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La domanda perfetta davanti a un'eclissi

Giuseppe Cesaro, Il Fatto Quotidiano
Pubblicato il 10-04-2020

Editoria: L'Eclissi, di Ezio Sinigaglia

"Il suo progetto puntava dritto all'oscurità per cogliervi una luce. Era inesplicabile a lui stesso. Eppure era il progetto più forte e preciso che avesse mai formulato in vita sua". Si può lasciare in libreria un romanzo con un incipit così? No. Sarebbe un peccato. E non veniale.

L'Eclissi di Ezio Sinigaglia gronda scrittura. Profumata, colorata, immaginifica, intensa. Una silenziosa Luna che - in sole 107 pagine - riesce a eclissare molti dei fin troppo pallidi soli posticci, che affollano, insensatamente (e, talvolta, proditoriamente), scaffali di librerie, quotidiani e salotti tv.

Un'eclissi che, come una cometa, chiama all'annuncio di una rivelazione. Del passato, però, non del futuro. Protagonista, un architetto settantenne - Eugenio Akron - che vola su un'isoletta sospesa in un "visibile nulla", per vivere i "due minuti e quarantasette secondi" di una "notte straordinariamente luminosa" (di stelle, naturalmente) e cercare di "estrarre alla reticenza del mondo una domanda".

Non sfugge all'anima tutt'altro che ordinaria in dotazione a Sinigaglia che le domande sono infinitamente più importanti delle risposte. Se ci poniamo quelle sbagliate, le risposte - ancorché corrette - saranno del tutto inutili. Akron cerca "la domanda perfetta, penetrante e temprata come una punta d'acciaio". Se riuscirà a formularla al momento giusto, "la risposta a tutte le domande possibili" rimbalzerà subito a lui "come un raggio dallo specchio del mare".

La perfezione si è persa cinquantuno anni e due mesi prima, dopo una lite, lacerante, con Beniamino, l'amico con il quale ha diviso "la più meravigliosa estate" mai vissuta. "Eu" e "Ben" - "due prefissi di eccellente qualità, in cerca di vocaboli da nobilitare" ("eu", in greco, significa "bene, buono") - come Eurialo e Niso, sono due metà di un'unica anima. Se possibile, però, il loro destino sarà ancora più tragico di quello dei due eroi virgiliani, perché li separerà, privando entrambi del sinonimo più prezioso. "Còpate!" ("Ammàzzati") urla Eu, quando l'amico decide di uscire in barca a vela, malgrado lui ("anemometro vivente"), presagendo l'irreparabile, lo preghi di non farlo. Ben non tornerà.

Mezzo secolo dopo, sarà la bostoniana Mrs. Wilson - "ottant'anni meno un soffio", "amabile, imprevista, insidiosissima", alla "diciassettesima eclissi totale" - la dea ex machina che, replicando, inconsapevolmente, un gesto chiave nella storia del legame totalizzante tra Eu e Ben, consentirà all'architetto triestino di ritrovare ciò che, "a scopo di sopravvivenza", aveva eluso e rimosso ma mai obliato. Più dell'oceano, del vento, delle coloratissime case, del rudere di una cattedrale gotica, è il basalto il vero protagonista della storia. Riaffiora ben 32 volte, a formare una costellazione di terra che guida Akron a disseppellire dalla coscienza una verità, semplice e dirompente, come solo la verità sa essere. Trentadue rintocchi di un conto alla rovescia che, attraverso crescendo descrittivi che sembrano strappati a La cognizione del dolore, conduce sulla verticale di una "perfetta ellisse di luce, come se la forza creatrice avesse voluto rivelare al mondo, per un fuggevole attimo, l'uovo dal quale era nato".


Giuseppe Cesaro, Il Fatto Quotidiano

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