religione

LA TOMBA DI SAN FRANCESCO STRAORDINARIAMENTE APERTA FINO MEZZANOTTE PER LA CANONIZZAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II E GIOVANNI XXIIIINTENSA PARTECIPAZIONE ALLA VEGLIA NOTTURNA

Felice Accrocca
Pubblicato il 30-11--0001

L'interesse dei media per Assisi, la città che col suo Santo ha segnato i pontificati dei due papiArrivati oltre 400 bus al giorno, nel Giubileo furono 200

Migliaia di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo sono giunti negli ultimi giorni ad Assisi, tappa sulla strada per Roma, oggi assisteranno alla messa di canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II. E' un afflusso ininterrotto di donne e uomini, che si sono sottoposti a file lunghissime per arrivare con auto e pullman ad Assisi e per entrare nella Basilica di San Francesco.

''Ad Assisi la vigilia, a Roma la festa'', ha commentato il direttore della Sala stampa del Sacro convento, padre Enzo Fortunato, secondo il quale ''la presenza di pellegrini ad Assisi negli ultimi tre giorni e' stata di gran lunga superiore ai giorni del Giubileo e alle visite dei Papi nella città di San Francesco. I pellegrini hanno capito bene e voluto sottolineare il forte legame di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II con San Francesco e con Papa Francesco, giunto qui il 4 ottobre scorso, festa del Patrono d'Italia''.

In tre giorni - questi i dati forniti dal comando dei vigili urbani alla comunità francescana del Sacro convento - sono giunti ad Assisi 1.200 autobus, 400 al giorno, per Giubileo si arrivò a 200: il 70% sono provenienti dalla Polonia, il 20% da ogni parte d'Italia, il 10 da altre nazioni europee. A questi numeri vanno aggiunte le centinaia di auto che hanno riempito tutti i parcheggi di Assisi.

Nella Basilica di San Francesco i pellegrini hanno potuto assistere a funzioni religiose - che si sono succedute senza soluzione di continuità - confessarsi e raccogliersi in preghiera davanti alla tomba di San Francesco.
''Proprio per rispondere a questo inaspettato afflusso di pellegrini la Basilica inferiore - che permette l'accesso alla cripta che ospita la tomba di San Francesco - è rimasta aperta in via eccezionale - ha annunciato padre Fortunato - fino alla mezzanotte di oggi per la veglia di preghiera. Oggi alle 17 la solenne celebrazione di ringraziamento presieduta dal Custode''.




DA OTTO SECOLI SAN FRANCESCO AFFASCINA E GUIDA L'ITALIA FRANCESCANA Sono otto secoli che il Santo di Assisi ha dato inizio alla sua avventura e da otto secoli egli imprime, in modo marcato, la sua impronta sulla nostra terra, fin quasi a consentirci di parlare (ovviamente, con tutte le cautele del caso) di una ‘Italia francescana'.
Certo, nel riflettere su questa storia straordinaria tornano spontanee le domande dello sconcertato frate Masseo, il quale “dimorando una volta nel luogo della Porziuncola, volle provare come fosse umile santo Francesco, e fecesegli incontro e, quasi proverbiando, disse: “Perché a te, Francesco?. Dico, perché a te tutto il mondo ti va dietro e ogni persona pare che desideri di vederti e d'ubidirti? Tu non se' bello uomo del corpo, tu non se' di grande scienzia, tu non se' nobile. Dunque, donde a te che tutto il mondo ti venga così dietro?” (Fioretti, cap. 10: FF 1838). Ma forse la gente gli correva dietro, pur non rispondendo egli a quegli standard dell'apparire che sempre hanno tanta presa, ieri come oggi, perché era un altro il suo fascino, proveniente da quel Mistero nel quale si era immerso e del quale era ripieno.

