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Giornata unità nazionale, storia dell’inno italiano

Antonio Tarallo Pixabay
Pubblicato il 04-11-2022

4 novembre

4 novembre: sembrerebbe semplicemente una data, ma non è così; è qualcosa di più perché dietro a quel numero e a quel mese si cela una storia. E' la storia italiana che vive in questo giorno così speciale in cui vengono celebrate l'Unità Nazionale e le Forze Armate.

Bisogna però fare un passo indietro nella storia per comprenderne il significato. 4 novembre 1918: è la data dell’armistizio della Prima Guerra Mondiale, firmato a Villa Giusti, in provincia di Padova. In realtà l'armistizio tra Italia e Austria fu firmato il 3 novembre, ma entrò in vigore il giorno dopo, il 4 novembre appunto.

A partire dall'anno successivo, il 1919, il 4 Novembre fu istituito come festa Nazionale, una giornata che veniva celebrata solennemente. Due anni dopo, con il Regio decreto n.1354 del 23 ottobre 1922, il giorno del 4 novembre fu dichiarato Festa Nazionale: Giorno dell’Unità nazionale e Giornata delle Forze armate. Fino al 1977 era un giorno festivo a tutti gli effetti. Da quell’anno in poi, però, a causa di una riforma del calendario delle festività nazionali introdotta per ragioni economiche con lo scopo di aumentare il numero di giorni lavorativi, venne celebrata nella prima domenica di novembre.

Nel corso degli anni ‘80 e ‘90 la sua importanza andò declinando fino a quando il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, convinto che commemorare il 4 novembre non volesse dire “glorificare la guerra, bensì il nostro ritrovarci uniti come italiani” diede nuovamente rilievo alla festa.

Chiudiamo gli occhi, allora, e immaginiamo questa festa così importante per l’Italia: sull’Altare della Patria, sacrario della nazione italiana, ecco sventolare il tricolore; ma la scena, però, sarebbe troppo silenziosa se non ci fossero delle note musicali. In fondo, come si sa bene, ogni festa, ha bisogno della sua colonna sonora: è l'inno italiano, il canto di tutti gli italiani.

L’inno italiano
I primi versi li conosciamo tutti; in ogni occasione ufficiale della Repubblica italiana, le parole e la musica, i versi e i colori dei suoni, si fondono e si confondono donando a tutti quel momento in cui ci si sente appartenere a un’unica nazione, dal nord al sud: “Fratelli d’Italia/L’Italia s’è desta/ Dell’elmo di Scipio/ S’è cinta la testa/ Dov’è la Vittoria?!/ Le porga la chioma”. Ma qual è la storia dell’inno nazionale italiano?

Prima di tutto, una precisazione: il titolo ufficiale dell’inno è “Il canto degli italiani”. E, dobbiamo alle città di Genova e di Torino la sua nascita. Scritto nell'autunno del 1847 dall'allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il “Canto degli Italiani” nasce in quel clima di fervore patriottico del Risorgimento italiano.

La testimonianza più nota è quella descritta, seppure molti anni più tardi dalla stesura dell’inno, da Anton Giulio Barrili, patriota e poeta, biografo del Mameli. Nel leggere questo documento, l’emozione prende il cuore trascinandolo in un giorno come altri di quell’autunno del 1847: "Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d'accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell'anno per ogni terra d'Italia (...). In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l'egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano. Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: - To' gli disse; te lo manda Goffredo. - Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos'è; gli fan ressa d'attorno. - Una cosa stupenda! - esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio”

I versi a cui fa riferimento Anton Giulio Barrili sono quelli dell’inno italiano. Ma questi due giovani, creatori del “canto degli italiani”, chi erano? qual è la loro storia?

Goffredo Mameli nasce a Genova il 5 settembre 1827; figlio di Adele (o Adelaide) Zoagli, discendente di una delle più insigni famiglie aristocratiche genovesi, e di Giorgio, comandante di una squadra della flotta del Regno di Sardegna. Studente e poeta giovanissimo, Mameli aderisce al neonato movimento politico di Giuseppe Mazzini, nel 1847.

Da quella data-simbolo, il 1847 (anno della stessa composizione de “Il canto degli italiani”), la vita del poeta-soldato sarà dedicata interamente alla causa italiana: nel marzo del 1848, a capo di trecento volontari, raggiungerà Milano insorta, per poi combattere gli Austriaci sul Mincio. Dopo, tornerà a Genova, collaborando con Giuseppe Garibaldi; raggiungerà, poi, Roma; era il 9 febbraio 1849 quando viene proclamata la Repubblica Romana a cui dedicherà gli ultimi istanti della sua vita. Morirà il 6 luglio, alle sette e mezza del mattino combattendo sul colle romano del Gianicolo, a soli ventidue anni.

Michele Novaro nasce anche lui a Genova: era il 23 ottobre 1818. Nella città ligure studia composizione canto. Nel 1847 è a Torino, con un contratto di secondo tenore e maestro dei cori dei Teatri Regio e Carignano. L’arte al servizio della patria, questa in sintesi la sua biografia: musicò decine di canti patriottici e organizzò spettacoli per la raccolta di fondi destinati alle imprese garibaldine. Dopo la composizione del “Canto degli italiani”, condusse una vita comune, tornando al suo amore per la musica; tornato a Genova, fra il 1864 e il 1865 fondò una Scuola Corale Popolare, alla quale ha dedicato tutta la sua esistenza. Morì povero il 21 ottobre 1885.

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