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Padre Fortunato: Se i poveri potessero parlare

Padre Enzo Fortunato Pixabay
Pubblicato il 15-10-2021

Siamo in strada tra la gente, pronti ad abbracciare il «lebbroso» proprio come faceva il Santo di Assisi. Nessuno lasciato solo. Nessuno abbandonato al proprio destino. Nessuno ai margini della società. Non possiamo accettare che nel XXI secolo ci sia ancora chi vive di stenti obbligato a chiedere l'elemosina, quella che Francesco nel 1200 provò sulla sua pelle scambiando i propri vestiti con quelli di un accattone. Proviamo ogni giorno quello che la gente comune vive nelle proprie case, nelle proprie famiglie, nel proprio animo. Centinaia e centinaia sono le richieste di aiuto che giungono al nostro convento: telefonate, mail, lettere scritte a mano. Una processione lunga che sembra non finire quella dei pellegrini richiedenti aiuto. Un tempo si invocavano i santi con una preghiera, oggi con le lacrime si «implorano» i religiosi dei conventi capaci di ascoltare il pianto disperato di chi non arriva a fine giornata. Non basta una parola buona e di conforto. La gente vuole essere aiutata e ascoltata. Ora e subito. Dovere o responsabilità?

«La povertà - come dice Papa Francesco - si impara toccando la carne di Cristo povero, negli umili, nei poveri, negli ammalati, nei bambini... I poveri sono come maestri per noi. Ci insegnano che una persona non vale per quanto possiede, per quanto ha sul conto in banca. Un povero, una persona priva di beni materiali, conserva sempre la sua dignità». Se i poveri potessero essere i nostri maestri ci darebbero una chance per cambiare e per loro una chance di rinascita. La crisi economica, pandemica e occupazionale sta mettendo a dura la prova la nostra società. Quali sono allora le prospettive future per le nostre famiglie? Da cosa dobbiamo ripartire?

Forse sarebbe utile fare un passo indietro e provare sulla propria pelle la sofferenza come ha fatto san Francesco: «Avvenne in quel torno di tempo che Francesco si recasse a Roma in pellegrinaggio. Entrato nella basilica di San Pietro, notò la spilorceria di alcuni offerenti [...]. Uscito, si fermò davanti alle porte della basilica, dove stavano molti poveri a mendicare, scambiò di nascosto i suoi vestiti con quelli di un accattone. E sulla gradinata della chiesa, in mezzo agli altri mendichi, chiedeva l'elemosina in lingua francese». Mettiamoci nei panni degli altri per trovare soluzioni che guardino l'uomo e la sua dignità. Ma facciamolo il prima possibile o sarà troppo tardi. (Corriere della Sera)

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