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Salvare l'economia e la salute

Redazione Unsplash
Pubblicato il 21-12-2020

Il Natale in rosso non basterà, secondo due epidemiologi e due economisti

Di Tito Boeri, Università Bocconi, Milano Daniela Paolotti, Senior Research Scientist, Fondazione ISI, Torino Roberto Perotti, Università Bocconi, Milano Alessandro Vespignani, Northeastern University, Boston 

Siamo due epidemiologi e due economisti, fortemente preoccupati dal fatto che il nostro paese si stia muovendo con esitazione e incertezze nella gestione della pandemia. Mentre altrove si varano robusti lockdown pur con meno morti e contagi di noi, il governo italiano ha prima allentato le restrizioni, e ora sembra orientato ad adottarne di nuove, ma ad intermittenza. Gli allentamenti (oltre che il cashback per gli acquisti in presenza) hanno riempito le strade e i negozi. Le restrizioni annunciate ora per il 24 dicembre spingeranno molti a viaggiare e a fare acquisti finché in tempo. Ci rendiamo conto che bar, ristoranti, commercianti, lavoratori e imprese devono essere adeguatamente sostenuti. Ma questo può avvenire senza mettere in pericolo la vita di migliaia di persone.

Le decisioni sui colori sono prese formalmente in base a un algoritmo che coinvolge molti indicatori ma, in pratica, soprattutto guardando all' indicatore Rt. Questo indicatore stima nel tempo il livello di trasmissione del virus nella popolazione. Se Rt supera la soglia dell' unità l' epidemia cresce, al di sotto di quel valore recede. In varie regioni le restrizioni sono state allentate quando Rt ha cominciato a scendere. Purtroppo Rt non è un parametro che, una volta avviato verso un trend, continua a mantenere una traiettoria costante, ma risente in tempo reale dei cambiamenti di comportamento della popolazione, sia quelli spontanei che quelli causati dalle misure di contenimento. In altre parole, stabilire una zona rossa in una certa regione per alcune settimane non implica che Rt continui a calare nel momento in cui si allentano le restrizioni. Anzi, a meno che non ci siano stati dei cambiamenti sostanziali all' infrastruttura di controllo del virus (rafforzamento di test a tracciamento, screening di massa, riduzione dell' affollamento nel trasposto pubblico e nelle, scuole etc.) gli allentamenti delle restrizioni contribuiscono alla risalita di Rt. 

Questo soprattutto se l' allentamento avviene quando il livello di contagi è ancora molto sostenuto, e in prossimità delle feste più sentite dalla popolazione, quindi in situazioni con grave rischio di trasmissione, come abbiamo imparato negli Stati Uniti durante il weekend della festa del Ringraziamento. Il rischio è una nuova ondata epidemica. Le misure restrittive tuttavia sono un dramma che tanti lavoratori e imprenditori vivono sulla loro pelle. L' errore però è contrapporre sanità pubblica ed economia, salvare vite umane e Pil: non sono inconciliabili. Con l' arrivo dei vaccini ora sappiamo che tra qualche mese saremo fuori dalla fase peggiore. Lo strumento giusto per affrontare queste situazioni temporanee sono i ristori a coloro che perdono il lavoro o devono chiudere la propria attività in conseguenza delle restrizioni.

Una obiezione diffusa è che il costo sarebbe elevato: dopo aver già speso 100 miliardi, realisticamente non possiamo permetterci di indennizzare tutti pienamente o quasi, e quindi non abbiamo alternativa ad allentare le restrizioni. Anche se con i tassi di interesse di oggi il debito fa meno paura, è una obiezione comprensibile. Ma c' è una soluzione: utilizzando parte degli 85 miliardi di sovvenzioni del Recovery Fund non aumenteremmo il nostro debito pubblico. Sarebbe una soluzione simile ad un sistema di sussidi di disoccupazione europeo, che trasferisce risorse ai paesi più colpiti da shock temporanei. Un principio invocato da tanti, e di cui una prima timida applicazione è un altro fondo europeo, il Sure, cui abbiamo attinto per pagare la Cassa Integrazione. Il problema è che Sure eroga solo prestiti, non sovvenzioni. L' utilizzo dei contributi a fondo perduto del Recovery Fund limitatamente a questa fase di emergenza, essenzialmente per pagare il distanziamento sociale, potrebbe perciò essere visto come un' estensione di un programma già esistente ad accettato da tutti.

Ci sono perciò le basi per chiedere alla Ue di utilizzare una parte delle sovvenzioni del Recovery Fund per indennizzare lavoratori ed imprenditori nei mesi che ci aspettano prima del ritorno alla normalità come un primo passo verso l' istituzione di un vero sistema di sussidi di disoccupazione a livello europeo. Certo, ci sono problemi di tempistica e forse di normativa, ma la Ue è una organizzazione che vive di compromessi, e non siamo i soli ad essere in questa situazione: se c' è la volontà politica, tutto può essere rivisto. (La Repubblica)

 

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