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Strage Borsellino e l'anniversario più duro

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

I Borsellino sono una grande famiglia che - in questo 23° anniversario della strage di via D’Amelio - è tornata in via della Vetriera 57, alla Kalsa. Qui nel secolo scorso si affacciava la farmacia di nonno Paolo, prima, e di papà Diego, poi. Oggi in quei locali pitturati di fresco si palesano insieme il fratello e la sorella di Paolo Borsellino, il magistrato assassinato dalla mafia il 19 luglio del ‘92. Salvatore, ingegnere, e Rita, farmacista, accompagnata dalla figlia Marta, inaugurano insieme al sindaco Leoluca Orlando la Casa di Paolo, una bottega nella quale i ragazzi potrebbero imparare un mestiere per sottrarsi alle lusinghe della criminalità: «La memoria deve essere viva, qui non ci sono corone di fiori perché Paolo è vivo...», teorizza Salvatore e Rita lo ringrazia perché lui «ci mette l’anima», perché grazie al fratello «è tornata la primavera a dimostrazione che qui si fa sul serio».


Le cerimonie

Alla Kalsa - così come alle cerimonie previste per oggi, a cui parteciperanno il capo dello Stato Sergio Mattarella e i ministri Angelino Alfano e Andrea Orlando -, non ci sono Fiammetta, Lucia e Manfredi Borsellino. I figli del giudice amico di Giovanni Falcone «non si sono mai messi in mostra, non amano la notorietà perché il padre aveva detto loro che avrebbero dovuto condurre una vita normale e per questo, semmai, in passato hanno partecipato solo alla messa organizzata da zia Agnese (la vedova del magistrato scomparsa nel 2013, ndr )», confida la cugina Marta. Ma stavolta, dopo i veleni sollevati dalla frase infame attribuita al medico del governatore Rosario Crocetta, Matteo Tutino, l’assenza dei «ragazzi Borsellino» pesa come un macigno. «Dire che siamo infastiditi è poco, io sono sconvolto nell’apprendere che mia nipote possa essere stata minacciata in quel modo...Ha fatto bene a mollare la Regione anche se avrebbe dovuto andarsene molto prima», dice lo zio Salvatore.



Le dimissioni di Lucia Borsellino

Due settimane fa Lucia Borsellino, assessore alla Sanità della giunta Crocetta, si dimette dopo l’arresto di Tutino e dichiara: «Alla Regione si registra un calo della tensione morale, con la politica ho chiuso torno a fare la figlia di Paolo Borsellino...Chiedo a tutti di non invitarmi alla commemorazione...». Da quel giorno a Palermo si rincorrono le voci sulla frase incriminata («Quella va fermata, eliminata come il padre») che arrivano alle orecchie di Lucia quando, probabilmente, la decisione di tagliare i ponti con la politica era già stata presa. «Questa è stata la mia prima esperienza politica, sarà anche l’ultima, in questi anni ho sentito spesso il peso del nome che porto», dichiara ai giornalisti dopo le dimissioni. Poi, alla vigilia dell’anniversario del 19 luglio, arriva sui giornali la bomba Tutino/Crocetta. «È sconvolgente che quel medico abbia solo potuto immaginare quella frase e ora è risibile la giustificazione di Crocetta che dice di non aver sentito», attacca Salvatore Borsellino. Il quale però si pone il problema del giallo dell’intercettazione: «Se un giornale dice di averla e i magistrati ribattono che non c’è qualcosa di grave è successo», chiosa l’ingegnere.



«Mi vergogno per loro»

Lucia Borsellino in queste ore si è rifugiata a Pantelleria dalla sorella Fiammetta e dall’isola ha consegnato un solo commento, «Mi vergogno per loro», che la dice lunga sulla qualità dei suoi rapporti con l’entourage di Crocetta. Da Cefalù, dove fa il commissario di polizia, Manfredi Borsellino ne condivide la linea: «Aspetteremo in silenzio. Mia sorella ha già fatto sapere in modo essenziale cosa pensava. Non è necessario aggiungere altro. A volte valgono più le parole che non si dicono». Una parola in più, però, gli zii, Salvatore e Rita, la mandano a dire al governatore: «La sua presenza non è gradita alle cerimonie....» . (Corriere)

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