Le visite dei pontefici
L’esempio dei frati può probabilmente servire per ricostruire
«E ciascuno ami e nutra il suo fratello, come la madre ama e nutre il proprio figlio, in tutte quelle cose in cui Dio gli darà grazia» (Rnb IX,11).
Cosi scriveva San Francesco ai suoi frati, prescrivendo il tipo di cura da dedicare al prossimo, a cominciare dai frati infermi o più in là con gli anni.
Il Covid-19, lo sappiamo, ha seminato la morte nelle strutture socio-sanitarie residenziali destinate ad anziani e disabili. Rsa e case di riposo sono così diventate in breve luoghi di devastazione. Il Paese ha scoperto le criticità di un sistema privato a cui è stata delegata l’accoglienza e la cura delle fasce più deboli e fragili della popolazione. Luoghi che, purtroppo, non sempre si sono rivelati idonei al compito a cui erano chiamati: la tutela della dignità e della salute delle persone che erano state loro affidate.
I mesi che verranno lasceranno riaffiorare volti e storie disciolti nella fredda conta dei bollettini quotidiani di questi mesi terribili. Anche la giustizia farà il suo corso, dando seguito alle indagini avviate da diverse procure, sulla base delle anomalie riscontrate nella gestione dell’emergenza sanitaria. Nel tempo che verrà, tuttavia, sarà anche necessario ripensare il modello di assistenza per la terza età, considerata l’anzianità della popolazione italiana. Un’indicazione, in tal senso, può venirci dal comportamento tenuto da quanti hanno scelto di seguire Gesù alla maniera di San Francesco.
Secondo le raccomandazioni del Poverello di Assisi, infatti, alcuni conventi ospitano un’infermeria, destinata all’accoglienza e alla cura dei frati più fragili e vulnerabili. I frati più giovani si prendono cura dei confratelli anziani o affetti da qualche patologia, come farebbe una madre con il proprio figlio e, allo stesso tempo, si nutrono della saggezza di chi li ha preceduti nel servizio. E dove la cura fraterna non può arrivare, interviene la competenza di un infermiere specializzato.
Un frate, del resto, quando decide di indossare l’abito, abbandona la propria famiglia di origine, per entrare nella famiglia in cui Cristo lo ha chiamato a servirlo più da vicino. Così la famiglia francescana si prende cura del fratello, del “figlio”, come farebbe una vera famiglia, fedele all’insegnamento di Francesco: «E ovunque sono e si troveranno i frati, si mostrino familiari tra loro. E ciascuno manifesti con fiducia all’altro le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, con quanto più affetto uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale? E se uno di essi cadrà malato, gli altri lo dovranno servire come vorrebbero essere serviti» (Rb VI, 6).
L’esempio dei frati può probabilmente servire per ricostruire un sistema di assistenza per le persone più fragili. Elaborare un modello più a misura d’uomo, riflettendo sul fatto che la stagione canuta è un destino comune e privilegiare, dove possibile, l’accoglienza in famiglia. In questo modo i nipoti imparerebbero l’arte della vita dei loro nonni e questi si gioverebbero della vicinanza dei propri affetti. E questa sarebbe di sicuro la cura più efficace per gli acciacchi dovuti al peso degli anni. Il risultato potrebbe essere quello di riscoprirci più uniti, più famiglia, più cristiani. In una parola, più umani.
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