Le visite dei pontefici
"Con coronavirus tutti un po' carcerati"
Don Marco Pozza, le notizie di questi giorni ti hanno impegnato, immagino...
Mi verrebbe da dire che si sta vivendo, nel mondo, la situazione che noi in carcere viviamo un po’ tutti i giorni, perché ci sentiamo tutti un po’ carcerati. La libertà, quando viene limitata, ci avvicina moltissimo all’esperienza del carcere. Qui sono giorni molto difficili perché a questa emergenza si aggiunge anche un senso di disperazione. Perciò si è come pentole in ebollizione: vediamo quello che è successo nelle carceri a Padova, e in moltissime altre carceri che hanno visto esplodere una rabbia che - mi permetto di dire - solamente le parole di Papa Francesco, attraverso l’invito a costruire la Via Crucis, è riuscita a placare, assieme a tutte le forme di mediazione che vari istituti hanno messo all’opera e della quale tutti dovremmo essere grati.
Si è parlato di 40 feriti di agenzia penitenziaria, 13 morti e 6000 agenti coinvolti... Cosa chiedono i carcerati? Perché lo hanno fatto? Secondo te è giusto?
Sono numeri pazzeschi e penso che nessuno di coloro che abita nel mondo complesso delle carceri possa giustificare qualsiasi forma di violenza. All’interno del carcere tutto è partito da un’emergenza, sono stati bloccati gli ingressi per i colloqui e teniamo presente che per certe persone il colloquio è l’ultima forma di contatto con la libertà e con gli affetti. Ecco allora, da qui è partita la rabbia ed è difficile immaginare che persone che vivono in condizioni psicofisiche complicate sappiano mantenere la lucidità; è stato un mix di cose, che ha portato in una trentina di istituti a trasformare la sofferenza in rabbia. A pagarne il prezzo sono stati gli agenti di polizia ma soprattutto le città - come Foggia - che si sono trovate a gestire un’emergenza con una grande evasione di massa.
Hai detto che il Papa è stato in qualche modo profetico, ha calmato la situazione alla luce della scelta di affidare a te e ai carcerati la prossima Via Crucis… Ma c’è stata qualche parola che è suonata profetica o profetico è stato l’affidamento del compito?
Qui c’è tutta la profezia di Papa Francesco, è impensabile che nel giro di una notte si costruisca una Via Crucis. L’idea era maturata già qualche settimana fa, anzi mesi fa, lui ce l’aveva in tasca questa notizia da dare e io lì ci leggo la profezia di Pietro, perché a un certo punto ha detto “la situazione sta esplodendo, faccio uscire io questa notizia per cercare di aprire una trattativa con questo popolo”. Tenete presente che nelle carceri - e questo lo dicono anche gli atei - la voce di Papa Francesco è l’unica voce a cui viene tributata autorevolezza. Ed è stato come se dicesse “Io sento la vostra fatica, avete anche le vostre ragioni ma sedetevi qui accanto a me, parliamone e cerchiamo di calmare gli animi”. Dice del coraggio di un Papa di saltare su una barca che sta affondando. C’è una legge non scritta nei 7 anni di pontificato di Francesco: il centro lo capisci bene se lo guardi dalla periferia. Ora, tante persone sanno che rapporto c’è tra me e Francesco, ma non è il rapporto tra Marco e Francesco, è il rapporto tra un prete che esercita il suo ministero nel carcere - la periferia più lontana - e colui che in Terra rappresenta Cristo. In questi due estremi ci leggo anche la grazia di questi 7 anni, riversata su questa frangia dimenticata di umanità.
Noi a volte non vogliamo fare i conti con l’umanità, a volte buttiamo via anche le emozioni non belle e poi ci arrabbiamo all’improvviso. Forse è perché non affrontiamo la nostra umanità, mentre questo Papa sta toccando l’uomo… che ne pensi Don Marco?
Sono perfettamente d’accordo padre Enzo, è in linea con la storia di Francesco, il suo incontro con il lupo a Gubbio. Molte volte i detenuti sono ritenuti “lupi”. A Gubbio Francesco ha compiuto due miracoli: prima ha addomesticato il lupo, poi ha bussato alle porte dei cittadini impauriti e ha detto “Credetemi, il lupo non fa più paura”. Io qui ci leggo la grande speranza che abita nel cuore di Papa Francesco e dei cristiani, il non fermarsi alla letteratura che c’è su una persona ma andare oltre, incontrare la vera presenza di un fatto, di una persona. Perché molte volte la letteratura non corrisponde alla realtà.
Sette anni di pontificato di Francesco, come lo possiamo sintetizzare?
Strettamente spirituale, nel senso di abitato dallo Spirito Santo. Questa capacità di scompigliare, non di confondere, le carte in tavola; di mettere domande in certezze date per assodate. Il fatto di aver preso i poveri e averli messi al centro della storia è la rivoluzione copernicana di Papa Francesco. Durante il Conclave, quando era chiaro che era stato scelto dallo Spirito per diventare Papa, Hummes - suo caro amico - gli disse “stai per diventare Papa, ricordati dei poveri” e in quell’istante Bergoglio decise: “Mi chiamerò Francesco”. Per me lì è iniziato il suo pontificato. L’altro passo gigantesco è stato il viaggio apostolico che ha fatto dopo essere andato dalla Madonna ed è stato entrare nel carcere di Casal del Marmo il giovedì santo e lavare i piedi dei detenuti, i piedi di Giuda. Quel gesto ha significato amore a prima vista tra Pietro e tutti coloro che nella vita hanno fallito. Io sono un prete fortunato perché ho la possibilità di vedere in diretta quanto sono esatte le parole del Papa quando toccano la carne sofferente. L’altro invito bellissimo del Papa è quello di andare verso la periferia, un invito che tanto infastidisce ma non si è capito che lui non chiede di andare a portare cose ai poveri, chiede di andarci per recuperare dai poveri quella freschezza che noi abbiamo perduto e che invece chi è povero sa custodire nel suo cuore.
Hai parlato di spiritualità, ma cosa significa oggi, cos’è oggi per te?
Se io dico che Papa Francesco sta mettendo in piedi un pontificato spirituale lo dico perché lo vedo pregare e per me vedere come lui prega significa fare esperienza tangibile del contatto diretto tra Pietro e Dio. Ho la sensazione, parlando con lui, che il suo corpo sia lo scafandro ma che dentro sia lo Spirito Santo a parlare. Francesco è un uomo capace di leggere con gli occhi di Dio le pagine di storia che accadono mentre stanno accadendo, e questo è un dono di Dio. E quindi sa anche tenere il timone per far sì che la nave sia al sicuro e rimanga viva. Per questo la sua strada non è sbagliata.
Una delle prime interlocuzioni del Papa è stata con Eugenio Scalfari. La spiritualità per i non credenti...
La cosa che più urta il cristianesimo da sacrestia è il fatto che Pietro dialoghi con il mondo che si definisce non credente. Questo la dice lunga. Io mi annoio a parlare con i cristiani dei misteri di Dio, perché noi siamo nati con Cristo in tasca… diverso è sentire la forza d’urto che produce la parola di Papa Francesco nel cuore dei non credenti. Mi fa capire che quella regola bellissima della Scrittura, che la salvezza arriverà da chi meno te l’aspetti, è vera. E questo è un tratto saliente non solo del pontificato di Bergoglio, ma della sua persona. Non c’è e non ci può essere fedeltà se non c’è anche rischio, il rischio di conversare con persone che non condividono il tuo stesso punto di vista. Confrontarsi con il diverso: è anche un grande insegnamento intellettivo.
Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.
Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA