Le visite dei pontefici
Il dialogo tra un anziano architetto e un giovane salesiano
Dinanzi a un supermercato si incontrano un anziano architetto napoletano e un giovane salesiano, padre Marcello.
Architetto: Buongiorno, Padre Marcello: come va?
Padre Marcello: Siamo sotto il cielo, architetto. Son qui per la spesa, con la parrocchia raccogliamo qualcosa
A. Sono molte le persone in difficoltà, nella sua comunità?
P. Purtroppo sì. Ma sono anche in tanti ad aiutare.
A. Mi dà una grande speranza, davvero.
P. È il Signore che ci dà la speranza.
A. Eh, io sono un laico indurito, non mi riesce di rivolgermi al Signore.
P. Non importa, è il Signore che si rivolge a lei.
A. Può darsi sia così, buon Padre.
P. È certamente così, per lei come per tutti. Dio è nella vita di ogni persona.
A. Già. Però, padre, Dio non so, ma la Chiesa? Il Papa, i preti: dove sono? Dove siete?
P. Ma che dice, architetto? La Chiesa è vicina a ogni uomo sofferente che gli è vicina. E si prodiga nell'assistenza ai malati, nel conforto ai bisognosi, nell'aiuto a chi è più povero.
A. Capisco, padre Marcello. Ma non parlavo di questo.
P. E di cosa? Le cito il Papa: «È giunto il momento di pensare a unaforma di retribuzione universale di base.() Un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano:nessun lavoratore senza diritti».
A. E da cosa dovrei capire che sono le parole di un Papa, di un'autorità spirituale e religiosa?
P. E di chi, sennò?
A. Lasci stare volevo dire: non sento una sola parola, da parte della Chiesa, che contraddica quel che ascolto dai leader politici, dal capo del governo, dai presidenti di regione.
P. E perché dovrebbe sentirla?
A. Ma insomma: a lei sta bene che non si possa dir messa?
P. Ah, capisco. Lei dice che dovremmo rifiutarci di seguire le disposizioni delle autorità, come quei fedeli disgraziati che si sono riuniti a Sala Consilina, nonostante le ordinanze regionali: s' è visto com' è finita
A. Sia più comprensivo, padre Comunque no, non dico quello. Non dico che si debba disobbedire. Dico solo che mi ha colpito la facilità con cui la Chiesa ha rinunciato a dir messa, ad amministrare i sacramenti, a celebrare i funerali.
P. Ma non ha rinunciato affatto! Diciamo messa tutti i giorni! Lo ha visto il Papa? Tutte le mattine, a Santa Marta, su Raiuno
A. L'ho visto: Raiuno, come no!
P. E allora? Guardi che fa grandi ascolti! E l'altro giorno: 4,2 milioni di spettatori per il rosario! Un record! E poi i fedeli si riuniscono online, dicono le preghiere in chat...
A. Padre, il popolo di Dio, la Chiesa è un'altra cosa, lei lo sa bene. Mi perdoni, glielo dico da laico mangiapreti, ma io avrei voluto sentire un vescovo domandare: scusate, ma perché i fedeli non possono confessarsi, in chiesa, uno per volta? Niente assembramenti, d'accordo. Ma a parte il fatto che le messe non sono più così affollate, un parroco che dica: nella mia parrocchia vengono quattro vecchine a dire il rosario, ciascuna in un banco diverso: che c'è di male? Che virus diffondono? un parroco così, come mai non l'ho sentito? Discutono se riaprire le librerie: perché le chiese no?
P. Le chiese sono aperte!
A. E allora quand'è che comparirà l'autocertificazione per andare in chiesa?
P. Architetto, voi laici non siete mai contenti. Io avevo capito che per voi la Chiesa non deve intromettersi, ora invece volete addirittura che contraddica le ordinanze della Regione e metta a rischio la salute pubblica! Chi lo sente, dopo, a De Luca?
A. Ma no, non è questo. È solo che mi ha colpito quanto poco la Chiesa mostri di preoccuparsi di quel che sta perdendo, di quanto si sta allontanando dalle fonti vive della sua missione. Vede cosa le leggo, l'ho visto ora: «La Chiesa, sotto un Papa che si chiama Francesco, ha dimenticato che Francesco abbracciava i lebbrosi». Lei cita il Papa e il reddito universale, io le cito un filosofo laico, che però nomina Francesco che abbraccia i lebbrosi.
P. Ma che discorsi sono! Lei sa quanti preti sono morti di coronavirus? Lei così manca di rispetto a tutti loro! E poi, scusi, non l'ho detto io, l'ha detto un vescovo in tv: se Gesù venisse oggi, certo non disdegnerebbe la Rete...
A. Ma che scemenze! E perché allora non ha mai preso carta e penna? Ma figuriamoci! E comunque io non voglio disdegnare proprio nulla!
P. Va bene, ma abbia pazienza: ha visto le immagini del Papa sul sagrato della Basilica di San Pietro? Hanno fatto il giro del mondo! E la Via Crucis? La Chiesa non è mica scomparsa! Lei parla come se la Chiesa avesse rinunciato a predicare, a pregare, a celebrare messa: ma non è così!
