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Jago e il Natale: "La 'scusa' per togliere il superfluo"

Luisa Benevieri Davide Speranza
Pubblicato il 25-12-2020

Un bimbo dagli occhi stanchi e chiusi che si chiama Homeless. Una catena che lo tiene inchiodato a terra, alla sua condizione di fragile, di senza-certezze, la "categoria" schiacciata dall'immane crisi economica indotta dalla pandemia, che già sta piegando società e famiglie. L'installazione, comparsa a novembre nel cuore di piazza del Plebiscito a Napoli, ha un titolo che arriva come un imperativo che parla a tutti, nei giorni della grande inquietudine : "Look down", invece di Lockdown. Cioè: guarda in basso, guarda ai vulnerabili, agli ultimi. Firmato: Jago, al secolo Jacopo Cardillo, 33enne e sensibile artista social, originario di Frosinone e talentuosissimo scultore che ha già conquistato riconoscimenti e commesse importanti anche all'estero, con la bellezza cruda dei suoi personaggi, la sua tecnica e anche con la natura _live_ , completamente aperta, delle lavorazioni condivise sui suoi canali social.

Da scultore mi sono sempre riempito della frase ad effetto: “togliere il superfluo”. Questa pandemia mi ha costretto a comprenderlo, è stata la vita che mi ha mostrato realmente cosa significhi.

Negli ultimi anni tu usi l’arte per cercare di risvegliare le coscienze, opere come Look-down ne sono la dimostrazione. Pensi che ognuno possa fare qualcosa nel suo piccolo?

Penso che non esista un nostro piccolo ma che ogni nostro piccolo gesto possa essere immenso. Un gesto fatto con sane e genuine intenzioni può essere enorme. Va coltivato. Un seme, come un gesto, è piccolo, ma ha un potenziale: va coltivato e può diventare un albero enorme che dà ossigeno a tutti quanti. Quindi non vedo piccoli gesti ma enormi potenziali.

Portare la l’opera in Piazza Plebiscito è stato un processo a cui sei arrivato lentamente o più istintivo dettato dall’emergenza di dover fare qualcosa nel tuo ambito lavorativo?  

È stato istintivo e necessario ma come per tutte le mie opere c'è voluta una vita intera per arrivare a realizzarla. L’opera era nata a New York da una serie di suggestioni, ma una volta portata in Italia ha trovato il suo giusto significato.

Uno può immaginare una cosa ma non è detto che il fine stesso di quell'opera e gesto poi coincida con l'idea iniziale. Non tutto è preformato, scritto e realizzato: alcune cose hanno necessità di crescere nel tempo. Quindi il significato che l'opera oggi ha in Piazza del Plebiscito è arrivata piano piano e ha un valore proprio perché ci ha messo del tempo ad arrivare, ed è l'unico significato che poteva avere. Se lo avessi pensato e realizzato prima magari non sarebbe stata la stessa cosa né avrebbe avuto lo stesso valore.

Un significato che deriva anche dalla necessità del momento

Se pensi al periodo in cui ci troviamo, siamo bombardati dalla parola Lock down, se poi guardi l'opera - un bambino il cui cordone ombelicale è una catena- il titolo perfetto oggi è Look Down, ma come titolo originale non lo avrei mai pensato. Inizialmente l'avrei chiamata “Homeless”, pensandola a New York, vedendo tutte le persone abbandonate per strada, non riuscendo a vedere il bambino che c'è dietro. Noi vediamo il povero sfigato, ce ne freghiamo, lo consideriamo quasi colpevole di stare in quella condizione. Invece se riuscissimo a vedere il bambino che c'è in lui, sarebbe tutto diverso: da questo nasce la suggestione e intuizione.

