Le visite dei pontefici
Poiché san Francesco è un uomo che ha vissuto la gran parte della sua vita adulta nei primi tre decenni del XIII secolo (1182-1226), gli anniversari che scandiscono gli ottocento anni da alcuni eventi chiave del suo percorso umano e spirituale si stanno facendo sempre più incalzanti. La famiglia francescana ha già celebrato gli otto secoli dalla fondazione ufficiale dell'ordine (1209-2009), ma altri appuntamenti la attendono. Per l'anno 2014 non poteva passare inosservata la ricorrenza di un evento storicamente significativo ma anche misterioso della vita del Poverello, vale a dire la sua andata in terra di Spagna, un viaggio che la tradizione lega al pellegrinaggio di Francesco alla tomba di san Giacomo, a Santiago de Compostela. Che sarebbe avvenuto, appunto, otto secoli fa (1214), e che per questo ha messo in moto le ricerche degli studiosi per appurare la verità storica dei fatti facendo discernimento sul pullulare di leggende e tradizioni tardive: queste tenderebbero più a legittimare gli sviluppi del francescanesimo che a rendicontare la vita del santo di Assisi. In tale prospettiva di lettura critica delle fonti si colloca il volume El viaje de san Francisco a España (Madrid, San Pablo, 2014, pagine 252, euro 14,50) di padre Valentín Redondo, frate minore conventuale spagnolo studioso di teologia e spiritualità francescana e con un debole per la ricerca storica sanfrancescana. Il libro inizia con queste parole: «Stiamo celebrando o stiamo iniziando a celebrare l'ottavo centenario dell'andata, o dell'entrata, più che della venuta, di san Francesco in Spagna». I termini andata, entrata e venuta non sono utilizzati a caso, visto che, in base alla versione dei fatti che si vuole sostenere, si deve scegliere tra questi e trovare un solido appoggio alla propria posizione nelle testimonianze dell'ep o ca. Di fatto, le prime fonti che ci parlano dell'entrata di san Francesco in terra di Spagna sono di grande obrietà e chiaramente in prospettiva missionaria. Secondo il Celano si tratta della seconda missione di Francesco fuori dall'Italia e verso i saraceni, dopo la prima in direzione della Siria, che si era però interrotta in Dalmazia per mancanza di navi alla volta della meta agognata. Un fallimento che non spegne, anzi accresce l'ardente desiderio di martirio del santo di Assisi, il quale intraprende un nuovo viaggio, questa volta «verso il Marocco, per annunciare al Miramolino (riduzione del nome arabo di sultano: Emir-el-Mumenin, cioè "capo dei credenti") e ai suoi correligionari la buona novella». La storia ci racconta che proprio il Miramolino - in quegli anni Mohamed-ben-Nasser - dopo aver conquistato il Nord Africa, il Marocco e il sud della Spagna, era stato sconfitto a Navas de Tolosa dai re cristiani di Spagna guidati da Alfonso VIII di Castiglia. Quella di Francesco è però una missione religiosa, del tutto pacifica, che non confida nella forza delle armi ma nella grandezza dell'amore di Dio che preme per essere annunciato. Sulla base delle fonti del XIII secolo risulta chiaro che Francesco "entrò" in terra di Spagna, ma, quasi subito, a motivo di una malattia che fa parte dello stesso disegno divino fu costretto a tornare in Italia. L'autore indaga sulla natura di questa malattia di una certa gravità, e propende per una infermità di stomaco (ulcera gastrica) alla quale si sarebbe aggiunta la febbre quartana, che procurava periodici e invalidanti eccessi febbrili. Nel quadro clinico di un soggetto cagionevole di salute, e questo già a partire dalla lunga prigionia nelle carceri di Perugia a seguito della sconfitta degli assisiati nella battaglia di Collestrada (1202), si può indicare nella malaria - diffusissima in Italia nel periodo medievale - la malattia che bloccò Francesco in Spagna costringendolo a ritornare in tutta fretta sui suoi passi. «Obbligato da una malattia - riassume Redondo - Francesco ritorna alla base. Non ha progetti di pellegrinaggio a qualche santuario, neppure a Santiago, poiché l'obiettivo del viaggio è il Marocco, dove sperava di ottenere la palma del martirio». L'ordine e la rilevanza dei fatti cambiano sostanzialmente quando a parlare sono invece le fonti francescane del XIV secolo, nelle quali, a partire dagli Actus beati Francisci et sociorum eius , i cosiddetti Fioretti , l'entrata di Francesco in Spagna diventa una venuta che, per devozione, lo vede pellegrino a Santiago in Galizia. La missione nei confronti dei saraceni si trasforma così nella venerazione delle reliquie dell'ap ostolo Giacomo, mentre Compostela diventa il luogo di una particolare rivelazione che Francesco riceve in sogno: «Essendo giunti là, e stando nella notte in orazione nella chiesa di santo Jacopo, fu da Dio rivelato a santo Francesco ch'egli dovea ampliare e crescere in grande moltitudine di frati. E in cotesta rivelazione cominciò santo Francesco a prendere luoghi in quelle contrade». L'a u t o re legge nei testi francescani del XIV secolo un passaggio dall'itineranza (che non è vagabondaggio) dei frati minori alla stabilità e sedentarietà, anche se questo fatto contrasta (se situato nel 1214) con lo spirito di Francesco e della Regola. Infatti, i frati devono vivere come «pellegrini e forestieri» ( 1 Pietro , 2, 11), senza stabilitas loci , e, soprattutto, non devono appropriarsi dei luoghi nei quali dimorano. Il processo iniziato con le fonti del XIV secolo si amplifica nei secoli successivi, nei quali - soprattutto a opera di cronisti spagnoli dei secoli XVII XVIII - la prospettiva della plantatio ordinis in terra di Spagna sopravanza anche il tema del pellegrinaggio a Santiago de Compostela. Nella nuova lettura, «che ingigantisce il granellino di senapa» (p. 97), la missione verso il Marocco è come oscurata e l'andata a Compostela finalizzata alla diffusione della serafica e apostolica religione dei frati minori: al passaggio di Francesco - che prende più direzioni - si attribuisce infatti la fondazione di numerosi conventi, tema che occupa la seconda metà (redatta con l'acribia dello storico) del libro di Redondo. «Con il passare del tempo, la breve informazione data dal Celano si è trasformata in una grossa palla di neve», puntualizza l'a u t o re , il quale non intende né affermare né negare il passaggio di Francesco in luoghi della Spagna dove la tradizione ha tramandato la sua presenza. Ma, che ne è allora del pellegrinaggio a Santiago de Compostela? Esso resta ipotetico, possibile ma senza un appoggio sicuro nelle prime fonti. E con questo non si vuole sminuire il carattere peregrinante della vita francescana e in primis dello stesso Francesco, che passò gran parte della sua vita a predicare, in cammino e in fraternità, il Vangelo di Gesù Cristo.
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