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Sacrificio silenzioso dei sacerdoti, 100 morti dall'inizio del contagio

Sono ormai già cento, e in un solo mese e mezzo. Si tratta del numero dei sacerdoti deceduti in Italia dall'inizio del contagio per coronavirus. Di loro ha parlato anche papa Francesco tre giorni fa da Casa Santa Marta, quando nella Messa in Coena Domini del mattino ha ricordato la santità di tanti parroci anonimi e di coloro che si sono sacrificati soprattutto in questo periodo di pandemia: «Sono i santi della porta accanto, capaci di dare la vita», ha detto il Papa.

Come ha scritto recentemente Avvenire , che aggiorna costantemente circa le loro esistenze, molti nomi sono noti solo alle comunità che li hanno avuti come guide, di altri l'intera diocesi (e non solo) conosceva il volto, la storia e l'impegno pastorale. In questa Settimana Santa sono quattro i sacerdoti spirati.

Con loro il totale è ora di cento preti diocesani e religiosi in servizio pastorale presso parrocchie, ai quali va aggiunto l'elenco ancora più lungo (e però tutto da ricostruire) dei consacrati e delle suore.

Secondo il quotidiano dei vescovi italiani dai loro profili emergono ormai almeno cinque tratti comuni:
la popolarità del clero italiano (la gran parte dei preti sono morti contagiandosi perché sono rimasti in mezzo alla gente anziché pensare a mettersi in salvo, i pochi altri erano in case di riposo);
la capillarità della presenza di comunità in quartieri di città ma anche in piccoli e minuscoli centri in cui il prete è custode della memoria condivisa, partecipe del passaggio di testimone e di valori tra generazioni;
la fedeltà a un luogo, spesso per decenni (ci sono parroci rimasti in una comunità per quasi quarant' anni);
l'umiltà di uno stile di servizio nel nascondimento più assoluto, fino a una morte in solitudine;
la preziosità di presenze che la gente scopre essere indispensabili, specie quando la lontananza coatta - o la morte - li privano di una persona sempre cara, vicina, disponibile. (Repubblica)