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Io e Francesco

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



Io e Lui. Due realtà molto diverse, Lui il Santo, io un semplice suo frate che vede la santità come una meta difficile a raggiungere. Lui innamorato di Cristo. Io distratto dal mondo che mi circonda, Lui si commuove di fronte alle bellezze di madre natura; io non so interpretare il messaggio dei fiori e di tante meraviglie. Lui amico del falcone sulla scogliera della Verna e festeggiato al suo arrivo sul Monte Sacro da una nuvola di gioiosi uccelli. E questi appena mi scorgono volano via. E volano veloci. Io nato da una famiglia di piccoli agricoltori non ho lasciato altro che miseria. Lui, figlio di un grosso commerciante, ha rinunziato a tutte le ricchezze e veste una misera gellaba come il più povero arabo. Io e Lui due caratteri diversi, ma che tentano di fare, amichevolmente, un po' di strada insieme. Per raggiungere lo stesso ideale. E di strada ne abbiamo fatta tanta. Sì. Bisogna che lo confessi. Tra me e Francesco c'è un abisso che ci separa, ma c'è anche un feeling, cioè una corda che ci unisce, come quella del fraticello che sul monte Verna, di notte, si legò a quella del Santo per scoprire i suoi tempi di preghiera E quella corda per me è sacra. Mi permette di camminare sicuro sulle tracce di Francesco e spesso mano sulla mano con Lui. Dunque io sono un suo ammiratore, un suo amico e felicemente un suo frate. Sono cioè un francescano. Che onore per me! E questa è la gioia che porto dal giorno in cui mi impegnai per tutta la vita a vivere la Regola dei Frati Minori. È molto impegnativa per chi ha intenzione di viverla. Ed io prima di professarla, la studiai a fondo, e mi impegnai a conoscere anche il Testamento di San Francesco che con la Regola costituisce il binario sicuro per il cammino religioso. Ed ora eccomi qui a riflettere sul corso della mia vita trascorsa tutta dietro l'ideale francescano a cui mi aveva chiamato ripetutamente il Santo di Assisi. Lasciai la famiglia all'età di undici anni per entrare nel collegio francescano di San Romolo a Figline Valdarno, dove, quasi analfabeta (avevo frequentato soltanto la terza elementare!) incominciai gli studi che, con gli anni, mi condussero al sacerdozio. Ma la mia vera maestra era stata la mamma che tutte le sere, intorno al fuoco, mi raccontava una “puntata” della vita di San Francesco. Quando, spesso, vedevo i frati della Verna per il servizio nella mia parrocchia di Montalone, sussultavo di gioia. Mi piaceva il loro saio stretto in vita da una corda, con nodi misteriosi. Mi incuriosivano il cappuccio e il largo mantello e mi stupivano i piedi scalzi, protetti soltanto da semplici sandali anche durante la neve; mi parlavano di Francesco che sognavo di giorno e di notte. Belli i colloqui con i figli del Santo, mi facevano pensare e ripensare. E io mi dicevo: potrò diventare un giorno anche io un frate della Verna? Interrogativo cui dovevo dare una risposta. E la risposta la diedi a suo tempo. Francesco chiamava, forte. Con quale coraggio avrei potuto dirgli di no? E la Verna fu il convento del mio noviziato. Lì in quel santuario Francesco era presente dappertutto. Specialmente nella Cappella delle Stimmate. Studiai con passione la sua storia e spiritualità, che mi affascinavano sempre più. Ogni passo che facevo mi vedevo Francesco accanto, come la mia ombra. La fantasia faceva il suo gioco. Io e Lui si parlava di tutto. Francesco, poeta e innamorato della natura, mi apriva gli occhi perché ammirassi tante meraviglie: gli abeti che svettavano dritti dritti verso il cielo, gli aceri, i faggi, i frassini e una infinità di piante che formano nell'insieme una foresta incantevole. E i fiori? Che meraviglia! Ma come si fa a descriverli? Ammiriamone i colori e godiamo dei loro profumi. Lo confesso sinceramente: la Verna mi è rimasta nel cuore. E proprio lassù ho sentito Francesco più vicino a me. Quante riflessioni in quella foresta che un giorno lontano accolse il Poverello d'Assisi. È una gioia per me salire ogni tanto su quel monte sacro. È un avvicendarsi di ricordi, di immagini e di riflessioni. La mia vita di frate è stata fortunatamente dinamica. A Francesco non piacevano i “frati mosca”. Allora mi impegnai con la predicazione, la scuola di Stato, l'attività televisiva, la collaborazione con Radio Montecarlo e con radio americane, con riviste di ampia tiratura e con la Walt Disney, che furono il mio apostolato in tutti gli ambienti nazionali e stranieri. Devo la mia fortuna, se così si può dire, al saio francescano. In ogni continente, anche tra le tribù menu evolute, il mio saio ricordava la figura di Francesco e quindi posso dire di avere viaggiato con Lui. Io e Francesco: due frati peregrinanti con il messaggio di “pace e bene” da diffondere tra i fratelli: due frati con caratteri diversi, ma ricchi d'amore per il prossimo; due frati, uno santo e l'altro scribacchino, ma sempre frate minore. Due frati che si volevano bene e si vogliono ancora bene. E tanto bene. di Ugolino Vagnuzzi

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