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La Chisa, come corpo di Cristo

Augusto Drago
Pubblicato il 30-11--0001



Era molto importante per i Corinti avere un'esatta conoscenza del mistero di Cristo e della Chiesa: essi infatti, appartenendo alla cultura greca del tempo, in fase di disfacimento rispetto a quella classica, avevano una mentalità estremamente individualistica incapace di intendere le relazioni sociali in chiave di comunione o di comunitarietà. Per questo motivo Paolo, nel presentare ai Corinti il mistero della Chiesa, utilizza un'immagine estremamente usata ai suoi tempi, presa a prestito dalla fi losofi a stoica.
È celebre, a riguardo, l'apologo di Menenio Agrippa, console di Roma nel 503 a.C. il quale fu mediatore nella grande lotta fra patrizi e plebei che minacciava l'unità dello Stato. Ai plebei divenuti secessionisti sull'Aventino, Menenio, abile nel saper trattare, raccontò il seguente apologo: “Una volta le membra umane, considerando il ventre ozioso, litigarono con esso e si misero d'accordo affinché le mani non portassero cibo alla bocca, e la bocca non lo prendesse e i denti non lo afferrassero. Gli stessi arti cominciarono ad indebolirsi.
Infatti il ventre non è pigro, ma prende il cibo per poi distribuirlo a tutte le membra del corpo. Così tutti i senatori e il popolo quasi fossero un solo corpo, sono rafforzati nella concordia e periscono nella discordia”. Un apologo effi cace! Paolo riprende l'immagine e se ne serve, sul piano teologico, per dipingere in maniera plastica il mistero della Chiesa: “Come il corpo, pur essendo uno, ha molte membra, e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo [...]. Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte”. L'apostolo ritornerà spesso su questa metafora per illustrare l'unione di Cristo con la Chiesa e di questa con Cristo (cf. Rom 12,4-5; Ef 1,22-23; 5,23; Col 1,18-24).
La Chiesa è dunque prima di tutto Corpo di Cristo. L'apostolo deve averlo intuito già fi n dall'incontro con Cristo sulla via di Damasco. Allora Gesù gli aveva detto: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? [...] Io sono Colui che tu perseguiti” (Atti 9,5; 22,6; 26,15). In realtà Paolo stava mettendo in atto una feroce persecuzione non contro Gesù, ma contro coloro che, avendo creduto nella Signoria del Risorto, erano divenuti ecclesìa, Chiesa. Paolo perseguitava la Chiesa, eppure Gesù gli aveva detto: “perché mi perseguiti?”.
Già da allora l'apostolo aveva compreso l'inseparabile unità tra Cristo e il corpo della Chiesa. Da questa chiara visione di Chiesa Paolo trae alcune conseguenze importanti: • ogni cristiano può e deve fare la sua parte in perfetta armonia con gli altri. L'essere Chiesa non supporta battitori liberi;
• su questo concetto si basa la celebrazione dell'Eucaristia (1Cor 10,16-17), mediante la quale i cristiani entrano in comunione con il Signore e costituiscono con Lui un solo corpo;
• come uno solo è il pane spezzato così i cristiani a loro volta sono plasmati nell'unico corpo di Cristo e sono messi nella condizione di vivere nel e del suo amore;
• la Chiesa, unione dei cristiani con Cristo attraverso l'Eucaristia, è chiamata ad essere segno dell'unità di tutti i popoli e della creazione stessa, dentro una visione cosmica che Paolo svilupperà in Rom 8, 19-27.
Risulta quindi, volendo esplicitare fi no in fondo il pensiero di Paolo, che chi pensa secondo il famoso detto Cristo sì, Chiesa no, non ha capito nulla né di Cristo, né tanto meno del mistero della Chiesa e dell'Eucaristia, la quale non è un momento celebrativo, ma memoriale di ciò che siamo e di ciò che saremo: Chiesa vivente in eterno riunita nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

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