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La crisi di oggi, la ripresa di domani

Annachiara Sacchi
Pubblicato il 04-11-2020

Federculture: «Cultura motore del nuovo welfare»

Già «prima» non andava tutto benissimo. Certo, dove c’erano stati investimenti importanti i risultati si vedevano eccome. Poi è arrivato il Covid: cinema, monumenti e siti archeologici si sono svuotati e adesso, perla seconda volta, chiudono anche i musei. Rapporto annuale di Federculture, tre fotografie. Come stavano film, libri, mostre tra 2000 e 2019; come le imprese culturali sono state travolte dalla pandemia (il 70 per cento stima perdite di oltre il 40 per cento); come ne usciranno. Il ministro Dario Franceschini è convinto: «Ci riprenderemo. Dobbiamo prepararci a una grande stagione, tutti vorranno venire in Italia». Il presidente di Federculture, Andrea Cancellato, annuisce, ricorda il Fondo Cultura e aggiunge: «Il Mibact deve diventare il ministero più importante di un nuovo welfare». Italia—della cultura—divisa. 

Tra il prima e il dopo lo scoppio della pandemia. Tra i settori: cinema, teatro, libri e musica sono in difficoltà da dieci anni, mentre i musei conquistano gradimento e presenze. È il bilancio presentato ieri (online) dal XVI Rapporto Federculture. E nonostante il titolo di auspicio — Dal tempo della cura a quello del rilancio — la crisi è evidente, nessuno vuole nasconderla: solo il 22 per cento degli operatori culturali riesce a immaginare un futuro ritorno alla normalità, la metà prevede una riduzione delle proprie attività e il 73 per cento teme il taglio di fondi. Già prima della pandemia tra l’altro le difficoltà erano pesanti: in seguito al calo delle risorse di Comuni, Province e Regioni i fondi pubblici confluiti nel settore sono scesi di un miliardo di euro negli ultimi vent’anni (dai 6,7 miliardi del 2000 ai 5,7 del 2018), nonostante il Mibact abbia moltiplicato lo stanziamento con un più 48 per cento dal 2010 al 2018. 

Risultato scontato: l’Italia si trova nella parte più bassa delle classifiche europee, dove la media Ue dell’incidenza di spesa in cultura sulla spesa pubblica totale è del 2,5 per cento. Noi siamo fermi all’1,6. Altri numeri, altre disuguaglianze. Cinema (-6,1%), teatro (-8,8%), musica classicaeleggera (-4,9% e -4,7%) hanno avuto un decennio nero. Tutto il contrario di musei (+7% dal 2010), siti archeologici e monumenti (+19,7%) che, merito anche delle recenti riforme, hanno avuto una stagione diripresa. Ma questo è il passato, ora bisogna pensare al presente (il direttore di Federculture, Umberto Croppi, parla di un «bilancio di fine anno peggiore delle aspettative»). E al futuro. «Dobbiamo guardare alla fine del percorso — dice Cancellato, che ha presentato il Rapporto con la vicepresidente di Federculture Daniela Picconi e il direttore Croppi —, mobilitare tutte le risorse, pubbliche e private, estendendo ogni forma di agevolazione fiscale, a partire dall’Art Bonus, provvedere a una campagna di digitalizzazione e all’adeguamento infrastrutturale dei luoghi della cultura in modo da renderli sicuri e accoglienti e favorire l’efficientamento energetico».

Prioritario: dare corso al Fondo Cultura (partito da una proposta di Pierluigi Battista sulle pagine del «Corriere» lo scorso marzo), di cui mancano ancora i decreti attuativi. «Il Fondo — prosegue Cancellato — serve sia nella versione investimenti pubblici che come fondo di garanzia». Tra l’altro «non costituisce né debito né deficit peril Paese», anche perché «un euro di garanzia dello Stato oggi ne produce tre di finanziamenti delle banche al sistema industriale. Per il settore culturale diventano cinque. Segno che siamo più credibili nella restituzione dei debiti». La paura di non rialzarsi, il peso della mancata occupazione per 840 mila lavoratori, l’angoscia peripalchi vuoti. «Come sono tristi le città con i teatri chiusi», ammette Franceschini. E ricorda che «per fronteggiare l’emergenza, quest’anno sono stati destinati 9 miliardi ai settori della cultura e del turismo». Ogni crisi, però, aggiunge il ministro, «offre anche opportunità». Lo dimostra la corsa ai servizi online (finora gratuiti) registrata dal Rapporto (80-100%). «Ora dobbiamo aiutare imprese e lavoratori ad attraversare il deserto. Ma sono convinto che i consumi culturali torneranno più forti, come già si coglie da segnali come la ripresa del libro. La gente avrà voglia di vivere la bellezza, di consumare cultura, di vedere l’Italia». Prepararsi a una stagione di crescita. Aggredire il mercato. Scalare le classifiche (nella top 100 dei musei più visitati al mondo il primo italiano, gli Uffizi, è solo al 26° posto). Speranze e previsioni. Con una consapevolezza che Cancellato ribadisce: «Abbiamo bisogno di ossigeno per ricostruire il settore. E per tenere insieme il Paese».

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