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Card. Zuppi: La pandemia, lezione d'umiltà

Vito Salinaro Auxilium
Pubblicato il 28-07-2020

Festa di Avvenire a Maratea

L'intervento del cardinale Zuppi sulla ripartenza: da questa tragedia può nascere una nuova Europa Sabato durante la Festa di Avvenire a Maratea colloquio a tre voci con il vescovo Orofino e Tarquinio

«La pandemia è una grande lezione di storia che ci riporta nella vita vera, che spegne illusioni, che ci fa capire cosa siamo e che sgonfia una certa deformazione da benessere capace di farci credere intoccabili. È una 'lezione' ma anche una 'umiliazione'; nel senso che ci insegna a recuperare umiltà.

La fede, la cultura, la conoscenza della storia sono gli elementi che ci consentiranno di non tornare a essere disumani, cioè a considerarci per quello che non siamo». Le emergenze, anche le più drammatiche, possono dunque offrire «percorsi di riscatto»; ne è convinto il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, ospite, sabato scorso a Maratea (Potenza), della quarta Festa di Avvenire in Basilicata, promossa in collaborazione con la Conferenza episcopale lucana e l'Associazione Giovane Europa, e con il sostegno della Cooperativa sociale Auxilium e della Banca di credito cooperativo di Alberobello e Sammichele di Bari.

Il porporato - che poco prima di salire sul palco della suggestiva cittadina sul Tirreno ha voluto conoscere le fragilità degli ospiti di una Rsa, sostando con loro per un momento di condivisione -, ha dialogato con il vescovo di Tursi-Lagonegro, Vincenzo Orofino, e con il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio sulla ripartenza della Chiesa italiana e del Paese dopo l' emergenza sanitaria.

«Siamo sulla stessa barca - ha osservato Zuppi -. Non ci sono scorciatoie». I problemi che abbiamo davanti interrogano prima di tutto la cultura con cui si vuole affrontarli. «Una delle conseguenze che dovrebbe nascere dalla pandemia - ha aggiunto il cardinale - è la riappropriazione della cultura 'vera', cioè quella che fa capire, vedere, interpretare il mondo, la storia, i fatti. Se questa capacità manca, allora si arriva agli slogan e alla tentazione delle soluzioni 'di pancia', quelle facili. Che non esistono». Da qui il ruolo fondamentale di un' informazione seria, che aiuti a «discernere tenendo gli occhi sul mondo e sulle tante pandemie che lo attraversano.

Avvenire - ha affermato l' arcivescovo di Bologna - è un giornale dove si trova il mondo e si prova a ragionare anche su temi scottanti sui quali qualche volta è più facile dare una risposta confezionata che cercarla ». E questo in un contesto mediatico in cui «c' è chi gonfia o nasconde le notizie».

La fede non è esclusa dall'impegno di 'leggere' questo momento perché quando «essa permea i fatti della storia - ha detto Orofino - diventa cultura. Ecco il ruolo di Avvenire: portare nel mondo la cultura che scaturisce dalla fede, o, meglio ancora, la fede che diventa cultura, cioè criterio di giudizio, modo di guardare e stare nella realtà». È questo criterio che «ci aiuta a capire come la pandemia abbia sconfessato l' uomo che ha pensato di essere padrone di se stesso e del mondo».

Ora serve «una rivoluzione culturale - ha dichiarato Orofino -, un riposizionamento culturale dell' umanità. E la Chiesa ha un compito importante perché deve riprendersi un protagonismo e una presenza, dopo la scarsa rilevanza sociale registrata nel corso della pandemia». Evento, quest' ultimo, «naturalissimo - ha spiegato Tarquinio -, e che ci ha detto che non siamo padroni della vita e della morte, non siamo noi a governarli.

Quante volte ci hanno raccontato che i respiratori erano le macchine crudeli che ti tenevano in vita contro la tua volontà e quei 'crudeli' dei cattolici erano quelli che sostenevano che dovevano essercene a sufficienza? Oggi ci siamo resi conto che quelle macchine non sono strumenti crudeli ma presìdi della libertà della gente ad essere viva e ad essere curata come si conviene quando ce n' è bisogno». Aver smantellato «dei servizi sanitari ha danneggiato il Paese: se manca una sanità diffusa sul territorio e all' altezza siamo tutti più fragili. E bisognosi di solidarietà».

Avvenire, ha continuato il direttore, «cerca nelle pieghe della cronaca difficile di questo tempo quelli che dimostrano che c' è ancora un antidoto ai mali, che c' è un vaccino persino al male di vivere che ti porta a pensare che l' unica libertà che puoi avere è quella di decidere quando morire. Ecco perché occorre ricostruire un alfabeto condiviso dell' umano».

Il futuro? «Si costruisce - ha evidenziato Zuppi a conclusione del dibattito moderato dal vaticanista di Avvenire Gianni Cardinale - vincendo i tre 'nemici' indicati da papa Francesco: pessimismo, vittimismo e narcisismo. E vigilando sulla corruzione, che sembra arrivi in automatico dove ci sono i soldi. Ma ci sono anche tanti motivi di speranza per ricominciare ». Del resto, «se l' Europa è nata dai disastri di una guerra, forse una nuova Europa potrà rinascere dai disastri di una pandemia». (Avvenire)

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