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Padre Enzo Fortunato: 'Nel Sacro Convento ognuno si sente come a casa propria'

Redazione
Pubblicato il 06-12-2019

In ognuno dei momenti più importanti del Sacro Convento di Assisi sono sempre presenti rifugiati e migranti di ogni età. Apriamo le nostre porte e condividiamo con loro la festa di san Francesco, la cerimonia di consegna della Lampada della Pace, il Cortile di Francesco, Con il Cuore nel nome di Francesco.

Ma si tratta anche di andare verso di loro, di pregare con loro, di sentirli parte della nostra famiglia. Tra i segni di speranza di quest’anno c’è la cittadinanza italiana ottenuta da Ahmed Taha, un ragazzo palestinese arrivato come rifugiato 10 anni fa, che lavora nella Cooperativa Auxilium e che è sempre presente ad Assisi nelle iniziative del Sacro Convento. Andare verso di loro vuol dire anche condividere i momenti belli della nostra vita.

Tra i ricordi più cari del 25° di sacerdozio, che ho celebrato nella mia città natale di Scala in luglio, c’è la lettera che Hand, tredicenne siriana di Mondo Migliore, ha letto al termine della Messa. Tutt’altro sentimento ho vissuto al Cara di Castelnuovo di Porto alla fine di gennaio, mentre partivano i pullman che trasferivano i migranti verso destinazione ignota: un momento terribile, perché tra abbracci, saluti, valigie, non potevo evitare di pensare a quei pullman come ai treni per deportare gli ebrei.

Accogliere l’altro, invece, ci aiuta a essere uomini pienamente realizzati. Accogliere chi fugge da miseria e guerra – e la famiglia irachena che oggi viene ospitata al Sacro Convento ne è un esempio – dà a noi una luce che ci accompagna in ogni cosa che facciamo. È l’esperienza di san Francesco con il lebbroso, è ciò che ci ha promesso Gesù nel Vangelo: «Ciò che avrete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli lo avrete fatto a me».

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