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Da Palmiro Togliatti a Beppe Grillo ecco la piazza e la statuta di San Francesco che le ha viste tutte

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

San Giovanni cambia colore (ma qual è il colore di Grillo?) e soprattutto cambia significato. Lo spazio è sempre quello, 42mila e 700 metri quadrati all'ombra della basilica. Ma mentre la sinistra dai tempi di Palmiro Togliatti in poi ha sempre celebrato qui l'unione tra popolo e politica, tra società e partiti, domani con Grillo questo luogo sarà quello dell'utopia del popolo contro le istituzioni e della delusione, più dolente che rabbiosa, verso la politica. Piazza San Giovanni sarà ancora lei, e però diversa. Niente Nanni Moretti che la riempì con il suo girotondo e invece Dario Fo insieme a Grillo: ossia un'opera buffa ma seriamente vogliosa di ribaltare tutto nel tempio della sacralità della politica tradizionale.


Quello in cui la sinistra è stata padrona di casa, poi si è affacciata negli ultimi anni la destra (con il «Meno male che Silvio c'è» al posto di «Bandiera rossa» nel 2006 e nel 2010) e adesso per la prima volta destra e sinistra, post-destra e post-sinistra, ex destra e ex sinistra, mescolate e ibridate e surclassate nel nome di Grillo e dentro il popolo di Grillo rendono San Giovanni la piazza in cui saltano le appartenenze e si interrompono le alternanze. Il Beppe che a San Giovanni vuole fare il sacco di Roma - ma Roma ne ha viste tante e le ha superate tutte, spesso sorridendo - già prevede che «saremo un milione». Berlusconi nel comizio anti-Prodi del 2006 sparò: «Due milioni». Ma i calcoli, in verità un po' stitici, dicono che in quella piazza non entrano più di 156.000 persone. E comunque un milione significherebbe dieci volte la folla che riempì San Giovanni per uno degli ultimi comizi di Togliatti nell'aprile del '63. Come arriverà Grillo nel luogo del «ribaltone»? Non a nuoto, come quando attraversò lo Stretto di Messina per andare ad espugnare la Sicilia.


Ma una sorta di bagno lo farà se, come è possibile, le cose andranno così. Dopo l'arrivo del leader 5 Stelle nella Capitale («Roma o Orte», diceva Mino Maccari prendendo in giro la marcia di Mussolini e il suo «O Roma o morte») una marcetta di Beppe a piedi potrebbe portarlo lungo i Fori Imperiali («A Beppu', facce Tarzan!», grido prevedibile) e superando il Colosseo fino all'ingresso trionfale nella piazza dello tsunami show. Chi non si scompone, quando vedrà arrivare il Beppe furioso, sarà certamente la statua di San Francesco, piazzata da sempre nel luogo di Giovanni, la quale è rimasta impassibile ai funerali di Togliatti ('64) e di Enrico Berlinguer ('84) nonostante avessero messo un fazzoletto rosso al collo del santo e in una manifestazione contro l'ultimo governo di centrosinistra il Poverello ha avuto modo perfino di accogliere le bandiere con la croce celtica e quelle con il simbolo della Decima Mas.


Un gruppo di ragazzi venuti dal Molise, con largo anticipo rispetto al super-evento, ieri stavano davanti alla basilica e accarezzando con gli occhi la conquista di Roma - che tra l'altro è il titolo di un libro di Matilde Serao sulle delusioni che dà la politica nell'Urbe per chi crede di poterla cambiare facilmente - dicevano: «Vogliamo sentirci popolo contro i signori del bla bla». I quali, presumibilmente manderanno degli osservatori occulti tra la massa dei grillini davanti alla basilica, dei timidi agit-prop, perchè nelle ultime ore va di moda nel Palazzo il tentativo di recupero dei lanciatissimi anti-politici di Beppe. Ma basterà occupare un luogo di sinistra per venire considerati, come da antica formula, «una costola della sinistra»? Questa piazza, dal Family Day al No-B-Day e al No-Monti-Day, ha insomma fatto la storia. Ospitando anche i bagni di folla durante la grande avanzata del Pci nel '76. Quando l'Anonimo Romano, ossia il papà di Giuliano Ferrara, dopo il successone elettorale vergò questi versetti: «Dio che vittoria! / E mò so' cacchi nostri». Anche Grillo, dopo piazza San Giovanni, la penserà così.(Il Messaggero)

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