Nel nome delle donne

di Silvia Ceccarelli

Saranno state le letture dei romanzi cavallereschi e delle rime amorose dei primi poeti italiani (sempre tesi a celebrare le qualità morali e fisiche delle donne gentili) ad aver suscitato in san Francesco sentimenti di interesse e di ammirazione verso il mondo femminile, ritratto spesso sotto forma di figure allegoriche volte a personificare ideali e pregi tipicamente femminili – si pensi a Madonna Povertà, il cui manto avvolgerà fino all’ultimo respiro il piccolo Santo. Prim’ancora Francesco colse l’identità femminile in donne realmente esistite (come Maria, Chiara d’Assisi, Jacopa de’ Sette Soli), e subito dopo nell’essenza delle cose, nella tenerezza dei gesti, nell’attenzione e nella cura del prossimo riposte per ingenita disposizione nell’animo delle donne. Perché la donna è anzitutto madre: il Signore le ha fatto dono di un corpo, nel quale sono racchiusi i misteri carnali e divini dell’amore, e di una pura coscienza, da cui scaturiscono quei principi che sono alla base di qualsiasi azione meritevole, per mezzo dei quali ella si presta in modo del tutto naturale a nutrire e a proteggere i suoi figli anche laddove questi non siano frutto del suo grembo ma del suo cuore. Il tema della maternità, che affiora costantemente nella vita e negli scritti di Francesco, si traduce in termini di fraternitas e di reciproca accoglienza tra i frati dell’Ordine di cui egli fu fondatore. Francesco visse seguendo l’archetipo di una maternità spirituale, amando e servendo gli uomini come una madre è solita fare con i propri figli. In questa prospettiva, egli s’è fatto portavoce di una cultura meramente femminile che già all’epoca in cui visse l’assisiate andava acquisendo la consapevolezza di volersi appropriare, non soltanto in ambito religioso, ma anche letterario, di uno spazio ben definito dove poter liberare i propri pensieri e le personali inclinazioni. Se è vero che le donne abbiano rappresentato, ab origine, il sesso debole, relegato a ruoli secondari e talora lesivi della dignità femminile, si può sostenere con la medesima convinzione che san Francesco, calatosi spontaneamente nelle vesti di donna, abbia inteso riscattare il valore e l’onore della classe femminile alla luce di una profonda e radicale verità evangelica. Nel Vangelo non v’è infatti alcuna traccia di disparità tra il genere maschile e quello femminile: entrambi sono concepiti in maniera paritaria, dacché il Signore ha voluto estendere il suo messaggio all’intera umanità rigettando qualsiasi distinzione di sesso che segnasse la presumibile inferiorità dell’uno rispetto all’altro. Spetta dunque alle donne, testimoni e spettatrici talora impassibili di eventi ineluttabili che ne segnano tragicamente il destino, di custodire e preservare l’amore, il senso della vita, gli ideali di pace e di giustizia, in quanto ciascuna di esse è presente nei passaggi cruciali dell’esistenza umana: dall’istante in cui ha origine una nuova vita, alla morte, cioè nell’ultima fase che precede la dipartita di un’anima il cui dolore acre e silenzioso trova come unica consolazione il volto sereno e rassicurante di una donna. Riconoscere il valore delle donne significa accogliere la parola di Dio, il quale invita a preservarne la natura da ogni forma di violenza che ne vìoli i diritti umani e la libertà.