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Demone nell'affresco di GiottoRiflessione di una lettrice

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



Francesco nel momento della sua morte rivede le tre tematiche fondamentali dell'esistenza, chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Domande che sono alla base della filosofia e che si pongono tutti gli uomini di ogni era e adatte ad resoconto di una vita. La vita di un uomo divenuto giullare di Dio e Santo. “Francesco uomo giullare santo”. Questo è il titolo dato alla mia seconda pubblicazione di un tema iniziato con la mia tesi di laurea. (Tiziana Mazzaglia, San Francesco d'Assisi, uomo-giullare-Santo, in «Convivium Assisiense» anno III, Gennaio-Giugno 2001, pp. 119-146; Tesi di laurea Tiziana Mazzaglia, “San Francesco d'Assisi. Storia, iconografia, teatro, Relatore Prof. Sisto Dalla Palma, aa. 1999/200). Questo demone rappresenta un qualcosa che c'è sempre stato ma che non è stato reso visibile, un segno che è invisibile se non a chi osserva con occhio vigilante a attento e con occhio si chi sa che tra le “cose” si nasconde sempre un perché, come quello della Prof.ssa Chiara Frugoni.


Come si pensava nel Medioevo le nuvole parlano, osservando il cielo si leggono segni rilevatori del nostro futuro. La mia ipotesi di lettura è che il maestro Giotto, a cui era stato commissionato di riportare su ciclo pittorico ciò che Tommaso da Celano aveva riportato in scrittura, era ben a conoscenza di tutte le vicende del poverello di Assisi e sapeva benissimo come il diavolo aveva tentato sia lui che i suoi fratelli. La presenza di un diavolo nascosto tra i segni del cielo, come fosse dietro un sipario a spiare la scena, può nascondere una messaggio di salvezza, in cui il male personificato dal diavolo, prende parte di ogni nostra azione, ci sorveglia dall'alto e rimane in disparte, difronte al mistero della santità. Come se in un momento anche lui, personificazione del male, avesse in se ancora uno spiraglio della sua origine umana, di angelo buono e meravigliato dalla perfezione raggiunta da quest'uomo, si raccogliesse anche in un clima di preghiera per l' ascesa al cielo dell'ormai Santo.


Proprio quel Francesco in grado di dialogare con altre religioni, con i lupi e con il diavolo stesso, colui che ancora consiglia a fra Rufino di rispondere al diavolo presentatosi sotto forma di crocifisso: “Apri la bocca; mo' vi ti cago”, in FF 1863 . Cosi Giotto al suo funerale rappresenta anche la partecipazione del diavolo, un personaggio che lo aveva corteggiato a lungo senza vittoria. No si dimentichi che Francesco definiva i demoni come “castaldi” del Signore, in FF1648 “i demoni sono i castaldi del Signore nostro. Come il podestà spedisce il suo castaldo a punire il cittadino che ha commesso un reato, cosi il Signore corregge e castiga coloro che ama, per mezzo dei suoi castaldi, i demoni, esecutori della sua giustizia. Molte volte anche il perfetto religioso pecca per ignoranza. Allora siccome non è consapevole della sua colpa, viene punito dal diavolo, affinché messo sull'avviso del castigo, controlli interiormente ed esteriormente in cosa è consistito il suo fallo e cerchi di individuarlo.” La sua presenza quindi è fondamentale nel cospetto del Signore, cosi come anche nella raffigurazione di Giotto.


Credo che questo sia un messaggio di pace per i nostri giorni, un messaggio per un cristianesimo molto colpito e infangato nei secoli scorsi come adesso, in cui il diavolo ha avuto la sua parte sempre, come il grano che convive con la zizzania. Chi sa se, alla fine, convinti della sua presenza non iniziamo a guardo e a riconoscerlo, come Chiara Frugoni in questo affresco, per capire che ogni scandalo è un suo zampino, perché anche lui fa parte della scena e chi sa se in tutto questo non si accetti il male per andare avanti e dipingere altre scene, in cui anche i demoni convivono nel loro ruolo rispettando la santità senza infangarla. Credo ancora, come ho scritto anni fa nella mia tesi di laurea che Francesco avesse avuto discendenze giullaresche da parte della madre Madonna Pica, il cui nome in francese indica un uccello canterino ed era solito dare a chi cantava nelle fiere insieme ai giullari. (Tiziana Mazzaglia, Teatralità in San Francesco d'Assisi, in «Convivium Assisiense» anno IV, Gennaio-Giugno 2002, pp. 265-273). Il teatro e tutte le sue forme di espressione come canto e musica sono state viste per secoli come segno diabolico, quindi anche questo può essere significativo per spiegare la presenza di un demone tra le nubi, per testimoniare, ancora una volta, la discendenza di Francesco, come riferimento al suo passato umano ricco di feste e canti, sperpero e lussuria, demoni e tentazioni.


Una vita che c'è stata e ha fatto parte di quest'uomo prima della sua conversione, prima che prendesse sembianze di Cristo. Forse quel diavolo dietro la nube vuole testimoniare la vittoria di Francesco sul male? la sua capacità di dialogare con l'opposto? la capacità di andare avanti malgrado lui ci fosse sempre e guerriglioso? E ancora la testimonianza di un demone “castaldo” utile alla nostra salvezza e quindi amico, “fratello” cosi come la morte? L'atteggiamento rispettivo e remissivo che assume il demone nel quadro, tanto da rimanere inosservato per secoli, mi sembra sia leggibile come un eroe commosso davanti ad un eroe più grande di lui. Una partecipazione pacifica tra bene e male, che non è mai esistita e che mai è stata vista prima d'ora, penso sia una risposta ai nostri giorni , una parola detta da Giotto come promessa di salvezza e di pacifica convivenza tra opposti come il bene e i male. Chi sa se vedere un demone commosso non possa far riflettere sulla possibilità di trovare fine alle persecuzioni, pace tra le diverse idee e culti nel rispetto reciproco. di Tiziana Mazzaglia

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