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Un “Piano Marshall” per il dopo pandemia

ORAZIO LA ROCCA
Pubblicato il 15-07-2020

Una mano amica 'a stelle e strisce', destinata alle fasce sociali più deboli

I “pacchi” dall'America. Per anni mito dei poveri di casa nostra, àncora di salvezza per generazioni di italiani che per quasi tutto il Novecento – contrassegnato dalle ferite di due guerre mondiali, da crisi economiche, disoccupazione – hanno ricevuto salutari boccate d'ossigeno dagli aiuti inviati dai milioni di parenti emigrati Oltreoceano tramite, appunto, pacchi mensili pieni di vestiti, giocattoli, dolci, cibo, medicinali.

Una mano amica "a stelle e strisce" mai venuta meno, tantomeno oggi in tempo di pandemia, come possono testimoniare le fasce sociali più deboli, carcerati, disoccupati, ultimi, unitamente a volontari, ospedali in difficoltà, piccole e medie imprese in affanno, famiglie in crisi per l'improvvisa mancanza di lavoro. Vale a dire, quelle realtà che – in pieno blocco da contagio – lontano dalla ribalta internazionale stanno usufruendo delle donazioni delle aziende americane che operano in Italia e dai contributi arrivati dagli Usa. Aziende e associazioni anonime al grande pubblico, ma anche nomi noti come il Policlinico “Gemelli” di Roma”, gli istituti penitenziari Bollate di Milano e Rebibbia di Roma, cliniche. Quasi un Piano Marshall del Terzo Millennio – in ricordo dell'analogo Piano varato dal Segretario di Stato statunitense George Marshall il 5 settembre 1947 per ricostruire l'Europa, Italia compresa, dai danni del secondo conflitto mondiale. A dare il via al nuovo Piano umanitario Usa l'annuncio dei famosi 100 milioni di dollari stanziati, a sorpresa, il 30 marzo scorso dal presidente Donald Trump. Una cifra ragguardevole potenziata da altri 45 milioni di euro raccolti tra le società Usa radicate nel nostro paese e coordinate dalla Camera di Commercio americana in Italia (la American Chamber of Commerce in Italy), con sede a Milano, la cosiddetta Confindustria americana d'Italia, i cui presidenti onorari sono gli ambasciatori Usa e italiano pro tempore, Lewis M. Eisenberg e Armando Varricchio.

Una mission umanitaria più volte ribadita dallo stesso ambasciatore Eisenberg, anche attraverso i microfoni della trasmissione “Voci dal mondo” di Rai Radio 1, parlando proprio dei 100 milioni di dollari, ricordando anche il ruolo di USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale) nell’ambito del pacchetto di aiuti provenienti dalle aziende e dal lavoro dei militari americani mobilitati per la lotta al Covid-19 attraverso la donazione di strutture sanitarie. Un esempio su tutti, il preziosissimo macchinario ad ultrasuoni salvavita di ultima generazione donato all'ospedale “Don Luigi Di Liegro” di Gaeta (Latina) dai marines della Sesta Flotta americana. Un gesto di profondo significato umano e sanitario fatto in segno di riconoscenza verso la città, Gaeta, che da oltre 60 anni ospita un migliaio di famiglie statunitensi di addetti civili e militari della Sesta Flotta Usa.

Dei 100 milioni di dollari del Governo Usa, i primi fondi sono stati già distribuiti tra strutture ospedaliere in difficoltà a causa del virus attraverso i canali diplomatici, i consolati Usa e la stessa American Chamber, tramite la rete dei 19 rappresentanti regionali coordinati da Farrell Mabry. Non finanziamenti a pioggia, ma aiuti “freschi” ed immediati destinati a fasce sociali più deboli, strutture sanitarie e imprese colpite dalla pandemia. Degli iniziali 100 milioni di dollari, la metà, spiega Nicolò Cremona della Confindustria Usa d'Italia, “è stata suddivisa in tre trance, 30mila alle Ong, 10 alla ricerca sul vaccino anti Covid e altri 10 per riconversioni industriali per presidi pandemici”. Con gli altri 50 milioni si finanzieranno aziende, progetti green e riserve di cassa. Analoga destinazione per i 45 milioni di euro raccolti finora tra le aziende Usa in Italia, destinati, comunque, a crescere, perché “la raccolta continua attraverso l'ideale gara di solidarietà in corso tra le aziende più sensibili”, assicura Simone Crolla, il consigliere delegato dell'American Chamber, istituzione che, fondata nel 1915, da “oltre un secolo è vicina agli italiani nei momenti più difficili come durante e dopo le 2 guerre mondiali ed ora in tempo di pandemia”, al di là dei colori politici degli inquilini della Casa Bianca. “L'attuale crisi – avverte ancora il consigliere delegato Crolla – ci insegna che nulla sarà più come prima, nessuno tornerà facilmente alla vita di soli 4 mesi fa”. Per aggiungere sicuro: “Abbiamo da imparare dagli Usa, siamo ancora indietro nello sviluppo di un mondo più solidale e compassionevole, concetti su cui la cultura americana è fondata […]. In questa situazione di emergenza, siamo chiamati a 'costruire il domani', rimettendo al centro la persona. Le strutture economico-finanziarie non sono cambiate, ma dobbiamo essere noi a farlo, vivendo e vedendo diversamente il mondo. D’altronde, essere credenti è capire che il Signore ci ha resi 'azionisti' della sua azienda che si chiama Mondo, ed è nostro compito investire noi stessi per migliorarlo. Il Covid ci ha ricordato il valore della fragilità, ricordandoci di concentrarci sull’essenziale e ciò che conta davvero”.

Concetti, pensieri e propositi messi in pratica anche in ambienti difficili e fragili come le carceri, mediante un progetto lavorativo che vede l'utilizzo di oltre 300 detenuti di Bollate e Rebibbia per la produzione di 12 milioni di mascherine anti virus al mese. “Un lavoro importante e necessario per la salvaguardia della salute in questo periodo di pandemia, ma anche di grande valore umano per l'opportunità di recupero offerta ai detenuti interessati”, spiega Riccardo Barberis, membro della American Chamber e Amministratore Delegato della ManpowerGroup, azienda leader per la selezione del personale, ideatrice e sostenitrice del progetto insieme ad altre aziende e in stretta collaborazione col Ministero della Giustizia. “Con questa iniziativa – puntualizza Barberis – abbiamo applicato con i detenuti la stessa nostra filosofia basata sul concetto di formazione al lavoro di chi intende entrare nel mondo produttivo. Nel suo genere quasi una missione, perché – sottolinea – oggi si parla tanto di lotta alla disoccupazione, di mancanza di lavoro, ma troppe volte le aziende che vogliono assumere si trovano in difficoltà perchè non hanno a disposizione nuovo personale competente e preparato”. Una sfida che per Barberis va affrontata già in età scolare, come si sta facendo con il programma di imprenditorialità “BizFactory” di Junior Achievement Italia, promosso da ManpowerGroup e altre aziende, accreditato in tutta Italia sotto l'egida del Ministero dell'Istruzione, che nell'anno scolastico 2019-2020, malgrado il blocco pandemico, ha coinvolto 10 mila studenti delle medie e superiori dell'intero paese in stage e corsi di formazione.

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