Le visite dei pontefici
San Giovanni cambia colore (ma qual è il colore di Grillo?) e soprattutto cambia significato. Lo spazio è
sempre quello, 42mila e 700 metri quadrati all'ombra della basilica. Ma mentre la sinistra dai tempi di Palmiro Togliatti in poi ha sempre
celebrato qui l'unione tra popolo e politica, tra società e partiti, domani con Grillo questo luogo sarà quello
dell'utopia del popolo contro le istituzioni e della delusione, più dolente che rabbiosa, verso la politica. Piazza
San Giovanni sarà ancora lei, e però diversa. Niente Nanni Moretti che la riempì con il suo girotondo e invece
Dario Fo insieme a Grillo: ossia un'opera buffa ma seriamente vogliosa di ribaltare tutto nel tempio della
sacralità della politica tradizionale.
Quello in cui la sinistra è stata padrona di casa, poi si è affacciata negli
ultimi anni la destra (con il «Meno male che Silvio c'è» al posto di «Bandiera rossa» nel 2006 e nel 2010) e
adesso per la prima volta destra e sinistra, post-destra e post-sinistra, ex destra e ex sinistra, mescolate e
ibridate e surclassate nel nome di Grillo e dentro il popolo di Grillo rendono San Giovanni la piazza in cui
saltano le appartenenze e si interrompono le alternanze. Il Beppe che a San Giovanni vuole fare il sacco di
Roma - ma Roma ne ha viste tante e le ha superate tutte, spesso sorridendo - già prevede che «saremo un
milione». Berlusconi nel comizio anti-Prodi del 2006 sparò: «Due milioni». Ma i calcoli, in verità un po' stitici,
dicono che in quella piazza non entrano più di 156.000 persone. E comunque un milione significherebbe dieci
volte la folla che riempì San Giovanni per uno degli ultimi comizi di Togliatti nell'aprile del '63. Come arriverà
Grillo nel luogo del «ribaltone»? Non a nuoto, come quando attraversò lo Stretto di Messina per andare ad
espugnare la Sicilia.
Ma una sorta di bagno lo farà se, come è possibile, le cose andranno così. Dopo l'arrivo
del leader 5 Stelle nella Capitale («Roma o Orte», diceva Mino Maccari prendendo in giro la marcia di
Mussolini e il suo «O Roma o morte») una marcetta di Beppe a piedi potrebbe portarlo lungo i Fori Imperiali
(«A Beppu', facce Tarzan!», grido prevedibile) e superando il Colosseo fino all'ingresso trionfale nella piazza
dello tsunami show. Chi non si scompone, quando vedrà arrivare il Beppe furioso, sarà certamente la statua
di San Francesco, piazzata da sempre nel luogo di Giovanni, la quale è rimasta impassibile ai funerali di
Togliatti ('64) e di Enrico Berlinguer ('84) nonostante avessero messo un fazzoletto rosso al collo del santo e
in una manifestazione contro l'ultimo governo di centrosinistra il Poverello ha avuto modo perfino di
accogliere le bandiere con la croce celtica e quelle con il simbolo della Decima Mas.
Un gruppo di ragazzi
venuti dal Molise, con largo anticipo rispetto al super-evento, ieri stavano davanti alla basilica e accarezzando
con gli occhi la conquista di Roma - che tra l'altro è il titolo di un libro di Matilde Serao sulle delusioni che dà
la politica nell'Urbe per chi crede di poterla cambiare facilmente - dicevano: «Vogliamo sentirci popolo contro i
signori del bla bla». I quali, presumibilmente manderanno degli osservatori occulti tra la massa dei grillini
davanti alla basilica, dei timidi agit-prop, perchè nelle ultime ore va di moda nel Palazzo il tentativo di
recupero dei lanciatissimi anti-politici di Beppe. Ma basterà occupare un luogo di sinistra per venire
considerati, come da antica formula, «una costola della sinistra»? Questa piazza, dal Family Day al No-B-Day
e al No-Monti-Day, ha insomma fatto la storia. Ospitando anche i bagni di folla durante la grande avanzata
del Pci nel '76. Quando l'Anonimo Romano, ossia il papà di Giuliano Ferrara, dopo il successone elettorale
vergò questi versetti: «Dio che vittoria! / E mò so' cacchi nostri». Anche Grillo, dopo piazza San Giovanni, la
penserà così.(Il Messaggero)
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