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Amazzonia, risorse e sfruttamento la denuncia dei missionari

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

“Missioni Consolata”, la rivista missionaria più diffusa in Italia, nel suo numero di novembre presenta un reportage del giornalista Paolo Moiola che racconta le miserie e gli splendori di una terra spesso dimenticata, ma molto sfruttata. Raggiungibile soltanto via fiume o in aereo, Iquitos è la più grande città dell'amazzonia peruviana. Come Manaus, anche Iquitos ha conosciuto l'epoca d'oro del caucciù. Oggi vive di traffici (spesso illeciti) e dello sfruttamento (insensato) delle grandi risorse della foresta amazzonica.

Nel racconto di Moiola gli interventi dei testimoni di questa realtà sono il fulcro di una denuncia e anche molte speranze di emancipazione e rovesciamento di situazioni di violenza e sfruttamento. Una delle emergenze più grandi è la tratta di persone e la prostituzione infantile e adulta. Dopo aver lavorato nell'are del Rio Marañon padre agostiniano Miguel Fuertes vicario pastorale di Iquitos, che opera nella selva di Loreto dal 1983, denuncia il poco lavoro e la molta violenza nei confronti della popolazione.

“È impossibile spiegare questa città senza vederla. Iquitos è come un'isola, essendo separata dal resto del mondo. Si arriva qui solamente in aereo. Oppure via fiume, ma impiegando molto tempo. Non ci sono collegamenti stradali. Per questo Iquitos è una città molto cara rispetto al resto del Perú. Per questo non ci sono industrie e per questo è molto difficile portare prodotti fuori dalla zona. Tutto ciò porta ad una conseguenza importante: non c'è lavoro per tutti. Dunque, si ha molto mercato informale: si vende e si rivende uno stesso prodotto 3-4 volte prima che arrivi al consumatore finale”

L'autore dell'inchiesta racconta anche della devastazione dei territori indigeni e del lavoro di mediazione e difesa dei missionari; di Miguel Angel Cadenas e Manolo Berjón agostiniani spagnoli, che lavorano sul Rio Marañón, La loro parrocchia si chiama Santa Rita de Castilla e comprende 100 comunità per un totale di quasi 20.000 persone, in grande maggioranza di etnia kukama.

A Iquitos lavora “Paul Mac Auley, El Hermano”, della Red Ambiental Lauretana che ha rischiato l'espulsione a causa delle sue battaglie a favore dell'Amazzonia e dei suoi abitanti autoctoni, le popolazioni indigene, così come Padre Mario Bertolini, il sacerdote di Roccafluvione nelle Marche, che da 30 anni vive in Perù e racconta del il complotto che c'è stato dietro le false accuse che sono state imputate a lui e ad altre 7 persone dal governo peruviano.

Il religioso, che difende la causa degli indios dell'Amazzonia dello Yurimaguas, è finito sotto processo per aver istigato la popolazione locale alla rivolta. Le tribù indigene dell'amazzonia lottano da anni in nome del rispetto dell'ambiente e della loro cultura, contro il potere centrale che vuole sfruttare la foresta pluviale per ricercare petrolio e metano. Secondo “Salva le Foreste”, l'osservatorio sulle foreste primarie del pianeta e sui popoli indigeni, ai piccoli proprietari locali che lavorano limitati appezzamenti di terra, senza alterare il medio ambiente, non sono mai state riconosciute le loro proprietà, cedute invece ad un gigante dell'agroalimentare per la coltivazione di palma da olio. Compito della Chiesa, dice Padre Bertolini “è aiutare la nostra gente a prendere coscienza della propria dignità, aiutarla a organizzarsi, affinché sia soggetto del proprio sviluppo e non oggetto di uno sviluppo imposto dall'alto, che risponde a interessi di gruppi di potere” Soprattutto l'oro nero, il più appetibile tesoro dell'area, che è al centro del contrasto tra povertà estrema e grandissima ricchezza di multinazionali e predatori internazionali, senza contare i danni ambientali che le imprese petrolifere fanno, senza che vi siano denunce da parte delle autorità politiche. “L'amazzonia peruviana – scrive Moiola – è un puzzle di lotti petroliferi assegna a decine di compagnie straniere, in un settore che muove montagne di denaro. La corruzione e all'ordine dei giorno e i benefici concreti arrivano ai politici nazionali e locali ma non certo alla popolazione alla quale rimangono le briciole oltre ad un ambiente sempre più contaminato”.

Ora con il nuovo presidente del Perù Ollanta Humala qualcosa sta cambiando, anche se non è facile smantellare la rete di privilegi che le multinazionali minerarie hanno ottenuto con i precedenti governi di Alejandro Toledo e Alan Garcia.(Vatican Insider)

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