A. «Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Mi perdoni, allora, l'irriverenza, Padre, ma Il Figlio dell'uomo, alla sua venuta, i fedeli li cercherà online? È lì che troverà la fede? E mi perdoni, non si tratta dell'immagine televisiva del Papa, casomai del fatto che in quelle immagini non si coglie alcun segno di contraddizione rispetto alle vie del mondo. È vuota piazza San Pietro, ma è deserta pure l'autostrada del Sole: non fa impressione lo stesso? A me non sembra che il Papa abbia riempito quel silenzio, e neppure che l'abbia squarciato con il grido dell'ora nona: «Dio mio, Dio mio, perché ci hai abbandonato?». In cosa consiste allora la testimonianza della Chiesa? Nel dire ai fedeli rispettate il dcpm? C'è bisogno dei vescovi, per questo?
P. Guardi, architetto, non c'è alcuna ragionevolezza in quel che dice...
A. E in quel che dice lei forse ce n'è troppa.
P. Allora mi stia a sentire. Lei forse immagina ancora una Chiesa arcigna, ieratica, antimoderna, tutta fondata sul principio di autorità, che sfida il potere temporale e usa il crocifisso come una clava. Una Chiesa preconciliare, più sacra che santa, più divina che umana, ma quella Chiesa non c'è più da un pezzo. Forse a lei, che è un laico, farebbe persino comodo: dire che la chiesa è ancora nel medioevo, che parla di castighi divini, che spera ancora nei miracoli... Io invece ascolto gli scienziati proprio come lei, spero nel vaccino come lei, e come lei rispetto il distanziamento sociale. Ma per stare vicino ai miei fedeli uso la chat e mi incontro con loro sulle piattaforme online. Stia tranquillo, caro architetto: è quello che ci chiedono i fedeli.
A. Lei mi rassicura, padre Marcello. Lei però mi sta dicendo che la Chiesa non ha bisogno di marcare una differenza rispetto al mondo. Ma dai cattolici io ho appreso che, per loro, Cristo è presente realmente nell'ostia consacrata. Realmente. Ero convinto cioè che Santa Romana Chiesa, coi suoi sacramenti, non potesse esistere senza questa presenza reale, tangibile, efficace. E in questi giorni non ho potuto non domandarmi cosa ne fosse di questa presenza. Vede, i filosofi lavorano su questa idea della presenza da sempre, e ci sono quelli che dicono che non è importante, e quelli che dicono che è importantissima e anzi fondamentale, e che non può essere in alcun modo surrogata. Ero convinto che il cristianesimo non fosse un'insipida filosofia idealistica proprio per l'ostinazione con cui afferma la presenza reale di Dio: nel mondo, nella storia, nell'eucarestia.
P. Ma la Chiesa è da sempre presente, e proprio per questo attenta alla comunicazione: è parte della sua missione. Le leggo questo: «Per la natura e le esigenze dell'atto sacramentale non è possibile equiparare la partecipazione diretta e reale a quella mediata e virtuale, attraverso gli strumenti della comunicazione sociale». Vede? La differenza è tracciata.
A. È da vedere però se sarà mantenuta, e come. Non si meravigli, ho visto anch' io il documento della Cei che mi cita, e leggo: «Risulta fuorviante trasmettere celebrazioni sacramentali in differita o in modo ripetitivo attraverso i media». Niente differita: forse intravedono un pericolo... Walter Benjamin, un secolo fa, scrisse un saggio sull'opera d'arte nell'epoca della riproducibilità tecnica, per spiegare come sarebbe stata rivoluzionata non solo la fruizione estetica ma anche la natura stessa dell'opera d'arte, per via delle nuove tecniche di comunicazione. Cosa accadrà adesso, con la riproducibilità tecnica della messa, e la sempre maggiore distanza dall'evento reale? C'è una pandemia, non si può dir messa, non si può prendere la comunione né dare l'estrema unzione...
P. Ma si può!
A. A distanza? Mah. E che vuol dire che non si riprendono le messe per la tv, ma si celebrano vere e proprie «videomesse»? Significa che la messa diviene un'altra cosa? Questo non la fa riflettere?
P. Certo, fa riflettere: ma la Chiesa non è mica immutabile! Se non avesse saputo cambiare, nel tempo, non sarebbe qui.
A. Ammiro la sua fiducia. Però mi lasci dire: sta accadendo di tutto, e non c'è un vescovo che si preoccupi per questa improvvisa sparizione dei segni tangibili della fede. Forse pensano che presto tutto finirà, che bisogna solo avere pazienza. Ma non finirà. Lo ha detto lei, prima, già ieri le chiese non erano affollate: domani torneranno ad affollarsi di nuovo? Questo tipo di presenza non interessa più neanche alla Chiesa? Non sappiamo se e quando torneremo al cinema, lei pensa che torneremo in chiesa?
P. Io penso che la Provvidenza vede e provvede: in questo ripongo la mia fiducia. E nella Chiesa, che nella sua storia ne ha viste tante e ha sempre saputo trovare il modo di riempire il mondo con la sua presenza: con le statue, con gli affreschi, la preghiera...
A. E ora con la sua potenza mediale. In fondo ha ragione...
P. Non lo dica come se fosse un difetto, però! E poi, se trova che stavolta l'atteggiamento della Chiesa è troppo remissivo, non può che rallegrarsene, da laico qual è.
A. Ha ragione anche su questo.
P. E allora! Stia tranquillo, architetto. Vedrà: lei stesso mi verrà a trovare in chiesa, quando la quarantena sarà finita!
A. Eh, padre: la penserò di sicuro, ma non verrò fisicamente: tanto lei mi dice che va bene uguale. Ma ecco: è il mio turno. Mi scusi se l'ho importunata con questi discorsi da vecchio.
P. Si figuri, è stato un piacere. Arrivederci!
A. Arrivederci.
(Il Mattino)
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