Le visite dei pontefici
Intervista alla psicoterapeuta Mariolina Ceriotti Migliarese
Il tempo della quarantena ha messo in risalto nuovamente il ruolo della famiglia, e delle madri, soprattutto. Tematiche troppe volte dimenticate dalla società, dalla politica, e dall’informazione. Questo delicato momento sociale e storico, tra l’altro, ha fatto riassaporare delle antiche e sane tradizioni che - diciamolo pure - erano state troppo spesso messe nel dimenticatoio. Abbiamo sentito, a riguardo, la psicoterapeuta Mariolina Ceriotti Migliarese, sensibile e studiosa - da tempo - all’argomento. Mariolina Ceriotti Migliarese è medico, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta. Vive a Milano. Da molti anni si occupa di formazione di genitori e insegnanti attraverso conferenze e articoli su tematiche inerenti alla famiglia. Sposata, ha sei figlie e due nipotine. Firma dell’ “Avvenire”, è autrice di molti importanti libri, come “La famiglia imperfetta” (2010), “La coppia imperfetta” (2012), “Cara dottoressa. Risposte alle famiglie imperfette” (2013), “Erotica & materna. Viaggio nell’universo femminile” (2015), “Maschi. Forza, eros tenerezza” (2017). Tutti editi da Ares. Coautrice dei libri “Il sostegno alla genitorialità” (Franco Angeli 2011), “La preadolescenza” (Franco Angeli 2013), “Essere leader al femminile” (SDA Bocconi 2017).
Dottoressa, prima di tutto, come ha vissuto da donna, da madre, questo periodo così delicato? Il suo rapporto con i figli ha avuto qualche cambiamento?
Ho vissuto questa situazione da madre di figli grandi: quattro dei miei ragazzi sono sposati, e solo la figlia più piccola è ancora in casa con noi. Ho quindi vissuto la mia posizione soprattutto da nonna, arrivando in un certo senso a una nuova chiarezza: ho capito di più, in modo più profondo, il loro essere adulti, coppie, genitori. Ho percepito nei miei figli la capacità di essere pienamente (e positivamente) centrati sulle nuove famiglie cui hanno dato vita. La loro competenza, la loro indipendenza. La nostra interdipendenza si è fatta più matura: mi è chiaro in modo definitivo e sereno che il baricentro della loro vita non è più la loro famiglia di origine (cui rimangono molto legati), ma la famiglia nuova: proprio come deve essere. Questo mi ha dato molta pace.
E ora la domanda è rivolta alla psicoterapeuta così attenta alle dinamiche familiari. Pensa che questo momento può essere stato (e, in fondo, ancora è) una possibilità per molte donne, madri di riscoprire il loro ruolo educativo che -in una certa misura - sembrava "soffocato" dagli impegni di una vita divenuta troppo frenetica, vorticosa di impegni?
Credo di sì. Molte donne si sono accorte che forse stavano correndo troppo, col rischio di perdere chiarezza sulle loro priorità. Molte donne hanno riscoperto (anche con fatica e con sentimenti ambivalenti ) la centralità della loro presenza nella vita della famiglia. Questa scoperta mette in crisi, perché non è facile da integrare nella vita concreta che dovremo riprendere: conciliare in modo sensato e soddisfacente la vita familiare con quella professionale è un’impresa complessa, cui ogni donna deve rispondere in modo personale. Forse però abbiamo iniziato a pensare ( e sommessamente anche a dirci) che lo scopo delle nostre battaglie potrebbe essere proprio ottenere che la società tutta si faccia finalmente carico del problema: la conciliazione lavoro-famiglia non è un tema “da donne”, ma un tema umano rilevante per tutti.
Il pericolo è che passato il momento tutto si dimentica, diciamo così. Abbiamo visto madri impegnate nuovamente con i figli, ad esempio, nella cucina. O, seguire maggiormente i figli nelle loro attività di studio...Come poter "ricordare", "ravvivare" questo collante creatosi in questa situazione?
Se abbiamo potuto essere più vicine ai figli, fare cose piacevoli con loro; se ci siamo sentite gratificate dalla sensazione del nostro valore in famiglia; se abbiamo scoperto un ritmo più umano, più a nostra misura, dobbiamo per prima cosa gustare a fondo ciò che di buono è successo. Dobbiamo apprezzarlo, dobbiamo dire a noi stesse cosa ci è piaciuto e perché. Dobbiamo prenderne vera consapevolezza. Solo questo permetterà di non perdere rapidamente gli aspetti positivi dell’esperienza: quando hai conosciuto e sperimentato qualcosa di bene e di bello, riconosci finalmente ciò che è brutto o ti fa stare male. E puoi tornare ad essere protagonista delle tue decisioni.
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