Le visite dei pontefici
La pace, i giovani, la giustizia, l'amore
per poveri e il ruolo che svolge
Assisi nel costruire un futuro di fratellanza
e di reciproco rispetto nel
nome di Francesco.
Lo ha ricordato papa Ratzinger in
due importanti interventi di fi ne
d'anno, l'udienza alla Curia romana
del 22 dicembre e il messaggio per
la Giornata mondiale della pace del
primo gennaio 2012.
Il 27 ottobre ad Assisi – ha signifi -
cativamente ricordato Benedetto
XVI ai prelati della Curia –, l'incontro
dei leader delle grandi religioni
a 25 anni dalla Giornata Mondiale
di preghiera per la pace, convocata
da Giovanni Paolo II, è stato caratterizzato
da «un clima di amicizia e di
rispetto reciproco, nell'amore per la verità
e nella comune responsabilità per la
pace». «Possiamo quindi sperare – ha
aggiunto – che da questo incontro sia
nata una nuova disponibilità a servire la
pace, la riconciliazione e la giustizia».
Tema centrale del messaggio del
primo gennaio, l'incrollabile speranza
che “ogni uomo di buona volontà”
deve avere nel futuro delle giovani
generazioni. «Le preoccupazioni
manifestate da molti giovani in questi
ultimi tempi, in varie Regioni del mondo
– ha sostenuto tra l'altro il Pontefi
ce – esprimono il desiderio di poter
guardare con speranza fondata verso il
futuro».
Pur senza entrare nel dettaglio di
queste questioni espressamente politiche,
il messaggio del Papa muove
le mosse proprio dai problemi economici
del 2011, ammettendo che «è vero che nell'anno che termina è cresciuto
il senso di frustrazione per la crisi
che sta assillando la società, il mondo
del lavoro e l'economia; una crisi le cui
radici sono anzitutto culturali e antropologiche.
Sembra quasi che una coltre di
oscurità sia scesa sul nostro tempo e non
permetta di vedere con chiarezza la luce
del giorno».
Per questo il Papa propone il messaggio
per la 45esima Giornata
mondiale della pace «in una prospettiva
educativa: ‘Educare i giovani alla
giustizia e alla pace', nella convinzione
che essi, con il loro entusiasmo e la loro
spinta ideale, possono offrire una nuova
speranza al mondo». In particolare,
ricorda Ratzinger, «nel momento presente
sono molti gli aspetti che essi vivono
con apprensione: il desiderio di ricevere
una formazione che li prepari in modo
più profondo ad affrontare la realtà, la
difficoltà a formare una famiglia e a trovare
un posto stabile di lavoro, l'effettiva
capacità di contribuire al mondo della
politica, della cultura e dell'economia
per la costruzione di una società dal volto
più umano e solidale».
Da qui l'appello al mondo della
politica e delle istituzioni affinché
sostengano maternità e paternità, lascino
«scegliere liberamente le strutture
educative ritenute più idonee per il bene
dei propri figli», favoriscano «il ricongiungimento
di quelle famiglie che sono
divise dalla necessità di trovare mezzi
di sussistenza» e «offrano ai giovani
un'immagine limpida della politica,
come vero servizio per il bene di tutti».
Nel messaggio Benedetto XVI fa
espressamente riferimento «ai giovani
della ‘primavera araba' e alle
preoccupazioni dei giovani indignati»
che hanno protestato in quasi tutte
le nazioni dell'Occidente, ha spiegato
il segretario del dicastero vaticano
per la Giustizia e la pace, il vescovo
Mario Toso, secondo il quale
le preoccupazioni degli indignados,
non sempre espresse in modo corretto,
sono però «giuste e legittime».
Quanto alle rivolte del nord Africa
e del Medio Oriente, la ‘primavera
araba' dovrebbe propagarsi anche
al resto dell'Africa, ha detto il presidente
del pontificio consiglio, il
Cardinale ghanese Peter Kodwo
Appiah Turkson. Stessa simpatia nei
confronti dei giovani per quanto riguarda
l'Europa.
Il mondo cattolico italiano, secondo
Monsignor Toso, «potrebbe costituire
un fondo per la disoccupazione
giovanile e l'inserimento nel mondo
del lavoro».
Quanto ai paesi membri
dell'Unione europea finora non
sembrano che stiano «imboccando la
strada giusta» per affrontare la crisi
economica e finanziaria, perché al
recente vertice di Bruxelles – lamenta
il prelato – è sembrata prevalere
«una egemonia tedesca» mentre
«questi problemi non possono essere
risolti con l'intervento prevalente di uno
o due paesi». Č invece necessario
rafforzare le «istituzioni economiche e
politiche» europee.
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