attualita

Presepe e statuine Quelle da tenere (e quelle da buttare)

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Dalla lezione di San Francesco al folklore Un tempo c'era il macellaio (ora in discesa), oggi andrebbero aggiunti i nuovi poveri

Si può discutere sino a stancarsi sull'origine del presepe. Forse perché, tra le possibili raffigurazioni del mondo cristiano, quella della Natività trovò particolare fortuna tra le gente semplice e si adattò ai gusti popolari. Una tradizione ben fondata ricorda che San Francesco, la notte di Natale del 1223, «inventò» il presepe così come noi lo pensiamo ponendo in una grotta un'immagine del Bambino accanto a un bue e a un asino. Certo, questi elementi, se fossero passati al vaglio della filologia, avrebbero dei problemi, giacché i due animali nascono soprattutto da un commento di Sant'Ambrogio al vangelo di Luca, da alcuni passi dei testi apocrifi (pseudo Matteo, Protovangelo di Giacomo eccetera) e da versetti dell'Antico Testamento. Come quello di Isaia: «Il bue conosce il proprietario e l'asino la greppia del padrone» (1,3), che nel latino della Vulgata suonava così: «Cognovit bos possessorem suum et asinus praesepe domini sui». Non sono che esempi, ai quali se ne possono aggiungere innumerevoli altri. Una storia infinita.


Dalla semplice rappresentazione del Poverello di Assisi l'arte e l'immaginazione trovarono continue ispirazioni. Già nel Trecento artisti quali Duccio di Boninsegna, Simone Martini, Giotto, Giovanni Pisano, solo per limitarci ad alcuni, riprendono, modificano e ampliano la prima iconografia. Sino ad arrivare, per aggiungere un caso eloquente, a Benozzo Gozzoli: nella cappella del palazzo dei Medici a Firenze riprende quella scena ormai entrata negli occhi di molti e la trasforma in un superbo corteo che esalta lo splendore della corte dei signori della città. Certo, ogni artista era attento alle richieste del committente. Il presepe, insomma, si trasformò anche in un pretesto politico oltre che in una riflessione di fede semplice. Dal Seicento esce dai luoghi di raccoglimento e preghiera e comincia a diffondersi nelle case aristocratiche, sovente come una specie di soprammobile; a volte, però, si tratta di cappelle in miniatura. Fece molto, in tal caso, l'invito che venne diffuso durante i giorni del Concilio di Trento: si pensava che il presepe aiutasse a trasmettere visivamente la venuta del Cristo. Il grande sviluppo delle sculture si ha nel mondo barocco. Nacque persino una gara per possedere le più belle, come a Napoli.


Solo verso la fine dell'Ottocento questa rappresentazione giunge nelle case borghesi e in quelle popolari. La tradizione continua ancora oggi. Tutti aggiungono, reinventano l'omaggio a Gesù. I rappresentanti dei mestieri o anche personaggi stravaganti si uniscono agli antichi in quel corteo, senza bisogno di spiegazioni teologiche. La stessa arte, d'altro canto, ha sempre cercato variazioni sul tema. La scena si presta a diventare essa stessa argomento di riflessione o a dar vita a ulteriori suggestioni. Leonardo, tra i molti, mostra esempi nell'Adorazione degli Uffizi o nelle due versioni della Vergine delle Rocce, presenti al Louvre e alla National Gallery.


Il presepe diventa folklore. Si fa storia particolare, si adatta ai materiali diversi; i suoi personaggi si moltiplicano. Si pensi, per fare ancora un esempio tra i mille possibili, a quello napoletano di San Giovanni in Carbonara (1484), dove c'è la presenza dei profeti e delle sibille. Non conta la verità storica ma il bisogno di essere presenti. Tutti, violando le leggi del tempo e della geografia, accorrono ad adorare Gesù appena nato. E allora ecco i pupazzi, le statuine, le sagome, quel che la fantasia suggerisce: dai capolavori seisettecenteschi si giunge al piccolo presepe postmoderno, sovente realizzato con mezzi di fortuna. Tutti hanno bisogno di dar vita a una rappresentazione della Natività. Non ci sono limiti, barriere, vincoli da rispettare. Il presepe, in altri termini, è l'immagine di chi lo realizza. Riflette l'epoca, il bisogno, le piccole necessità.


I personaggi possono anche essere attualizzati sino al politico del momento o all'intrattenitore televisivo. In questi giorni qualcuno vorrebbe aggiungere Verdi e Wagner: in termini diversi anch'essi hanno pensato a Gesù. Se un tempo c'era il macellaio, perché almeno a Natale si mangiava la carne, oggi non dovrebbe mancare chi impone le tasse. A Natale non si pagano ma si ricordano. E perché non metterci i nuovi poveri? Non sono forse tra i più bisognosi? Siamo in un ritrovo di simboli e ognuno di essi è in quel corteo per una ragione profonda o per un semplice capriccio. La presenza del Bambino avvicina a tutti i convenuti e alle rispettive ragioni. Siamo noi che ci travestiamo nel presepe da personaggi improbabili per omaggiare colui che è «sceso dalle stelle».(Corriere della Sera)

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA