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Non aver paura della verità

Giovanni Emidio Palaia Ansa - VATICAN MEDIA
Pubblicato il 19-11-2019

In uno spirito di dialogo sincero: verità, libertà, bene

  «Non dobbiamo avere timore di usare questa parola, in uno spirito di dialogo sincero. Verità, libertà, bene: su questa direttrice auspico che la vostra Università sappia offrire una formazione in cui, trasversalmente al sapere curriculare, ci sia spazio per la formazione integrale della persona», con queste parole Papa Francesco si è rivolto lo scorso 14 novembre agli studenti, ai docenti, al personale tecnico - amministravo e alle famiglie ed amici della Libera Università Maria Santissima Assunta, nell’80° «compleanno» di questa «impresa di servizio» fondata dalla venerabile Luigia Tincani, «donna indomita e appassionata della Chiesa».


  Nel suo discorso, il Vescovo di Roma ha tracciato in particolare modo quattro «responsabilità» significative per proseguire con esigenza, coraggio e fedeltà la missione educativa che l’Ateneo cerca di realizzare da quasi un secolo: «responsabilità di coerenza, di cultura, responsabilità sociale e una responsabilità interuniversitaria».


  Parlando della responsabilità culturale che deve animare la comunità accademica, Papa Francesco, riprende le parole del suo predecessore affermando che il compito, «la vera, intima origine» dell’università risiede «nella brama di conoscenza che è propria dell’uomo. Egli vuol sapere che cosa sia tutto ciò che lo circonda. Vuole verità».


  A tale proposito, l’attuale successore di Pietro ha voluto consegnare alla LUMSA il particolare impegno di servire a questa «svolta epocale» che stiamo attraversando, lasciandosi ispirare da due grandi uomini di Chiesa molto cari alla storia dell’Ateneo romano e alla fondatrice, la madre Tincani: «Ci ispirano due santi che ho avuto la gioia di proclamare in questi anni: Paolo VI e John Henry Newman» ha detto il Vescovo di Roma.


  Proprio per non avere timore di usare, in uno spirito di dialogo sincero, la parola Verità, in un servizio di formazione integrale della persona, possiamo guardare all’esperienza e agli scritti del grande ricercatore della verità, il cardinale oratoriano Newman.

Il cardinale inglese non ha avuto paura di usare con «dolcezza e rispetto» questa parola, proprio perché nella sua biografia personale emerge come egli abbia conosciuto il travaglio interiore, lo struggimento di poter conoscere ed essere nella verità.


La verità per Newman è un cammino che egli ha conosciuto nel travaglio profondo della sua anima e si ispira a questa esperienza interiore verso la verità il romanzo Perdita e guadagno (Jaca Book, 1996)che egli scrisse nel periodo dopo la sua conversione dall’anglicanesimo al cattolicesimo.

All’interno dello scritto compare Charles Reding, un giovane studente appassionato della verità. In alcuni importanti incontri, Reding comincia a distinguere lo stupore delle verità dal semplice entusiasmo. Il cammino verso la verità richiede la sincerità, il cuore e anche la ragione, il semplice entusiasmo non conduce alla verità.


Il cammino drammatico di Reding riecheggia lo stesso percorso di John Henry Newman, il quale aderisce al nuovo credo per nessuna convenienza umana o sentimentale ma solo per conoscere la verità. Ad un suo interlocutore, Charles Reding risponde così: «Per me ogni ragione viene da Dio» e aggiunge che per conoscere la verità bisogna «pregare», «cercare con diligenza», quindi non semplicemente una ricerca intellettualistica, ma amorevole e poi «nell’obbedienza e nell’attesa» risiede «la nostra parte». Rimanendo in contatto con Dio, cioè pregando e cercando con amore la verità, se si rimane nell’attesa ubbidiente dei segni che lo stesso Mistero ci propone, allora sarà «la Sua voce che ci chiama». In questo senso la verità è più che una semplice coerenza: «la coerenza non è verità, ma la verità è logica coerenza».


San John Henry Newman, con la sua vita e i suoi scritti, rappresenta una buona guida per imparare a non avere paura della verità, a cercarla e a vivere di essa. Egli, con la sua storia struggente e affascinate, ci insegna che la verità non è solo una parola, tutt’altro, è un’esperienza, un «lavoro serio» che, come ha auspicato Papa Francesco, deve passare «attraverso la mente, il cuore, le mani» o per dirla con Von Batlhasar, «Non v’è affatto alcuna autentica verità» nell’esperienza umana e cristiana «che non si debba incarnare in un atto, in un modo di condursi, a tal punto che l’Incarnazione di Cristo diviene criterio di ogni effettiva verità, e che «camminare nella verità» è la modalità in cui i credenti sono in possesso della verità».

Giovanni Emidio Palaia


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