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Sant'Egidio raccontata dai Papi

Mario Scelzo santegidio.org
Pubblicato il 07-02-2020

Ricorre oggi 7 Febbraio il 52°esimo anniversario della Comunità di Sant’Egidio, comunità cristiana nata nel 1968 per iniziativa di Andrea Riccardi, in un liceo del centro di Roma. Con gli anni è divenuta una rete di comunità che, in più di 70 paesi del mondo, raccoglie uomini e donne di ogni età e condizione, uniti da un legame di fraternità nell’ascolto del Vangelo e nell’impegno volontario e gratuito per i poveri e per la pace.

Impossibile sintetizzare in poche righe 52 anni di storia, ho pensato allora di provare a raccontare Sant’Egidio e la sua evoluzione attraverso gli incontri e le parole rivolte alla comunità dai Papi che hanno incrociato, benedetto ed accompagnato Sant’Egidio in oltre mezzo secolo di attività.

Iniziamo il nostro viaggio con il Papa buono, Giovanni XXIII. Ma come, direte voi, Roncalli muore nel 1963 e Sant’Egidio nasce nel 1968. Vero, ma è lo stesso Andrea Riccardi ad aver più volte sottolineato che la nascita della comunità da lui fondata va inserita nel clima di rinnovamento spirituale frutto del Concilio Vaticano II, fortemente voluto da Roncalli. La comunità quindi nasce ed inizia a prendere una sua fisionomia sotto il pontificato di Paolo VI (1963-1978). Dal 1973, la Comunità prende il nome di Sant’Egidio dall’antico convento situato nel centro di Trastevere che ne diventa luogo della preghiera quotidiana che, da allora, accompagnerà sempre le attività della Comunità. Di fatto, la presentazione pubblica della comunità avviene tra il 13 e il 15 febbraio 1974, durante il “Convegno sui mali di Roma”, momento di riflessione della Diocesi per discutere delle attese di carità e giustizia della città.

L’arrivo di un Papa straniero in qualche modo si sposa con una crescita internazionale della comunità. Durante il lungo pontificato di Giovanni Paolo II (1978-2005), Sant’Egidio allarga il suo raggio d’azione dalle periferie romane a quelle del mondo intero. Ma… lasciamolo dire allo stesso Karol Wojtyla, queste le sue parole nel corso di una sua visita alla comunità nel Novembre 1986: “Ho cominciato a capire che voi, essendo "alla romana" -cioè una comunità di Roma , ormai siete fuori Roma. Questo è bello: e mi tocca il cuore, come vescovo di Roma, che deve sempre pensare non a Roma solamente ma a tutto il mondo. Allora in questa prospettiva universale, quella del vescovo di Roma, successore di Pietro, voi siete già andati in Europa, abbastanza verso il nord, naturalmente nel Mediterraneo (…), in Africa, in Medio Oriente...”.

Sempre Wojtyla, il 6 febbraio 1988: “Questo senso di ospitalità e di fratellanza universale si ritrova anche nell'impegno ecumenico e di dialogo, che Sant'Egidio vive partecipando alla vocazione della chiesa di Roma nella sua dimensione locale e universale. La vostra piccola comunità dell'inizio non si è posta alcun confine se non quello della carità”.

Alla luce di queste parole, è più facile comprendere sia il lavoro di Sant’Egidio per la Pace e la riconciliazione, si pensi solo allo storico Accordo di Pace che il 4 Ottobre 1992 ha messo fine ad oltre 20 anni di guerra civile in Mozambico (pace che dura ancora oggi, e lavoro diplomatico che tutt’ora continua, recentemente è stato firmato a Sant’Egidio un memorandum per la Pace in Sud Sudan), sia il lavoro per il dialogo interreligioso e l’ecumenismo, simboleggiato dalla Preghiera per la Pace, evento che la comunità organizza ogni anno in una città diversa per ricordare lo storico incontro di Preghiera Interreligiosa tenutosi, su iniziativa di Wojtyla, ad Assisi il 27 Ottobre 1986.

