Leggere il Testamento di frate Francesco (10)

di Grado Giovanni Merlo

Dopo aver dichiarato la piena sottomissione ai "ministri" della sua fraternità e il suo impegno costante nella preghiera, nonostante le proprie condizioni di salute non certo soddisfacenti, nel Testamento frate Francesco invita gli altri fratelli/frati a seguire il suo esempio di obbedienza e di rispetto della recita dell'ufficio. Seguono alcune indicazioni che suscitano, a prima vista, una sorpresa perplessità: "E coloro che siano trovati a non fare l'ufficio secondo la regola e vogliano in altro modo variarlo o non siano cattolici, tutti i fratelli, dovunque sono, per obbedienza siano tenuti a consegnare qualcuno di questi, dovunque l'abbiano trovato, al custode più vicino al luogo dove l'hanno trovato. E il custode fermamente sia tenuto per obbedienza a custodirlo strettamente giorno e notte come uomo in vincoli, così che non possa sottrarsi alla sue mani, finché personalmente lo avrà consegnato nella mani del suo ministro. E il ministro fermamente sia tenuto per obbedienza ad affidarlo a fratelli tali che lo custodiscano giorno e notte come uomo in vincoli, finché le presentino davanti al signore Ostiense che è il signore protettore e correttore di tutta la fraternità".

Frate Francesco, dunque, è assai preoccupato che qualche fratello/frate rompa la disciplina che regola uniformemente l'esercizio della preghiera fraternale oppure che concerne il rispetto dei caratteri e limiti della tradizione ecclesiologica, sacramentale e teologica definita come "cattolica", trasmessa e garantita - occorre aggiungere - dalla Chiesa romana. Non è caso che molti studiosi abbiano tradotto l'espressione latina "non catholici" con la parola italiana "eretici". Può darsi che essi abbiano ragione. Tuttavia frate Francesco utilizza "non catholici", e non "haeretici". In ogni caso, egli è assai preoccupato per possibili "devianze" liturgiche, ecclesiologiche, sacramentali e teologiche dei propri fratelli/frati: tanto da prevedere per i "devianti" una procedura repressiva che stupisce per la sua durezza e inflessibilità.

Il "deviante" deve essere subito isolato dagli altri fratelli/frati e custodito con fermezza, dal primo momento sino alla consegna al cardinale "protettore" Ugolino d'Ostia, al quale soltanto spettano il giudizio e l'intervento repressivo. L'evidente preoccupazione è che i fratelli/frati difendano, con prontezza e con rigore, la fraternità dai "devianti", senza però intervenire in prima persona in qualità di giudici degli altri fratelli/frati, né esercitare alcuna forma di punizione. Chi ha tale autorità, è prelato esterno alla fraternità. La domanda che si impone è la seguente: a quale logica si ispira la soluzione repressiva avanzata nel Testamento?