Poi, titolo reale e significato vero nascono nel tempo. Lockdown poteva essere quello. Pensando alla condizione attuale e alla necessità del posto. A seguito di una riunione con i commercianti della zona, mi avevano invitato per avere un punto di vista creativo su come attirare l'attenzione rispetto alle problematiche del territorio, ho ascoltato, non mi sono espresso e poi è venuta questa immagine. Faccio un lavoro creativo, il mio cervello lavora per immagini e associazioni e produce delle reazioni. Questo ne è un esempio.

Pensi che questo Natale porterà le persone a rinnovare il proprio modo di essere?

Sono cresciuto con il Natale, era una cosa normale che doveva accadere, divisa tra le famiglie di mia madre e mio padre. Si passava una giornata da una parte e una giornata dall'altra, come una ritualità. Dovendo andare via, stando nel mondo per fare il mio percorso, ho capito quanto sia importante non tanto il Natale ma il significato di famiglia. Un punto di riferimento. Da una parte sei tu, che porti i concetti e desiderio di ritrovarla anche altrove, in altri luoghi: un senso di accoglienza e fiducia totale, di appartenenza, che ovunque ti trovi lo ricrei. Però c'è sempre il porto sicuro che è quello da cui derivi.

Questo luogo, il Natale è un luogo che tu porti con te e che sei in grado di ricreare. Ho capito una grande lezione, che è proprio a livello terminologico: da scultore mi sono sempre riempito della frase ad effetto: “togliere il superfluo”. Ma quanta consapevolezza avevo di questa frase, di questo modo di essere nei fatti materiali. Questa pandemia mi ha costretto a comprenderlo, è stata la vita che mi ha mostrato realmente cosa significa togliere il superfluo. Tutte le cose a cui non riuscivo a dire di no, per un esasperato senso del dovere, perché sennò ti senti un perdente, un po' per paura, per educazione, tutte quelle cose si sono tolte. E cosa è rimasto? Il mio dovere, la vera opera alle quali mi dovevo dedicare. Sono tornati a emergere i miei affetti, a cui magari prima dicevo “ci sentiamo dopo perché ora devo lavorare”, “ci vedremo”. Era tutto un rimandare. Oggi ho imparato a dire di no: voglio solo dedicarmi alle cose più importanti. E tra questo cosa c'è: sto per partire e tornerò un'intera settimana dalla mia famiglia. Il Natale può essere una bellissima scusa per togliere il superfluo e dedicarsi unicamente, anche per solo un momento della nostra vita, a ciò che è veramente importante. La famiglia, ma anche solo noi stessi: Natale è un momento per la persona.

Se dovessi chiudere gli occhi e pensare al Natale, il momento più bello, un'immagine.

Voglio tenerli aperti gli occhi con la consapevolezza del fatto che il più bel Natale è quello a cui sto andando incontro. Non voglio vivere nei ricordi, che si sedimentano e divengono esperienza. Solo tenendo gli occhi aperti, possiamo renderci conto che Natale può essere esteso a tutti i giorni della nostra vita, e riconoscerlo in ogni momento.

San Francesco, un outsider, incompreso che ha deciso di andare oltre le regole della società. Cosa ne pensi?

Un gran comunicatore, rivoluzionario. Come i grandi uomini in grado di muovere masse di persone e cambiare l'identità culturale di un popolo, di una nazione e di un mondo intero, ha fatto bene a fare ciò che voleva fare. Fare la differenza significa fare grandi sacrifici. È facile aspettare che qualcun altro si sacrifichi per la comunità e poi seguirlo. I veri rivoluzionari sono quelli che anticipano i tempi, nonostante tutto e tutti. È stato un grande rivoluzionario e non sarebbe riuscito a fare quello che ha fatto, contaminare, contagiare popolazioni intere se non avesse avuto un'energia altra, che deriva dalla fede, non solo espressione di un altrove mistico, ma di fatti materiali. È stato rivoluzionario perché era una persona che ha messo in pratica “essere, agire avere”: era, agiva, si esprimeva in gesti concreti, e poi ha avuto. Che cosa? Noi. Il suo risultato è stato aver modificato il tessuto sociale e le coscienze di una collettività.

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