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Giornata Mondiale Pace: Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal Covid

Redazione Ansa - GIUSEPPE LAMI / Z66 / Z66
Pubblicato il 16-12-2022

Tracciare insieme sentieri di pace

Presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 56.ma Giornata Mondiale della Pace, sul tema: “Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace”, che si celebra il 1° gennaio 2023.

Sono intervenuti: l’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I., Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; Suor Alessandra Smerilli, F.M.A., Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; il Dott. Maximo Torero, Chief Economist della FAO, che ha inviato un videomessaggio; Simone Cristicchi, cantautore, scrittore, autore, regista e attore teatrale, che ha eseguito un brano dal suo repertorio musicale. 

Intervento dell’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I.
In the early days of the pandemic, the world was under enormous stress. The mortality rate quickly became very high, especially among the most vulnerable. Yet we had so little:
• no sound information about the disease
• no treatments
• no strategies for prevention

The world needed a well-supported international plan to deal with the pandemic. That was utterly lacking. Instead, massive misinformation, finger-pointing, false claims and panic- mongering prevailed; while decision-makers gave higher priority to the claims of patent- holders than to people’s needs around the world.

In Fratelli tutti, issued during the first year of the crisis (October 2020), Pope Francis explained why he established the Vatican’s Covid-19 Commission involving the Secretary of State, the Dicastery for Communications and, as coordinator, the Dicastery for Integral Human Development. It was his desire that the Church be of service to the world in the pandemic, to help us all respond "as a single human family, as fellow travelers sharing the same flesh, as children of the same earth which is our common home, each of us bringing the richness of his or her beliefs and convictions, each of us with his or her own voice, siblings all” (FT 8).

With this 2023 Message, which reflects back on Covid and looks ahead towards peace, the Covid-19 Commission has accomplished its work, and the concerns will be re-assumed by the participating Dicasteries.

Today the 2023 Peace Message invites us to ask:
• What have we learned from Covid?
• What lessons can we learn from this moment of crisis?
• What signs of life and hope can we collect despite this difficult time?
• After all we have suffered, what should be our vision of humanity and of society for the future?
• What are Covid-time’s lessons for peace?
“Let our hearts be changed by the emergency that we have lived through” Pope Francis urges, and “put the word together back in the centre.”


Suor Alessandra Smerilli, F.M.A.
Nessuno può salvarsi da solo. Con il messaggio per la GMP 2023 Papa Francesco vuole farci ritornare ai momenti spaventosi, duri e dolorosi degli inizi della pandemia da Covid-19, e ci chiede di riflettere coraggiosamente su che cosa abbiamo imparato e su quali occasioni non abbiamo saputo cogliere. Da una crisi non si può uscire uguali, ci aveva detto il Papa sin dall’inizio: o se ne esce migliori o peggiori. Questo è il momento per chiederci, come singoli e come comunità: tre anni dopo siamo migliori o peggiori?

Nel marzo 2020 Papa Francesco istituì la Commissione Vaticana per il Covid-19, affidandole un compito che già vedeva lontano: «Preparare il futuro». Ci diceva: «Sto pensando a quello che viene dopo, al futuro e alle conseguenze economiche e sociali. Il futuro ha memoria. Vi chiedo di preparare il futuro in due modi: con la scienza positiva e con l'immaginazione, per uscire dall'alto da questo labirinto».

A fine anno 2022 la Commissione chiuderà i suoi lavori: non perché l’emergenza sia finita, ma perché ormai tutto il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale lavorerà con le modalità con cui la Commissione ha lavorato, cioè in ascolto e dialogo diretto con le Chiese e le realtà locali di ogni Continente e in collaborazione con altri Organismi e Dicasteri.

A proposito di pace, sul modello della Commissione Covid è nato anche il gruppo di lavoro “Catholic Response For Ucraine” (CR4U), promosso dal nostro Dicastero. Questo gruppo si è costituito come spazio di dialogo strutturato e coordinamento tra i tanti attori cattolici che si stanno prodigando per assistere la popolazione ucraina nei bisogni più impellenti. Ci aveva infatti chiesto “concretezza” Papa Francesco e cercheremo di continuare su questa strada. Nel contesto della pandemia “concretezza” sono stati gli aiuti a chi ne aveva più bisogno nei momenti più difficili dell’emergenza, ad esempio attraverso il progetto “Sister Ambassadors network”, che ha riconosciuto tante donne, religiose, come leader affidabili nelle loro comunità in materia di salute, in una fase in cui le comunità stesse erano immerse in tanta confusione.

