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Mangiare nello stesso piatto

Redazione
Pubblicato il 30-11--0001



Lo dicesti chiaro e senza peli sulla lingua, poco prima di morire: un tempo i lebbrosi ti facevano schifo. Ma essi furono importanti per te, costringendoti a cambiar vita. Eppure una volta, molti anni dopo quella fondamentale conversione, quando fra Giacomo il Semplice – che si prendeva cura di loro – te ne portò uno alla Porziuncola, lo rimproverasti. Non volevi, infatti, che egli facesse uscire dall'ospedale i più piagati. Ancora non avevi finito di parlare, che subito ti pentisti di quanto avevi detto e andasti a confessare la tua colpa a Pietro Cattani: soprattutto temevi, rimproverando frate Giacomo, di aver fatto vergognare il lebbroso che lo accompagnava.

Chiedesti perciò di assegnarti la penitenza che tu stesso avevi scelto di fare, di mangiare nello stesso piatto con quel lebbroso. A quel tempo non si usavano posate, e persone diverse prendevano con le mani ciò che era nel piatto. Sedeste entrambi a mensa e fu posta una scodella tra voi due. Quel lebbroso era tutto una piaga; le dita, soprattutto, con le quali prendeva il cibo, erano contratte e sanguinolente, così che ogni volta che le immergeva nella scodella vi colava dentro del sangue. Al vedere questo, frate Pietro e gli altri frati furono molto rattristati, ma non osarono dir nulla, perché avevano timore di te.

Perché, Francesco, ti comportasti in modo così paradossale? Non credo volessi autoflagellarti per punirti di una colpa commessa. No! Il fatto è che, rimproverando fra Giacomo, avevi fi nito per dare al lebbroso la sensazione che egli non fosse come te e come gli altri, ma fosse meno che un uomo, e per questo non potevi restituirgli dignità se non portandolo al tuo livello, collocandolo sul tuo stesso piano, facendolo sentire accolto anzitutto come persona. E se per far questo c'era un prezzo da pagare, qualsiasi prezzo, tu eri disposto a pagarlo. Al contrario, quanto piccoli e meschini siamo spesso noi, che per tacitare le nostre coscienze pensiamo bastino cinquanta centesimi lasciati ad un semaforo, a volte senza neppure guardare in faccia l'uomo che abbiamo davanti né permettendogli di lavarci i vetri, come si era proposto di fare...
di Felice Accrocca

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