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Il Santo di oggi: Sant'Anselmo, il cercatore di Dio


Considerato uno dei maggiori teologi cristiani

Sant'Anselmo, il cercatore di Dio Considerato uno dei maggiori teologi cristiani

La vita di Anselmo d’Aosta è racchiusa in una continua ricerca verso Dio: un cammino percorso in molteplici tappe che ci offre un quadro affascinante, composto da innumerevoli “tasselli” che hanno fatto della sua vita un enorme “mosaico” medioevale. Anselmo, sin dalla sua giovinezza, sognò di poter raggiungere Dio: nella sua semplicità di giovane ragazzo di montagna (era nato ad Aosta, intorno al 1033), pensava che Dio risiedesse sulla sommità delle montagne. Era lì, sulle vette - per l’ingenuo Anselmo - il Trono di Dio, il Paradiso.

All'età di quindici anni, Anselmo, iniziò a sentire il desiderio di farsi monaco, ma il padre si oppose con tutte le sue forze. Solo all’età di ventitré anni, il giovane abbandonerà la casa paterna per iniziare un viaggio che lo porterà a una scoperta più intima, quella di sé stesso, di Dio. Superate le Alpi, Anselmo - accompagnato da un servo, suo compagno di viaggio - vagò per tre anni tra la Burgundia e la Francia. Raggiunse, infine, la città di Avranches, in Normandia. Anselmo, proprio in questa cittadina, venne a sapere di un’abbazia benedettina (fondata a Bec nel 1034) dove insegnava il famoso dialettico Lanfranco di Pavia. Attirato dalla fama di questo importante personaggio dell’epoca, volle visitare l'abbazia. Nel 1060, vi fu ammesso come novizio. Così, all’età di ventisette anni, Anselmo prese i voti presso l’ordine benedettino. Da questo momento in poi, inizierà per Anselmo un altro viaggio, ancor più importante: la ricerca filosofica e teologica di Dio. Questa ricerca si “manifesterà” - soprattutto - nei suoi scritti teologici, che rappresenteranno una pietra miliare della filosofia medievale.

Ma perchè Anselmo è così importante per la Storia del Cristianesimo?
Per le sue capacità intellettuali, la profondità e la vastità della sua cultura, Anselmo è considerato uno dei maggiori teologi cristiani. Quando, nel 1079, divenne abate di Le Bec, aveva già scritto due delle sue più celebri opere, il “Monologion” (Soliloquio) e il “Proslogion” (Colloquio).

Già nel primo testo, Anselmo, afferma di voler esporre una meditazione su Dio non confrontandosi con la Bibbia, bensì assegnando alla ragione il compito di tradurre la certezza della fede in evidenze razionali.

Nel secondo testo, il “Proslogion” (che avrà la forma di un dialogo mistico con Dio), il filosofo-santo, tratta dell’esistenza di Dio e del modo di provarla attraverso la celebre “prova ontologica”. Cerchiamo, allora, di addentrarci - seppur brevemente - in questi due testi così fondamentali per comprendere la grandezza del “pensatore” Sant’Anselmo d’Aosta. Nel “Monologion”, Anselmo presenta una serie di prove dell'esistenza di Dio, mentre nel successivo “Proslogion” ne presenterà solo una: la prova ontologica.

Le quattro vie della conoscenza di Dio, presenti nel Monologion, sono dette "a posteriori", poiché prendono spunto dalla natura e dalle sue creature per risalire alla potenza divina. La prima via è quella della bontà assoluta: le cose sono buone perché partecipano della bontà divina; la seconda via è quella della grandezza (da intendersi in senso qualitativo): continuando a cercare grandezze all'infinito non potremo che arrivare ad ammettere che ce n'è solo una, la somma, quella che le contiene tutte, Dio; la terza via si fonda sull’asserzione che le cose o esistono in virtù di qualcosa o in virtù di nulla; l'ultima via, infine, è quella denominata dei “gradi di perfezione”, che - come le prime due prove - attesta l’esistenza di un “qualcosa” di sommamente perfetto che origina la perfezione stessa.

“Non tento, o Signore, di penetrare la tua profondità, poiché in nessun modo metto con essa a confronto il mio intelletto; ma desidero intendere in qualche modo la tua verità, quello che il mio cuore crede e ama”. Già con queste parole, incipit del “Proslogion”, viene chiarito l’intento dell’opera. Pur cosciente dell’impossibilità per l’uomo di avere un’adeguata conoscenza di Dio, Anselmo - tuttavia - pone nell’intelletto umano (dono di Dio stesso) la possibilità di comprenderne gli attributi: ma questa conoscenza può avvenire solamente se è presente in lui, il “desiderio” del cuore.

Anselmo, seguirà proprio questo “desiderio” per raggiungere, finalmente, la “vetta” della conoscenza di Dio.

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