Benedetto XVI ha guidato la Chiesa dal 2005 fino al momento delle sue dimissioni avvenute nel 2013, ed anche l’ex Prefetto della dottrina della fede ha più volte espresso la sua vicinanza alla Comunità. Ho scelto di sottolineare queste sue parole al termine di una visita alla Mensa di Via Dandolo (27 dicembre 2009), realtà che per 3 volte alla settimana offre un pasto ad oltre 500 persone bisognose. La parola a Ratzinger: “Sono venuto tra voi proprio nella Festa della Santa Famiglia, perché, in un certo senso, essa vi assomiglia. Infatti, anche la Famiglia di Gesù, fin dai suoi primi passi, ha incontrato difficoltà: ha vissuto il disagio di non trovare ospitalità, fu costretta ad emigrare in Egitto per la violenza del Re Erode. Voi sapete bene cosa significa difficoltà, ma avete qui qualcuno che vi vuole bene e vi aiuta, anzi, qualcuno qui ha trovato la sua famiglia grazie al servizio premuroso della Comunità di Sant'Egidio, che offre un segno dell’amore di Dio per i poveri.

Qui oggi si realizza quanto avviene a casa: chi serve e aiuta si confonde con chi è aiutato e servito, e al primo posto si trova chi è maggiormente nel bisogno. Mi torna alla mente l’espressione del Salmo: “Ecco, come è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme” (Sal 133,1).

Le parole del Papa Emerito ci aiutano a comprendere il lavoro di Sant’Egidio, a Roma e nel mondo, a sostegno di chi vive in difficoltà: le distribuzioni di pasti e coperte ai senza fissa dimora, l’apertura di strutture per l’emergenza alloggiativa, le numerose distribuzioni alimentari, ma il tutto appunto in una santa confusione tra chi aiuta e chi è aiutato. Dal 2013 la Chiesa è guidata da Papa Francesco, il quale già conosceva Sant’Egidio nella sua realtà di Vescovo di Buenos-Aires. Il 16 Giugno 2014, durante una visita alla Comunità, Bergoglio ne ha sapientemente tratteggiato il carisma ed ha… “scritto” il programma dei prossimi 50 anni, incentrato sulle 3 P, Preghiera, Poveri, Pace. Alle parole di Papa Francesco lasciamo la conclusione di questo articolo: “Tutto comincia con la preghiera. La preghiera preserva l’uomo anonimo della città da tentazioni che possono essere anche le nostre: il protagonismo per cui tutto gira attorno a sé, l’indifferenza, il vittimismo. La preghiera è la prima opera della vostra Comunità, e consiste nell’ascoltare la Parola di Dio – questo pane, il pane che ci dà forza, che ci fa andare avanti – ma anche nel volgere gli occhi a Lui, come in questa basilica: «Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire», dice il Salmo (34,6).

In alcuni Paesi che soffrono per la guerra, voi cercate di tenere viva la speranza della pace. Lavorare per la pace non dà risultati rapidi, ma è un’opera da artigiani pazienti, che cercano quel che unisce e mettono da parte quel che divide, come diceva san Giovanni XXIII. Chi guarda il Signore, vede gli altri. Anche voi avete imparato a vedere gli altri, in particolare i più poveri; e vi auguro di vivere quello che ha detto il Prof. Riccardi, che tra voi si confonde chi aiuta e chi è aiutato. Una tensione che lentamente cessa di essere tensione per diventare incontro, abbraccio: si confonde chi aiuta e chi è aiutato. Chi è il protagonista? Tutti e due, o, per meglio dire, l’abbraccio.

Andate avanti su questa strada: preghiera, poveri e pace. E camminando così aiutate a far crescere la compassione nel cuore della società – che è la vera rivoluzione, quella della compassione e della tenerezza –, a far crescere l’amicizia al posto dei fantasmi dell’inimicizia e dell’indifferenza.”

di Mario Scelzo

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