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LA RACCOLTA DIFFERENZIATA SECONDO SAN FRANCESCO: GETTA E USA

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Francesco, di fronte alla meraviglia della natura si pone come corresponsabile della sua stessa grandezza nella Storia. Ecco come.

Tra il tardo XII secolo e l’inizio del XIII, gran parte dell’Italia aveva un’economia basata sull’usa e getta. Nonostante l’agricoltura, in questo periodo del Medioevo, rimanesse l’attività più diffusa e l’occupazione principale della maggioranza della popolazione, il consumismo commerciale delle città raggiunse di gran lunga un valore assoluto. Francesco d’Assisi, figlio di una società di cui non si sente più parte, riconosce il richiamo di una nuova etica: getta e usa. Gettare l’inutile e, usando una nuova luce, renderlo utile. Sì, Francesco stravolge il significato e il senso della presenza dell’uomo nella vita quotidiana, cittadina, sia in relazione al prossimo che nei confronti di tutto il Creato, dell’ecologia.

Per contrastare l’inquinamento, fatto anche di sfiducia, di relativismo tra gli individui e per le istituzioni, Francesco non aveva un piano di azione, ma semplicemente ricorda (da recordari, riportare al cuore) la preziosità delle qualità umane come forza per cambiare il corso dell’esistenza propria e altrui. Si fa piccolo, o meglio piccolino, Francesco, di fronte alla meraviglia della natura e allo stesso tempo si pone come corresponsabile della sua stessa grandezza nella Storia. Percepisce l’urgenza di tutelare, di proteggere l’ambiente, stabilendo un rapporto simpatetico con tutto ciò che è vita. Oltre a restituire dignità a quello che dalla società veniva ritenuto “rifiuto”, umano o non umano che fosse, stabilisce un dialogo, un linguaggio ecologico, lontano da qualsivoglia militanza e fatto di sola salvezza. Una salvezza non immaginaria, utopica, ma pratica e tangibile come il potere salvifico di una carezza accorta. La gentilezza, la cura, la meraviglia e la gratitudine per la natura diventano un esercizio alla consapevolezza della presenza dell’uomo inserito nella vita cittadina, e non una egoistica fuga dalla “spazzatura” urbana. La responsabilità sociale verso l’ambiente, che il suo esempio promuove, coincide con una provocazione esistenziale, urgente, realistica, nella quale all’armonia del cittadino con lo spazio in cui vive corrisponde l’impatto, la presenza, di Dio nella vita comunitaria.

Con la natura Francesco ha necessità fisica di contatto, la tocca, la contempla, l’accarezza, ne ama l’odore, l’abbraccia in preghiera. E così sora nostra matre Terra diventa il suo ultimo giaciglio, per poter finalmente con lei confondersi. La stupefacente trasposizione cinematografica di questa attitudine ambientalistica, la si coglie in uno dei più grandi film ispirati alla vita del santo. Proprio in quel Francesco del 1989, Liliana Cavani aveva reso tangibile il desiderio di unione con la grazia della natura, nella celebre e commovente scena del tuffo liberatorio di Francesco sulla neve. Su questa pellicola magistrale, l’ecologia francescana acquista il valore di un linguaggio contemporaneo, in cui persino dal silenzio dei sassi Francesco suggerisce di imparare. Quasi in concomitanza con la proiezione dell’opera della Cavani, il primo giorno di gennaio del 1990, nel suo messaggio per la celebrazione della Pace, San Giovanni Paolo II elevò il povero di Assisi a patrono dell’ecologia e degli ecologisti.


Marco Iuffrida


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