opinioni

Fratellanza e rispetto nel nome di Francesco

ORAZIO LA ROCCA
Pubblicato il 30-11--0001



La pace, i giovani, la giustizia, l'amore per poveri e il ruolo che svolge Assisi nel costruire un futuro di fratellanza e di reciproco rispetto nel nome di Francesco.

Lo ha ricordato papa Ratzinger in due importanti interventi di fi ne d'anno, l'udienza alla Curia romana del 22 dicembre e il messaggio per la Giornata mondiale della pace del primo gennaio 2012. Il 27 ottobre ad Assisi – ha signifi - cativamente ricordato Benedetto XVI ai prelati della Curia –, l'incontro dei leader delle grandi religioni a 25 anni dalla Giornata Mondiale di preghiera per la pace, convocata da Giovanni Paolo II, è stato caratterizzato da «un clima di amicizia e di rispetto reciproco, nell'amore per la verità e nella comune responsabilità per la pace». «Possiamo quindi sperare – ha aggiunto – che da questo incontro sia nata una nuova disponibilità a servire la pace, la riconciliazione e la giustizia».

Tema centrale del messaggio del primo gennaio, l'incrollabile speranza che “ogni uomo di buona volontà” deve avere nel futuro delle giovani generazioni. «Le preoccupazioni manifestate da molti giovani in questi ultimi tempi, in varie Regioni del mondo – ha sostenuto tra l'altro il Pontefi ce – esprimono il desiderio di poter guardare con speranza fondata verso il futuro».

Pur senza entrare nel dettaglio di queste questioni espressamente politiche, il messaggio del Papa muove le mosse proprio dai problemi economici del 2011, ammettendo che «è vero che nell'anno che termina è cresciuto il senso di frustrazione per la crisi che sta assillando la società, il mondo del lavoro e l'economia; una crisi le cui radici sono anzitutto culturali e antropologiche. Sembra quasi che una coltre di oscurità sia scesa sul nostro tempo e non permetta di vedere con chiarezza la luce del giorno». Per questo il Papa propone il messaggio per la 45esima Giornata mondiale della pace «in una prospettiva educativa: ‘Educare i giovani alla giustizia e alla pace', nella convinzione che essi, con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale, possono offrire una nuova speranza al mondo». In particolare, ricorda Ratzinger, «nel momento presente sono molti gli aspetti che essi vivono con apprensione: il desiderio di ricevere una formazione che li prepari in modo più profondo ad affrontare la realtà, la difficoltà a formare una famiglia e a trovare un posto stabile di lavoro, l'effettiva capacità di contribuire al mondo della politica, della cultura e dell'economia per la costruzione di una società dal volto più umano e solidale».

Da qui l'appello al mondo della politica e delle istituzioni affinché sostengano maternità e paternità, lascino «scegliere liberamente le strutture educative ritenute più idonee per il bene dei propri figli», favoriscano «il ricongiungimento di quelle famiglie che sono divise dalla necessità di trovare mezzi di sussistenza» e «offrano ai giovani un'immagine limpida della politica, come vero servizio per il bene di tutti». Nel messaggio Benedetto XVI fa espressamente riferimento «ai giovani della ‘primavera araba' e alle preoccupazioni dei giovani indignati» che hanno protestato in quasi tutte le nazioni dell'Occidente, ha spiegato il segretario del dicastero vaticano per la Giustizia e la pace, il vescovo Mario Toso, secondo il quale le preoccupazioni degli indignados, non sempre espresse in modo corretto, sono però «giuste e legittime».

Quanto alle rivolte del nord Africa e del Medio Oriente, la ‘primavera araba' dovrebbe propagarsi anche al resto dell'Africa, ha detto il presidente del pontificio consiglio, il Cardinale ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson. Stessa simpatia nei confronti dei giovani per quanto riguarda l'Europa. Il mondo cattolico italiano, secondo Monsignor Toso, «potrebbe costituire un fondo per la disoccupazione giovanile e l'inserimento nel mondo del lavoro».

Quanto ai paesi membri dell'Unione europea finora non sembrano che stiano «imboccando la strada giusta» per affrontare la crisi economica e finanziaria, perché al recente vertice di Bruxelles – lamenta il prelato – è sembrata prevalere «una egemonia tedesca» mentre «questi problemi non possono essere risolti con l'intervento prevalente di uno o due paesi». Č invece necessario rafforzare le «istituzioni economiche e politiche» europee.

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