spesso contratti temporanei o precari, vuoi perché stavano per entrare nel mercato del lavoro quando tutto si è chiuso.

Come era già successo con la lunga crisi finanziaria iniziata nel 2008 e non ancora conclusa, sono le generazioni più giovani le più colpite e quelle che porteranno più a lungo le ferite. Sono più a rischio di non rientrare al lavoro le donne degli uomini, perché l'apertura selettiva delle attività produttive riguarda settori a prevalenza maschile e perché la persistente chiusura dei servizi sociali, educativi e delle scuole pone molte lavoratrici di fronte alla antica necessità di decidere tra lavorare fuori casa o rimanere a casa senza stipendio.

Ma sono anche più a rischio molte categorie di lavoratori autonomi rispetto ai lavoratori dipendenti (a tempo indeterminato) e, tra questi, più quelli nel settore privato che nel pubblico. A più rischio di tutti sono coloro che lavoravano solo nell'economia informale, non per vocazione all' evasione fiscale, ma per mancanza di alternative... (Repubblica)

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