La pandemia ci ha rivelato più acutamente diseguaglianze e fragilità sociali e ha minato la pace in tanti luoghi del mondo. Ciò ha impegnato Commissione e Dicastero a lavorare secondo le priorità che il Santo Padre ci ha assegnato: salute, lavoro, cibo. Con un’insistenza: “per tutti”. Ed è per questo che ora passo la parola a Maximo Torero, Chief Economist della FAO, con cui abbiamo lavorato tanto sui temi della sicurezza alimentare.

Intervento di Simone Cristicchi
Nella lettura del messaggio di Papa Francesco ho individuato tre parole chiave, che mi stanno molto a cuore. Parole urgenti, necessarie, che servono per ricominciare un cammino, nella confusione che viviamo in questo momento storico.

La prima parola è Attenzione.
Nel Dhammapada, il testo sacro del buddhismo ho trovato scritto: “Gli attenti non muoiono mai. I disattenti sono come già morti!” È come se dicesse che l’attenzione, essere vigili, è la chiave per l’immortalità”. Invece, sul vocabolario della lingua italiana, alla voce “attenzione” c’è scritto “volgere l’animo verso qualcosa”. Quindi, significa andare oltre me stesso, evadere dalla prigione del mio ego, e accorgermi che esiste il mondo, prendermi cura del microcosmo in cui vivo, e degli altri esseri umani. Non lasciarmi influenzare, comprare da un potere che investe ogni giorno miliardi sulla mia distrazione. La seconda parola che ho trovato nel messaggio è Umiltà.

Viene dal latino, Humus. L’ humus - lo sanno bene i contadini - è quella sostanza che rende fertile la terra. Quindi, essere umili è sentirsi come un campo arato, pronti ad accogliere i semi di bellezza e conoscenza che tutti mi possono donare. Da un bambino a un anziano, da una casalinga a un filosofo, se torno ad essere terra, posso davvero imparare da chiunque! Mi piace l’umiltà dell’allodola, l’uccellino prediletto da San Francesco, che si ciba delle poche briciole che trova, e canta dalla mattina al tramonto col cuore pieno di gioia. L’umiltà di chi vive in disparte, di chi non insegue il consenso, e non vuole emergere a tutti i costi. I “santi silenziosi” li chiamo: dei perfetti “signor nessuno”, che si occupano della loro piccolissima porzione di mondo, senza chiedere applausi o medaglie al valore. Perché è molto meglio un anonimo perbene, che un mediocre di successo.

Mi piace l’umiltà di chi non reagisce alle offese, perché diventa così piccolo da non essere centrato da nessun colpo. L’umiltà dell’albero, che regala l’ossigeno, i frutti, la legna, l’ombra, senza chiedere niente in cambio. E tutto questo lo do per scontato, solo perché non me lo fa pagare. E allora, essere umile significa dire “grazie”, anche a un albero qualsiasi.

La terza parola, che contiene in sé le altre due, è Cura, ed è al centro della canzone che ho scelto di eseguire oggi.
Nadia Maria, una suora di clausura che è diventata mia amica, ascoltò la canzone in anteprima: “Abbi cura di me” può essere interpretata come una preghiera di Dio all’uomo! Perché Dio ha bisogno che ci prendiamo cura di lui e del creato, per portare a compimento la sua Opera”.

In ognuno di noi esiste questa fragilità, questo senso di separazione da qualcosa. Da quando veniamo gettati nel mondo, dal momento in cui usciamo dalla pancia materna, cerchiamo quel senso di completezza, che si può trovare nell’amore, nell’abbraccio di un amico o del Divino.

In questo senso, le parole di “Abbi cura di me” diventano una sorta di preghiera d’amore universale, una richiesta di aiuto, una dichiarazione di fragilità, che tutti possono interpretare e sentire come propria. Non abbiamo bisogno di urla, ma di sussurri.

Non ci servono schiaffi, ma carezze.
Non dobbiamo apparire forti a tutti i costi, ma nella fragilità sentire la nostra potenza. Perché non siamo al mondo per essere perfetti, ma per essere veri.

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