Le cose che si desiderano

di Silvia Ceccarelli

La parola latina desiderata vuole dire “le cose che si desiderano”: per questo, non sarà forse un caso che il frammento dal titolo Desiderata datato erroneamente al 1692 e ritrovato nella Chiesa di San Paolo a Baltimora, probabilmente non per volere dell’autore – identificabile con un filosofo di fine Ottocento –, ma di un paesano che ne fece custodire il “corpo” nel suddetto luogo, sia stato composto con il desiderio di esortare – sotto forma di prosa poetica, ovverosia di preghiera – tutti gli uomini affinché stessero in pace con se stessi e con Dio. Ce ne sarà grato San Francesco, dall’altra parte del Cielo, per aver citato nei nostri luoghi di carta una buona porzione del sopradetto componimento (tradotto dall’inglese all’italiano), che richiama in controluce gli ideali di amore e di giustizia ch’egli andava predicando ai suoi tempi: «Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta, e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio. Finché è possibile senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con tutte le persone. Dì la verità con calma e chiarezza; e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti; anche loro hanno una storia da raccontare. Evita le persone volgari e aggressive; esse opprimono lo spirito […] Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti. Conserva l’interesse per il tuo lavoro, per quanto umile; è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo. Sii prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò non accechi la tua capacità di distinguere la virtù; molte persone lottano per grandi ideali, e dovunque la vita è piena di eroismo. Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti, e neppure sii cinico riguardo all’amore; poiché a dispetto di tutte le aridità e disillusioni esso è perenne come l’erba […] Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l’improvvisa sfortuna, ma non tormentarti con l’immaginazione. Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine. Al di là di una disciplina morale, sii tranquillo con te stesso. Tu sei un figlio dell’universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai il diritto di essere qui. E che ti sia chiaro o no, non vi è dubbio che l’universo ti stia schiudendo come si dovrebbe. Perciò sii in pace con Dio, comunque tu lo concepisca, e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni, conserva la pace con la tua anima pur nella rumorosa confusione della vita. Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti, è ancora un mondo stupendo. Fai attenzione. Cerca di essere felice». San Francesco fu il primo a sostenere che l’uomo veramente pacifico è colui che fra le avversità della vita conserva la pace nell’anima. Chi è in pace con se stesso e con gli altri non manca di nulla, giacché percorre una via sulla quale fioriscono il bene e la bellezza, le cui forme si rivelano in concreto nell’interesse per il proprio lavoro, nella lotta contro qualsiasi dubbio o tranello, nell’amore che nasce e si rinnova come l’erba fresca ogni volta che si dice la verità, ogni volta che s’è disposti a prestare ascolto a chiunque abbia bisogno di essere accolto e compreso, ogni volta che s’è pronti ad allontanare da questa fragile esistenza tutte le radici del male che opprimono lo spirito reprimendone la gioia di vivere in questo universo. Talora perso. Eppure così terso.