approfondimenti_francescani

L'autoritratto di Dono Doni (pittore assisano, ca. 1500-1575)

Luigi Marioli
Pubblicato il 30-11--0001



Sul versante settentrionale della Basilica Inferiore di San Francesco in Assisi, negli spazi di risulta tra pilone e pilone, si snoda la serie ininterrotta delle cappelle di vario giuspatronato, addossate alla “sepulchralis Ecclesia” tra la fi ne del XIII secolo e gli inizi del secolo successivo. All'inizio della navata, a destra, si apre il valico di accesso alla cappella di Santo Stefano, in origine dedicata San Ludovico d'Angiò, O. Min. La decorazione della suddetta Cappella, destinata ad illustrare la vita e il martirio del diacono proto- martire, fu affi data dall'omonima Confraternita assisiate al magistero artistico di Dono Doni, che avviò i lavori tra il 1573 e il 1574, senza peraltro poterli condurre a termine. Il pittore assisiate moriva infatti il 17 giugno 1575 per essere poi tumulato nella tomba di famiglia nel remoto Chiostrino dei Morti, attiguo alla Basilica francescana. La decorazione della Cappella è pertanto l'ultima fatica, incompiuta, del pittore assisano, ormai ultrasettantenne, nell'ambito del diramato circuito della Basilica. Una sorta, insomma, di tacito commiato. In precedenza il Pittore aveva affrescato un Calvario (ca. 1549) di vasto impianto nel Refettorio grande del Sacro Convento, andato poi sconsideratamente distrutto nelle operazioni di rimpello settecentesco. Aveva realizzato anche un'Ultima Cena, commissionatagli nel 1573 dal p. M° Gregorio Penna, OFMConv, per il cosiddetto Refettorio piccolo. Nel 1564 aveva iniziato il ciclo delle Storie di San Francesco e di Santa Chiara, a monocromo, nel doppio loggiato del Chiostro di Sisto IV, dove aveva ripreso la tradizione popolare del Collis Inferni, con tanto di forche in bellavista; e dove aveva esemplato il racconto del Lupo di Gubbio, volgarizzato nel XXI capitolo dei Fioretti, divenendo così l'indiscusso “responsabile dei rinnovati programmi decorativi realizzati nella Basilica di San Francesco dopo l'indimenticabile epopea trecentesca”. (E. Lunghi) Il ciclo delle Storie di Santo Stefano costituisce, in breve, l'esito fi nale del pittore assisano, intento a rendere “più aulico e solenne quel michelangiolismo di derivazione vasariana cui è improntata la sua ultima attività, accordandolo con la tradizione rinascimentale umbra, ben assimilata negli anni giovanili accanto allo Spagna. Dono si pone così sulla linea con quelle tendenze arcaicizzanti che, sulla spinta tridentina, stavano prendendo sempre più piede e forma e che un successo particolare riscuotevano proprio in ambito francescano”. (P. Mercurelli Salari) Alla luce di queste rapide annotazioni, acquista allora un senso altamente patetico l'autoritratto parlante che Dono Doni ha voluto lasciare ai posteri nella parete est della suddetta Cappella, lì dove si narra appunto la Disputa di Santo Stefano con i dottori della sinagoga. In quella scena affollatissima, dove tutti i fi guranti sembrano pendere dall'ispirata dialettica del santo diacono, girando perfi no le spalle agli osservatori, appare all'improvviso – sul limitare della scena, a destra – l'espressivo ritratto del Pittore, identifi cabile senza ombra di dubbio per essere l'unico personaggio rivolto decisamente verso il pubblico. Il pittore, in posa stante ed in abito da gala color cenerino, indossa il tòcco a tagli e sbuffi , ad indicare lo stato sociale di appartenenza. Fiutando ormai il vento della morte, il pittore è in atto di accommiatarsi, con signorile maniera, dal suo pubblico, mentre cambia rapidamente per lui, inventore di scene, la fugace scena di questo mondo.

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA