francescanesimo

Il pensiero francescano, padri fondatori dei Monti di Pietà e delle prime forme di attività creditizia e finanziaria

Enzo Fortunato
Pubblicato il 25-10-2018

L'ATTUALITA' DEL PENSIERO FRANCESCANO
di padre Enzo Fortunato


"Io penso, Signore, che tu ne abbia abbastanza della gente che parla di servirti con un piglio da condottiero, di conoscerti con aria da professore, di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato. Un giorno in cui avevi voglia d'altro, hai inventato san Francesco e ne hai fatto il tuo giullare. Lascia che anche noi inventiamo qualcosa per gente allegra che danza la propria vita con te"
Voglio aprire questo intervento con Madeleine Delbrêl, una donna francese animata da un'intensa spiritualità e un impegno perseverante verso gli ultimi e gli emarginati delle periferie di Parigi; come lei ci indica, vogliamo anche noi danzare la nostra esistenza animati dall'attualità e dall'esperienza del Santo di Assisi.

Dal pensiero piramidale al pensiero circolare

Come è noto, la società medievale era strutturata in maniera piramidale. La necessità dell'imperatore di riuscire a controllare tutti i suoi territori avevano portato alla suddivisione di tutti il suo territorio affidandoli ai Vassalli. A ciascuno di questi veniva consegnato un beneficio, ossia un feudo. L'imperatore, al vertice della società medievale, non riesce infatti a controllare tutti i suoi territori, pertanto lo suddivide e ne affida le parti ai vassalli. A ciascuno consegna un beneficio, ossia un feudo, in cambio di fedeltà. I territori quando erano troppo estesi anche per i vassalli, procedevano a loro volta a suddividerlo, cedendolo ai vassalli minori (valvassori). Questi imitano il processo a favore dei valvassini. L'effetto era sostanzialmente quello di un continuo smembramento. Il sistema, che aveva lo scopo di dare coesione allo stato aveva finito per frammentarlo ulteriormente.
La struttura basilare, proporzionale anche alla quantità di componenti dello strato sociale, era formata dall'esercito e infine dal popolo, che viveva sostanzialmente privo di proprietà privata e spesso in condizioni di gravissimo disagio economico.
La società feudale ha un suo inizio ufficiale con il capitolare di Kierzy nell'877 da Carlo il Calvo che riconosce ai Vassalli la cessione del beneficio. Nel 1037 l'imperatore Corrado riconoscerà anche ai Vassalli minori il diritto di trasmettere il feudo per via ereditaria (Constitutio de feudis). Tale struttura, permane a livello sociale nonostante le alterne vicende politiche europee. La suddivisione in diverse signorie locali è un elemento costante che permarrà anche nella società medievale di Francesco d'Assisi.

La precisazione su questo tipo di struttura societaria si è resa necessaria per sottolineare il livello di avanguardia che caratterizzava invece il pensiero di convivenza francescana. San Francesco, da il via a un tipo di struttura sociale che, invece di essere piramidale è circolare. Il poverello d'Assisi, fondatore dell'ordine francescano pretendeva che nessuno dei suoi confratelli fosse superiore all'altro, compreso se stesso. Numerose le testimonianze nelle Fonti che raccontano questo senso di eguaglianza promosso dal Santo: "Coloro che vogliono condurre vita religiosa negli eremi, siano tre frati o al più quattro. Due di essi facciano da madri ed abbiano due figli o almeno uno. I due che fanno da madri seguano la vita di Marta, e i due che fanno da figli quella di Maria."

Come anche l'invito a non sovrastare gli altri: "E nessuno sia chiamato priore, ma tutti allo stesso modo siano chiamati minori" (Regola non bollata, FF 21) - oppure -"E nessun frate faccia del male o dica del male a un altro; ma piuttosto, per la carità che viene dallo spirito, di buon volere si servano e si obbediscano vicendevolmente" (Regola non bollata, FF20).
"Tutti i frati, in qualunque luogo si trovino presso altri per servire o per lavorare, non facciano ne amministratori, nè cancellieri , né presiedano nelle case in cui prestano servizio [...]ma siano sottomessi a tutti coloro che sono in quella stessa casa"

Ecco che, attraverso le parole delle fonti francescane possiamo cogliere il senso profondo di convivenza francescana. Il concetto di fraternità, che è sostanzialmente il cardine su cui si fonda l'intera vita di Francesco. Gli scritti del Poverello non erano infatti rivolti esclusivamente ai confratelli, ma erano un vero e proprio invito a divenire "sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo". Fu "minore" il nome che Francesco volle assumere per se stesso e per gli altri fratelli - egli sempre si qualificava come Frater Franciscus - che esprimeva il recupero dei precetti di Gesù, suo Maestro.

E' questa forse la tendenza che si dovrebbe attuare in una società permeata dagli egoismi. La ricerca di un'etica forte e egualitaria non solo diviene fonte di benessere per il prossimo, perché attraverso la condivisione materiale il bene diviene comune, ma diviene anche fonte di benessere spirituale per chi decide di condividere i propri averi e la propria condizione col prossimo. Potrebbe sembrare utopia, eppure Francesco d'Assisi ha dato il via ad una vita comunitaria dedita agli altri che da oltre ottocento anni vive di comunanza e semplicità. Mi piace pensare che una tale struttura in questo nostro mondo così segnato da estremi di ricchezza e povertà, possa farsi strada e, con la collaborazione di tutti, divenire una nuova epoca segnata dalla circolarità.

Dalla Stabilitas Loci all'itineranza

La Stabilitas Loci è sostanzialmente una regola monastica che prevede l'obbligo dei religiosi che vi fanno parte, di risiedere presso un determinato convento. Tendenzialmente tutti gli ordini religiosi sono caratterizzati da questo elemento stanzialità, seppure con le porte spalancate a chi voglia avvicinarsi.

San Francesco, invece, a differenza di quella che era stata la tradizione religiosa diffusa fino a quel momento era appassionato imitatore di Gesù e per questo preferì l'itineranza evangelica alla tradizionale stabilitas loci. Si racconta infatti nelle fonti che "ottenuta l'investitura da parte del Papa, andando Francesco per città e villaggi, cominciò a predicare dappertutto" (Leggenda dei tre Compagni, FF54).
Francesco aveva forse in mente le parole pronunciate da Gesù: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 15, 16), che conferiscono all’evangelizzazione un’universalità senza confini, che trovano una mirabile rispondenza nella spiritualità francescana.

L'epoca che stiamo vivendo è contrassegnata dalla chiusura verso il prossimo, non abbiamo più tempo nè voglia di raggiungere l'altro e creare quella comunanza che ci è chiesta da Dio stesso. E' invece necessario andare incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo! Non possiamo attendere che siano gli altri a venire da noi.

Le fonti raccontano in numerosi passi le esortazioni del Poverello d'Assisi per portare la Buona Novella nel mondo. Ecco cosa rispose a Masseo quando, riguardo la predicazione gli chiese: "E come potremo noi sapere la volontà di Dio? ". Risponde santo Francesco: " Al segnale ch'io ti mostrerò; onde io ti comando per lo merito della santa obbidienza, che in questo trivio, nello luogo ove tu tieni i piedi, t' aggiri intorno, intorno, come fanno i fanciulli, e non ristare di volgerti s' io non tel dico ". Allora frate Masseo incominciò a volgersi in giro; e tanto si volse, che per la vertigine del capo, la quale si suole generare per cotale girare, egli cadde più volte in terra; ma non dicendogli santo Francesco che ristesse, ed egli volendo fedelemente ubbidire, si rizzava. Alla fine, quando si volgeva forte, disse santo Francesco: " Sta' fermo e non ti muovere ". Ed egli stette; e santo Francesco il domanda: " Inverso che parte tieni la faccia? ". Risponde frate Masseo: " Inverso Siena ". Disse santo Francesco: " Quella è la via per la quale Iddio vuole che noi andiamo ".

Questo elemento distintivo di Francesco trova un corrispettivo in quella ricerca di circolarità della società e conseguente ricerca di benessere perché, come aveva avuto modo di affermare Paolo VI nel Gaudete in Domino: "La società tecnologica ha potuto moltiplicare le occasioni di piacere, ma essa difficilmente riesce a procurare la gioia, perché la gioia è d’altronde. È spirituale. Il denaro, la comodità, l’igiene, la sicurezza materiale spesso non mancano; e tuttavia la noia, la malinconia, la tristezza rimangono sfortunatamente la porzione di molti”.

Dalla parola guerra alla Parola Pace

La parola pace compare molto spesso nelle fonti francescane. Lo stesso saluto di San Francesco porta con se questo termine:"Il Signore ti dia pace". Nei testi si racconta come questo saluto sia stato una rivelazione e un dono - vero e proprio - di Dio che vuole pacifici i suoi figli.

Il Santo d'Assisi, segna anche in questo campo una nuova era, un nuovo modo di pensare. Fino a quel momento infatti, la propaganda religiosa si era vestita di guerre, conquiste e violenza: le crociate, le persecuzioni verso le religioni diverse avevano segnato quell'epoca storica. Ma Francesco d'Assisi inaugura un atteggiamento diverso, quello della comunicazione e dell'inclusione, è l'episodio di Damietta a rendercelo palese. Francesco si era imbarcato per l'Egitto per incontrare il sultano d'Egitto Malik al Kamil e una volta incontrato: "Stando alla sua presenza, tutto ardente del fuoco dello Spirito Santo, annunciò a lui con tanta forza e con una predicazione così viva ed efficace Cristo Gesù e la fede del suo Vangelo, che il Sultano e tutti i presenti furono pieni di ammirazione. Infatti, per la potenza delle parole, che Cristo parlava in lui, il Sultano, convertito a mansuetudine volentieri prestava ascolto alle sue parole, contro il divieto della sue legge nefanda, e lo invitò con insistenza a prolungare la sua permanenza nella sua terra, e diede ordine che lui e tutti i suoi frati potessero liberamente recarsi al sepolcro di Cristo, senza pagare nessun tributo."
Non solo si tratta di un momento estremamente significativo, specie se relazionato all'attuale dialogo interreligioso promosso dalla Santa Sede. Ma c'è da dire che prima di questo evento vi era stata un'altra missione fatta dai suoi fratelli in Marocco: essi non fecero altro che proclamare la grandezza della loro religione cristiana, sminuendo l’Islam e il suo Profeta, finendo con l’essere arrestati e torturati.
L’incontro a Damietta fu invece un incontro segnato da un profondo significato storico e religioso caratterizzato dalla comprensione reciproca, in anni in cui le differenze tra i due grandi culti erano fortemente sentite.
In ogni caso per molto tempo il dialogo di pace tra il Sultano e Francesco è stato considerato come un fallimento. All’epoca l’episodio era stato considerato un momento poco glorioso e si era preferito tacere sull’accaduto. Ma letto sette secoli dopo, l’incontro di Marrakech è il vicolo cieco, mentre Damietta è la strada che apre gli orizzonti alla pace. Il Vangelo si incontrò con il Corano e il Corano con il Vangelo. Francesco non ebbe paura di Maometto e il Sultano non ebbe paura di Cristo. Possiamo affermare che Francesco non ragionava con i criteri ideologici della cristianità del suo tempo e in quel viaggio per conoscere da vicino i musulmani si è situato dentro la sensibilità religiosa del suo interlocutore.

Dal reclutamento alla testimonianza

Francesco come accennato, aveva una visione differente della diffusione della Buona Novella. L'aspirazione delle pratiche di evangelizzazione, spesso forzata, che venivano applicate durante il medioevo e purtroppo anche in seguito, sorbivano spesso un effetto contrario oppure solo apparente.
L'atteggiamento di Francesco fu invece totalmente diverso. La sua vita fu in primo luogo testimonianza del Vangelo e vero e proprio esempio, come Gesù lo fu per lui. Egli non scelse mai convertire, ma di diffondere con il suo atteggiamento e la parola il messaggio di Dio.
Un esempio su tutti è quello che racconta la conversione dei ladroni. Questi, raccontano le fonti, di tanto in tanto, si recavano al convento a domandare del pane; ma derubavano anche i passanti e quindi i frati erano incerti sul da farsi.
Francesco suggerì ai suoi frati di recarsi nel bosco, di portare del cibo ai ladroni, di servirli e chiedere loro un primo piacere: che almeno non percuotessero e non maltrattassero i derubati; quindi di tornare di nuovo, con cibo ancor più abbondante, e di chiedere loro di ravvedersi. Il risultato fu che i ladroni, commossi dall’affabilità dei frati, cambiarono vita: alcuni addirittura entrarono nell’Ordine.
Il poverello d'Assisi considerando quei ladroni come persone, accogliendoli senza pregiudizi, rispettando i loro tempi di maturazione, li condusse alla vita onesta, al lavoro, alcuni persino a compiere una scelta radicale per Dio e per l’edificazione del suo regno.

Padri Fondatori dei Monti di Pietà, prime forme di attività creditizia e finanziaria.

Potrebbe sembrare forzato associare il pensiero economico ai precetti di Francesco d'Assisi, ma in realtà la vicinanza è molto più forte di quello che si potrebbe pensare. Gli insegnamenti francescani possono contribuire ad un nuovo e più equo modo di vivere, non solo a livello etico ma anche a livello materiale. Francesco ha voluto far comprendere come la vita di una persona ha valori molto più alti che vivere nella ricchezza ed da questa concezione che sono nate le attività economiche di aiuto ai fratelli più sfortunati. Pochi sanno infatti che il primo monte di pietà venne fondato da un francescano, padre Barnaba Manassei a Perugia nel 1462. I monti di pietà o monti Frumentari erano nati per calmierare il costo del denaro a favore delle forze del lavoro: nel primo caso si trattava di una specie di microcredito a bassissimo interesse che liberava i meno abbienti dalla morsa dell'usuraio. Nel secondo caso invece trattasi di una anticipazione di grano e orzo per la semina da restituire con una leggerissima maggiorazione a raccolto avvenuto.
Siamo di fronte a una concezione estremamente solidale dell'economia, che nasce non come formula di guadagno, ma come formula di aiuto nei casi di difficoltà.

E' un modo di tratteggiare l'economia che andrebbe applicato alla nostra contemporaneità, innanzi tutto grazie alla grande attualità del pensiero francescano che possiamo individuare in alcuni aspetti del francescanesimo come ad esempio quello che sottolinea come usare i beni e le ricchezze sia necessario, mentre possederli sia superfluo. Elemento che porta a concludere come grazie alla povertà sia più facile far circolare la ricchezza. Un altro aspetto è invece quello che sottolinea come per esercitare con continuità la virtù della povertà fosse necessario che questa fosse sostenibile e prolungabile nel tempo.

A questo si aggiunge anche il grande pregio di Bonaventura da Bagnoregio - che insieme a Ugo di Digne e John Peckam - ebbe il merito di aver formulato il principio secondo cui la sfera economica, quella governativa (della civitas) e quella evangelica, "sono tre gradi differenti ma integrabili di un'organizzazione della realtà". Se questa integrazione si realizza genera frutti copiosi, così che ciò a cui i "poveri volontari" rinunciano può essere impiegato per i "poveri non volontari", fino alla loro scomparsa. Possiamo dunque affermare che l'opera e il pensiero del francescanesimo svolsero un ruolo determinante nel passaggio dal feudalesimo alla modernità. Categorie di discorso come il bene comune, la fraternità e dono come gratuità (e non come regalo) rivelano nell'attuale temperie storica tutta la loro attualità.
Come accennato precedentemente la parola chiave che oggi, meglio di altre esprime le nuove esigenze di circolarità della società è fraternità, termine che fa parte del pensiero francescano e che dà la possibilità di organizzare una società in grado di consentire ai diseguali di diventare eguali.
E' un principio di organizzazione sociale che consente agli eguali di essere diversi, mentre la fraternità consente a persone che sono eguali nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali, di esprimere diversamente il loro piano di vita o il loro carisma.
Si può affermare che l'essere umano incontra la sua umanità mentre lavora. Il bene nella felicità lavorativa è dunque nel riconoscimento e nella valorizzazione delle specifiche capacità che caratterizzano una vita lavorativa degna di essere vissuta, che è sostanzialmente riflesso del carisma francescano, attraverso cui, si può lodare Dio tramite i doni che Egli ci ha dato.

Il sistema finanziario internazionale è sotto pressione nell'intermediare i flussi che sostengono i terribili squilibri fra le diverse aree del mondo. Ecco perché serve una nuova stagione di collaborazione e cooperazione tra tutti i soggetti protagonisti della vita politica economica e sociale. Occorre lavorare per una globalizzazione che acquisti un po' di sobrietà francescana, che non sia più deviata dagli eccessi, mai più ad esclusivo appannaggio dell'interesse dei singoli individui e a discapito del bene della collettività, proprio come il padre dei Francescani avrebbe voluto.

L'obbiettivo sembra difficile, ma non impossibile. Non rimane che fare nostra l'affermazione, limpida e chiara, di Jorge L. Borges: "Non posso darti soluzioni per tutti i problemi della vita. Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori. Posso, però, ascoltarli e condividerli con te. Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro; però, quando serve sarò vicino a te. Non posso cancellare la tua sofferenza; posso, però piangere con te. Non sono gran cosa, però sono tutto quello che posso essere".

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