Don Patriciello: un'ecologia umana senza deleghe in bianco
Siamo tutti responsabili per la difesa della casa ricevuta
Siamo tutti responsabili per la difesa della casa ricevuta «Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato».
Solo, affaticato, in una piazza San Pietro desolatamente vuota, papa Francesco, ai piedi del Crocifisso prega e commenta un brano del vangelo. È venerdì 27 marzo, il mondo è stato scaraventato a terra dalla pandemia. Milioni di persone, in ogni parte del mondo, credenti e non credenti, impauriti dal nemico subdolo e invisibile, col fiato sospeso, tengono i loro occhi fissi su di lui. Francesco è uomo di fede e di ragione. Una ragione, che, illuminata dalla fede, non rimane prigioniera di niente e di nessuno. Una ragione non superba, non autosufficiente, ma umile, discreta. Sulle sue spalle, il Papa, porta l' intera umanità, quella di oggi e le generazioni che si affacceranno alla vita negli anni che verranno.
Francesco, quella sera, ci spiazzò. Tanti pensavano al Covid-19 come a un incidente di percorso, una disgrazia, qualcosa che era sfuggito di mano. Chiusi nelle nostre case, tentavamo di difenderci dagli altri, probabili veicoli del terribile contagio. Abituati a stare insieme, a festeggiare, a viaggiare, ci ritrovammo a un tratto soli con noi stessi e con le nostre paure. I giorni della clausura forzata sono stati pesanti. Il Papa, quella sera, mise il dito nella piaga. Senza giri di parole ci disse che c' eravamo illusi di «rimanere sempre sani» e questo «in un mondo malato». Illusi, certo, perché il mondo ammalato non può non 'contagiare' l'uomo.
L'uomo vive dell' aria che respira, dell' acqua che beve, del grano, delle verdure, della frutta che coltiva. Bistrattare e avvelenare il creato equivale a tagliare il ramo sul quale egli siede. Purtroppo è avvenuto e avviene tante volte; ma, se vogliamo, se abbiamo capito la lezione, possiamo ancora correre ai ripari.
Il creato soffre, singhiozza, si lamenta, piange. E con lui piangono gli uomini sensibili, intelligenti, onesti e i poveri costretti a subirne le conseguenze fin da subito. Tra questi poveri vanno annoverati gli abitanti della 'terra dei fuochi'. È da loro che avrebbe dovuto venire Francesco, domenica scorsa, ed è anche a loro che è andato il suo pensiero nel giorno dell' Ascensione. Era tra loro che, accogliendo l' invito del vescovo di Acerra, monsignor Antonio Di Donna, avrebbe voluto commemorare il quinto anniversario della Laudato si', l' enciclica sulla cura della «casa comune». Lo scempio che si perpetuava nella 'terra dei fuochi' è una delle ferite aperte a causa delle quali il Papa sentì il dovere di scrivere questo documento, vera pietra miliare nel cammino dell' umanità, per la salvaguardia del Creato.
La pandemia ha impedito a Francesco di venire ad Acerra, una delle diocesi del Napoletano dove il dramma ambientale si è fatto insopportabile, ma la visita è stata solo rimandata. Verrà. Parola del Papa.
Non solo verrà nella 'terra dei fuochi' - terra irrorata dalle lacrime e dal sangue della povera gente costretta a subire le malefatte della camorra, degli industriali disonesti e di una politica tante volte assente o collusa -, ma ha indetto «un anno speciale per riflettere sull' Enciclica ». Francesco chiama a raccolta tutti gli uomini di buona volontà, perché, come ci ha ricordato quel 27 marzo in piazza San Pietro, «in questa barca ci siamo tutti». Nella Laudato si', senza giri di parole, il Papa ci ricorda che «se i cittadini non controllano il potere politico - nazionale, regionale, municipale - neppure è possibile un contrasto ai danni ambientali». Nessuna delega in bianco a nessuno, dunque, ma impegno di tutti e occhi bene aperti, perché tutti siamo responsabili della casa che ci è stata data in dono.
«L'ecologia umana - scrive Francesco - implica anche qualcosa di molto profondo: la necessaria relazione della vita dell' essere umano con la legge morale inscritta nella sua propria natura, relazione indispensabile per poter creare un ambiente più dignitoso. Affermava Benedetto XVI che esiste una 'ecologia dell' uomo' perché 'anche l' uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere' ». Ricominciamo da questa consapevolezza a riflettere e lavorare per un mondo diverso e più giusto. (Avvenire)
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