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Il Manifesto di Assisi in 10 punti: le parole non siano pietre

Redazione
Pubblicato il 29-10-2018

Pubblichiamo la versione emendata del Manifesto di Assisi, con le modifiche proposte da alcuni degli interventi delle settimane scorse sul sito e poi nella giornata di dibattito del 6 ottobre – “Le parole non sono pietre” – nella sala stampa del Sacro Convento. Nessuno stravolgimento della bozza di partenza, ovviamente. Il cambiamento più significativo, nella formulazione dei punti del decalogo, è il passaggio dal “tu” al “noi”: a testimoniare anche in questo modo l’assunzione collettiva di responsabilità e il carattere di chiamata all’azione che il Manifesto vuole avere.

Secondo l’impegno preso ad Assisi, questo testo rimarrà ancora per una settimana sul sito, per eventuali osservazioni ulteriori. Poi scatterà la fase più importante: quella di far vivere davvero il Manifesto, farlo diventare spunto di confronto, di dibattito, di polemica. Non certo soltanto tra giornalisti, anche se la categoria non può certo fingere di non sentire l’appello a una comunicazione responsabile, rispettosa, che si basi sui fatti e rigetti i discorsi d’odio. Ma è una società intera che dobbiamo provare a raggiungere, a partire dalle scuole e dalle iniziative di formazione; con l’ambizione di portare il Manifesto anche nel web e sui social, dove si gioca oggi tanta parte del processo di formazione dell’opinione pubblica e dove più frequente è un uso contundente del linguaggio.

Un cammino non facile ma ineludibile, se vogliamo evitare che il Manifesto rimanga esercitazione virtuosa ma sterile. Un’ulteriore tappa di verifica l’abbiamo già programmata: sempre ad Assisi, la primavera prossima, prendendo come base di riflessione il tema che Papa Francesco ha scelto per la Giornata mondiale 2019 delle Comunicazioni Sociali: “dalle community alle comunità”.

Manifesto di Assisi

1.  L’ostilità è una barriera che ostacola la comprensione. Nel rispetto del diritto-dovere di cronaca e delle persone occorre comprendere. Scriviamo degli altri quello che vorremmo fosse scritto di noi.

2.  Una informazione corretta lo è sempre, sono la fiducia e la lealtà a costruire una relazione onesta con il pubblico. Non temiamo di dare una rettifica quando ci accorgiamo di aver sbagliato.

3.  Difendiamo la nostra dignità di persone, ma anche quella altrui, fatta di diversità e differenze. Tutti hanno diritto di parlare e di essere visibili. Diamo voce ai più deboli.

4.  Costruiamo le opinioni sui fatti e quando comunichiamo rispettiamo i valori dei dati per una informazione completa e corretta. Dietro le cifre ci sono gli esseri umani. Impariamo il bene di dare i numeri giusti.

5.  Se male utilizzate, le parole possono ferire e uccidere. Ridiamo il primato alla coscienza: cancelliamo la violenza dai nostri siti e blog, denunciamo gli squadristi da tastiera e impegniamoci a sanare i conflitti. Le parole sono pietre, usiamole per costruire ponti.

6.  Facciamoci portavoce di chi ha sete di verità, di pace e di giustizia sociale. Quando un cronista è minacciato da criminalità e mafie, non lasciamolo solo, riprendiamo con lui il suo viaggio. Diventiamo scorta mediatica della verità.

7.  Con il nostro lavoro possiamo illuminare le periferie del mondo e dello spirito. Una missione ben più gratificante della luce dei riflettori sulle nostre persone. Non pensiamo di essere il centro del mondo.

8.  Internet è rivoluzione, ma quello che comunichiamo è rivelazione di ciò che siamo. Il nostro profilo sia autentico e trasparente. Il web è un bene prezioso: viviamolo anche come bene comune.

9.  La società non è un groviglio di fili, ma una rete fatta di persone: una comunità in cui riconoscersi fratelli e sorelle. Il pluralismo politico, culturale, religioso è un valore fondamentale. Connettiamo le persone.

10.  San Francesco d’Assisi operò una rivoluzione, portare la buona notizia nelle piazze; anche oggi una rivoluzione ci attende nelle nuove agorà della Rete. Diamo corpo alla notizia, portiamola nelle piazze digitali.

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