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Il Castello di Coccorano. Un rifugio per il Poverello aggredito e malmenato dai briganti

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Tra boschi, strade non battute e colline che fanno da cornice al sentiero che da Gubbio conduce ad Assisi, si offre alla vista del pellegrino il Castello di Coccorano, l’origine del nome non si conosce.

Il castello risalirebbe agli inizi del feudalesimo in Italia, al tempo delle calate degli imperatori germanici. Fa fede dell’antichità del castello il testo di una iscrizione posta a fianco dell’altare maggiore dell’attuale Chiesa di Coccorano.

La fondazione del castello risale da un tale Ranaldo, capostipite di una antichissima FamigliaEugubina che partecipò alle crociate sotto le insegne di Goffredo di Buglione.

Essendo una fortificazione risalente all’XI secolo, e quindi sicuramente anche Francesco nel suo cammino avrà visto il castello, da cui è possibile ammirare una ampia porzione della valle del Chiascio, il castello infatti sorge su un’altura che scopre e domina un ampio tratto della pianura sottostante, aperta verso nord fino alle colline di Biscina.

Il signore del castello, Iacopo Bigazzini, divenne uno dei discepoli del Santo.

Le cronache dei biografi di san Francesco, raccontano di un episodio in cui viene aggredito, insultato e gettato nella neve da alcuni briganti. Una delle prime versioni del fatto fa coincidere il luogo nei pressi del castello di Coccorano, che può mostrarsi al frate come un rifugio tranquillo dopo essere stato malmenato e gettato in una fossa piena di neve, particolare che rafforza l’idea del viaggio intrapreso in inverno.

Lo stato attuale di rudere nel quale il complesso versa, non impedisce di intuirne la struttura originaria di fortilizio a corte quasi schiacciato dalla mole della torre.

Dalle Fonti Francescane:

(…) Ad un tratto, alcuni manigoldi si precipitano su di lui, domandandogli brutalmente chi sia. L'uomo di Dio risponde impavido e sicuro: «Sono l'araldo del gran Re; vi interessa questo?». Quelli lo percuotono e lo gettano in una fossa piena di neve, dicendo: «Stattene lì, zotico araldo di Dio!». Ma egli, guardandosi attorno e scossasi di dosso la neve, appena i briganti sono spariti balza fuori dalla fossa e, tutto giulivo, riprende a cantare a gran voce, riempiendo il bosco con le lodi al Creatore di tutte le cose.

Anna Rita Vagnarelli

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