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IN QUESTA TERRA SIAMO CUSTODI E NON PADRONI

Franco Cardini
Pubblicato il 30-11--0001

Se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea. La povertà e l’austerità di san Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio.

 

  Nell’enciclica Laudatosi’papa Francesco ci ripropone, con la semplicità e la lucidità che gli sono proprie, il testo del Cantico delle Creature come non solo meravigliosa poesia, ma anche profonda opera di teologia e di filosofia;  e perfino come messaggio profetico.

  Dio ama immensamente tutte le sue cerature, e soprattutto l’uomo che è tra esse la privilegiata. Tuttavia, Egli solo è il Signore di tutto: e l’uomo, come sta scritto nel Genesi, riceve  da lui il possesso e il diritto di governare il resto del creato solo per delega. Riceve non solo e non tanto un potere, quanto piuttosto un dovere.

  Qui bisogna aver il coraggio di sottolineare il carattere profondamente antimoderno di tutto il  pensiero sia di frate Francesco, che è vissuto all’inizio della Modernità, sia di papa Francesco, che assiste alla sua non troppo gloriosa fine. La Modernità – come sostiene un grande pensatore contemporaneo, ZygmuntBauman – è nella sua essenza quattro cose: primo, il trionfo dell’individualismo e della sua Volontà di Potenza; secondo, il primato dell’economia sulle altre attività umane;  terzo, l’affermarsi della cultura dell’Avere, del Fare, del Produrre rispetto all’Essere, e quindi il trionfo dei mezzi (le cose, i prodotti, i consumi,  il danaro) sui fini (gli scopi della produzione e del consumo); quattro, la perdita del centro e dello scopo della vita,  quindi del senso del limite.  Tale la Modernità nel suo intimo, ultimo,  nihilistico significato. Una cultura del Nulla.

  Papa Francesco propone al mondo e impone ai cristiani una trasvalutazione dei valori, cioè una metanoia, una conversio. Abbandoni l’uomo la sua smisurata hybris, la sua insensata superbia. Cessi di dominare e di sfruttare i suoi simili e la natura, di asservirli alla sua insaziabile sete di potenza e di ricchezza che altro scopo non hanno se non di mostruosamente alimentare se stesse. Riscopra il suo ruolo di  creatura a sua volta e di servitore di Dio: che gli ha affidato il mondo, non lo ha abbandonato nelle sue mani come un giocattolo. Della natura, come della nostra anima, noi dovremo renderGli conto. Il 18 luglio del ’13, a Lampedusa, papa Francesco ci esortò a non seguire il malvagio esempio di Caino e di Erode: come di fatto faremmo se non tendessimo una mano ai fratelli meno fortunati, agli “Ultimi della Terra”. Ora, c’invita ad andare oltre: fino al più umile degli esseri viventi, fino alle piante e alle cose. Già sono evidenti i segni che la natura, troppo a lungo violentata, sta reagendo contro di noi:  l’inquinamento e la crisi delle risorse energetiche da tempo ci minacciano. Il Vangelo insegna che rappacificarsi con i fratelli è una premessa necessaria per riconciliarsi con Dio:  e il capolavoro poetico di frate Francesco ricorda che  tutto il creato è nostro fratello e che noi siamo destinati a salvarci con esso o a perderci insieme con esso.

 

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