Certo, Francesco è una figura straordinaria, sempre attuale, perché il Vangelo al quale egli, da un certo momento in poi, conformò la propria vita supera la barriera del tempo, giungendo dritto al cuore dell'uomo di tutti i tempi. Anzitutto mi viene da pensare al suo rapporto con i giovani: egli fu giovane gaudente (alla fine della vita giudicherà la sua esistenza giovanile come un essere “nei peccati”), amico di allegre brigate di giovani ricchi, sazi della vita, che perciò avevano forse bisogno di fare qualche stranezza per divertirsi. Non troppo diverso, in fondo, da tanti dei nostri giovani, pur di buona famiglia, pur bravi ragazzi, che per combattere la noia hanno comunque bisogno di un qualche diversivo e di una qualche evasione. Poi la sua vita cambiò! Scelse di mettere Dio al primo posto e i suoi occhi cominciarono ad aprirsi al mondo, agli altri, ai problemi più veri della gente. E se prima gli sembrava cosa “troppo amara vedere i lebbrosi”, poi finì per immergersi nel loro dolore e dal dolore uomini giunse infine al Cristo crocifisso, che gli svelà il senso più vero di ogni dolore umano. Dall'egoismo alla solidarietà: fu questo il suo percorso, che resta un itinerario sempre valido e sempre proponibile, perché i giovani, in fondo, desiderano fare qualcosa di bello e di grande per uscire dalla mediocrità che sovente viene loro proposta. Vorrebbero, forse inconsciamente, fare della propria vita un dono, anche se non sempre trovano negli adulti i maestri adatti a guidarli su questo sentiero.
Ai giovani, Francesco chiese autenticità, bollando con icastiche espressioni ogni tentativo di compromesso. Esigente con se stesso, poteva permettersi di esserlo anche con gli altri, perciò non faceva sconti a nessuno. Come quella volta in cui uno gli chiese di poter entrare nell'Ordine: “Se ti vuoi unire ai poveri di Dio - gli rispose Francesco - distribuisci prima i tuoi beni ai poveri del mondo”. Quegli però se ne andò e, invece di distribuirli ai poveri, dette i suoi averi ai parenti. Avendo poi riferito al Santo come si era comportato, si sentì dire senza mezzi termini: “Va per la tua strada, frate mosca, perché non sei ancora uscito dalla tua casa e dalla tua parentela. Ai tuoi consanguinei hai dato i tuoi beni, ed hai defraudato i poveri: non sei degno dei poveri servi di Dio” (Tommaso da Celano, Vita seconda 81: FF 668). Un'altra volta, invece, incontrando in un luogo un frate che non voleva andare per la questua, ma a tavola mangiava per quattro, lo riprese con tono mordace: “Va' per la tua strada, frate mosca, perché vuoi mangiare il sudore dei tuoi fratelli e rimanere ozioso nell'opera di Dio. Ti rassomigli a frate fuco, che lascia lavorare le api, ma vuole essere il primo a mangiare il miele” (ibidem 75: FF 663).

E’ su questi valori di solidarietà e di autenticità che cresce e si approfondisce l'unità di un popolo. Ai giovani impegnati nella scuola, dai più piccoli fino agli universitari, Francesco insegna infine il rispetto per i libri, per la cultura. Lui che si definì semplice ed illetterato, studiò tuttavia da bambino nella scuola presso la chiesa di San Giorgio, la chiesa dove per un certo tempo riposarono le sue spoglie mortali, ancor prima che venisse edificata quella stupenda basilica in suo onore che da secoli si erge maestosa sul Colle del Paradiso. A frate Antonio, quel famoso Antonio di Padova che fu suo discepolo nella vita e nella santità, scrisse espressamente: “Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché in questa occupazione tu non estingua lo spirito dell'orazione e della devozione, come sta scritto nella Regola” (FF 252). Nel suo Testamento intimò ai frati: “E tutti i teologi e quelli che amministrano le santissime parole divine, dobbiamo onorarli e venerarli come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita” (Testamento 13: FF 115).
Francesco non era dunque contrario a che i suoi frati studiassero e apprendessero, anche se aveva un terribile timore che i frati potessero fare della scienza uno strumento di potere, un'occasione per prevalere sugli altri, anche sugli stessi fratelli di comunità. Egli desiderava invece che lo studio plasmasse la vita, perché essa corrispondesse in pieno al progetto di Dio. Basterebbe, d'altronde, per rendersene conto, riflettere a quanti e quanto profondi insegnamenti si traggono da quel testo poetico che è indubbiamente suo, tutto suo, che tutti hanno studiato o studiano a scuola, perché solitamente è tra i brani che aprono le nostre antologie di letteratura italiana. Mi riferisco, ovviamente, al notissimo Cantico di frate sole, che fa di Francesco uno dei primi e più noti autori della nostra letteratura, nel quale egli loda Dio e invita il mondo e tutte le creature a lodarlo. Un canto di arte e di fede, del quale Francesco aveva composto anche la musica perché si cantasse, nel quale egli ebbe il coraggio di chiamare la morte sorella, restituendole in tal modo cittadinanza nel proprio universo interiore; quella “sora nostra Morte corporale” che l'uomo spesso emargina e rimuove dal proprio orizzonte, perché non ha per essa alcuna risposta, ma “da la quale nullu homo vivente po' skappare” (Cantico 12: FF 263).

Francesco, allora, ha tanto da insegnare a questa nostra Italia, che l'ha ricevuto in dono, insieme a santa Caterina da Siena, quale suo patrono. Questa Italia che amerei veder crescere insieme, unita nel reciproco rispetto e nella concordia, solidale. Essa vi riuscirà tanto più quanto saprà seguire, nella quotidianità delle scelte, nelle piccole o grandi decisioni, l'esempio del suo santo patrono. Un progetto grandioso, certo, al quale ognuno di noi potrà e dovrà dare il proprio contributo; un contributo che sarà più autentico e vero nella misura in cui si sforzerà di fare proprie le parole del Santo:
Dove è carità e sapienza,
ivi non è timore né ignoranza.
Dove è pazienza e umiltà,
ivi non è ira né turbamento.
Dove è povertà con letizia,
ivi non è cupidigia né avarizia.
Dove è quiete e meditazione,
ivi non è affanno né dissipazione.
Dove è il timore del Signore a custodire la sua casa,
ivi il nemico non può trovare via d'entrata.
Dove è misericordia e discrezione,
ivi non è superfluità né durezza
(Ammonizione XXVII: FF 177)

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA