Le visite dei pontefici
Non sono così convinto che questa crisi farà germogliare un nuovo fiore
«Dovremo cambiare molte cose: anzitutto il modello di sviluppo, poi la distribuzione del reddito e in aggiunta l' agricoltura e il turismo», valuta Carlo Petrini, il sociologo inventore dello Slow Food, immaginando la fase di lenta riemersione dalla crisi.
Petrini, come sarà questo mondo nuovo?
«Non sono così convinto che questa crisi farà germogliare un nuovo fiore. Potremmo scoprirci peggiori di prima. Di certo, ci sono settori in ginocchio, come il turismo, e ci vorrà molta cura per riattivarli. Ricordiamo che l' ospitalità, la ristorazione e la piccola distribuzione sono i tratti distintivi dell' Italia. Costituiscono parte di quella che si definisce economia di relazione, l' essenza stessa dell' essere italiani».
Il turismo è un tema caro a questa regione. Potrà ancora reggere quello di massa modello Rimini?
«Penso di no. Non possiamo più stare tutti ammassati. Credo che la Romagna dovrà ripartire dalla valorizzazione del paesaggio interno, che è bellissimo. Più in generale, tutta la regione sarà costretta a optare per la stessa scelta. C' è bisogno di portare il turismo alla scoperta dei borghi. Con la creatività che contraddistingue la vostra regione si possono inventare occasioni di divertimento anche per i giovani».
Dovrà cambiare anche l' industria agroalimentare, un altro dei pilastri di questa economia?
«Occorre che l' Emilia dimentichi il vecchio modello. Con un gioco di parole potremmo dire che la crescita infinita è finita. Ha perle assolute, dall' aceto balsamico al parmigiano, accanto a produzioni intensive. Credo sarà necessario puntare sulle produzioni di qualità, sul sano e sicuro. Diverranno importanti le economie locali animate da piccole aziende che potranno vendere direttamente al consumatore con maggior utile per loro e minor costo per chi acquista. Solo così sarà possibile riequilibrare la filiera che oggi è in mano ai grandi commercianti capaci di imporre i prezzi a chi produce».
Una nuova figura di produttore?
«Il contadino che ho in mente io deve essere in grado di usare le tecnologie. Deve poter vendere a livello locale, ma anche su internet. Un produttore glocal, perché solo così potrà evitare il cappio dei potenti del commercio».
L'Emilia-Romagna, sul fronte del turismo e dell'agroalimentare, ne uscirà meglio o peggio di altri?
«La regione ha una storia favorevole di cooperazione e solidarietà: recuperandola, uscirà meglio da questa situazione, perché quella è la strada giusta. Dunque vedo nel ritorno ai vecchi valori un grande vantaggio. C' è però una contraddizione. Accanto alla tradizione solidale e cooperativa, c' è l' efficientismo competitivo. Dal punto di vista economico rende di più lavorare cooperando che perseguendo la competitività. Vincono i territori e le comunità, perché attuano modalità di sviluppo meno invasive».
Da questa crisi pare però uscire vincitrice la grande distribuzione, un modello meno in linea con quello che lei auspica.
«La grande distribuzione, incluso Amazon, ha potuto vendere molto e aumentare il fatturato in quanto ristoranti e commercio sono fermi. Sarà perciò necessario stabilire degli ausili, specie per la ristorazione, se non si vuole bruciare un patrimonio enorme di ricchezza. Per farlo ci vogliono sia collaborazione che cooperazione. Da questo pantano si fugge tutti assieme o non se ne esce».
Lei ha molto insistito sull'esigenza di un nuovo modello economico strettamente legato alla questione ambientale: cosa intende?
«Anche senza l'arrivo del virus, il modello attuale, basato sulla ricerca del profitto, avrebbe mostrato tutti i suoi limiti. E' un sistema che disgrega la società perché fa crescere le sperequazioni e concentra in poche mani la ricchezza. Ad Assisi si è parlato dell'economia di Francesco, intendendo sia il santo che l'attuale papa. Ebbene, essa non condanna il profitto, ma lo limita alla giusta misura per tutti. Ciò si coniuga alla questione ambientale perché l' odierno sviluppo presuppone erroneamente che le risorse siano infinite. Dopo la crisi abbiamo bisogno di puntare su tre beni comuni come priorità: la sanità, il sistema educativo e l' ambiente». (Repubblica)
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