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Gambetti: 'Se vogliamo costruire un futuro guardiamo lontano'

Padre Mauro Gambetti, Custode Mauro Berti
Pubblicato il 23-09-2020

Il saluto finale del Custode del Sacro Convento di Assisi alla sesta edizione del Cortile di Francesco

Oltre i confini

 

di p. Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi

Il termine “confine” deriva dal latino confinis, composto dal prefisso cum (con) e da finis (limite). A causa della particella cum, il suo significato evidentemente non è solo quello di limite estremo. Tuttavia, non di rado il termine è inteso proprio come linea di demarcazione fra un di qua e un di là, un dentro e un fuori. Infatti, oltre il ‘confine’ non è lecito spingersi senza una particolare autorizzazione, il ‘confinare’ è inteso come un 'relegare', il 'confino' è la pena inflitta all’avversario politico che è costretto a rimanere in terra straniera, come esiliato.

Questo significato di ‘confine’ è divenuto esperienza comune in tempo di lockdown ed ancora ci tocca: “non oltrepassare il metro di distanza”, “non stringere la mano”, “non abbracciare”, “indossa la mascherina” tutti comportamenti necessari per la tutela propria e dell’altro, che rischiano però di diventare dei ‘confini’ che ci chiudono ai rapporti interpersonali, ci relegano nelle nostre stanze, ci confinano dentro le nostre ataviche paure.

Allora, questi due giorni del Cortile di Francesco ‘oltre i confini’ sono stati innanzitutto un invito a scegliere un atteggiamento resiliente: pur fedeli alle norme di prevenzione della salute, i confini possono e talora devono essere oltrepassati. Ce lo hanno ricordato i dialoghi su economia e migranti, sulla salute, la lezione su calamità ed epidemie nella storia, il concerto in volo tra musica e cinema.

Ma due giorni ‘oltre i confini’ sono stati anche l’invito ad una presa di coscienza. La parola ‘confine’ include nel suo etimo anche il senso della condivisione: già in termini territoriali la linea di confine traccia una demarcazione in cui i proprietari dei due fondi adiacenti si toccano. Il confinante è sempre il vicino, il limitrofo, il contiguo, e addirittura diventa l'affine, il simile, il connesso. Abbiamo ricevuto diversi stimoli in tal senso dagli interventi su I confini del teatro, L’ economia dopo Covid, Stato e regioni dopo Covid.

La diffusione della pandemia, poi, è una evidenza di quest’ultima accezione di significato: il virus Covid-19 tende a scavalcare ogni barriera e creare una sorta di connessione globale, per contagio. Non per nulla ci siamo accorti di essere “tutti sulla stessa barca”, una grande comunità umana che cammina sulle strade della globalizzazione, cioè dell’intensificarsi progressivo degli scambi: commerciali, finanziari, di informazioni, di fattori inquinanti… e di dati virtuali (a proposito, abbiamo parlato della Digitale age e dell’infosfera).

Quindi il confine è allo stesso tempo linea di chiusura e linea di contatto, lontana estremità e centro di confronto: questa è la sua ambivalenza. Per risolverla occorre collocarsi oltre, ‘oltre i confini’ appunto. Il confine non può essere definito meramente come un limite da individuare e poi da difendere o da superare (confine di Stato, confine del sapere, confine della morale), ma deve essere definito in base a quello che siamo, o meglio in base a quello che vogliamo diventare. Scegliere dei ‘fini comuni’, oltre i confini appunto, è stata la chiave di volta del Cortile.

Infatti, le domande emerse sono andate nella direzione di una ricerca di significati, di scopi e di principi meta-critici che informano l’esistenza. Stimolanti sono risultate la mostra – Francescanesimo e Economia –, le conferenze e i dibattiti sui temi della progettazione – Planet Life Design –, dell’economia – Contro la cultura dello spreco, Rapporto sull’economia circolare in Italia e La trasformazione dei mercati –, e della trascendenza – Oltre.

Questo il Cortile di quest’anno. Ora ci attende uno sforzo per tradurre significati, scopi e principi in ogni ambito dell’esistenza umana e costruire un futuro degno dell’uomo. Tutti avvertiamo l’urgenza di riparare la casa comune e di cambiare il mondo. Ecco, se vogliamo costruire un futuro guardiamo lontano!  All’orizzonte c’è una linea che include l’insieme delle attività umane. È la linea dell’umanesimo fraterno. Pensare l’economia, i rapporti internazionali e quelli interni, le leggi, il digitale, l’ecologia, l’impresa, il commercio, l’educazione, la sanità… nell’orizzonte dell’umanesimo della fraternità, che san Francesco ha pienamente vissuto e testimoniato, è la sfida di oggi per il domani. 

Si tratta di uno spartiacque: o stiamo dalla parte della fraternità o stiamo contro la fraternità. Non c’è più spazio per forme di compromesso. L’11 settembre e il terrorismo internazionale, la crisi finanziaria del 2008 e il Covid-19 ci hanno detto chiaramente, per contrasto, che non c’è vita se non condivisa e connessa. La vita di ciascuno è intrecciata con quella di tutti. Nessuno può eludere la domanda: dov’è tuo fratello? Occorre prendere posizione: o con i fratelli o contro i fratelli. Chiediamoci: sono fratello/sorella di qualcuno? lo sono di tutti?

Noi abbiamo assunto questa sfida, con coraggio. Noi guardiamo con gli occhi di Francesco all’umano rivelato e compiuto in Cristo, vero fratello di tutti, amore totale e infinitivo per ciascuno, e cerchiamo di costruire un futuro sulle note del Cantico di frate Sole, il canto della Vita senza fine di san Francesco. Le strofe del Cantico sono intessute, in filigrana, dalla trama della fraternità universale: tutto è in relazione e nella relazione immediata con tutto e con tutti è la Vita. Ecco! Noi sogniamo una società improntata all’umanesimo fraterno, nella quale il primato è riservato al dono reciproco, alla cura e allo sviluppo intelligente.

Papa Francesco il 3 ottobre firmerà qui, sulla tomba del Poverello, la sua terza enciclica, Fratelli tutti. Io sono convinto che sia il punto di svolta per la storia di questo nostro mondo lanciato lungo il pericoloso declivio della globalizzazione selvaggia o dei nazionalismi irrazionali.  L’enciclica contiene una parola profetica, non lasciamola cadere. Facendola nostra possiamo dimostrarci donne e uomini coraggiosi, capaci di stare di fronte alla realtà e comprenderla per costruire il futuro. Insieme. Fratelli tutti!

 

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