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Lo 'spirito di Assisi'èdi Susanna Tamaro

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



Sono nata alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso a Trieste, una città di confine. Un confine particolare perché separava il mondo dell'Est da quello dell'Ovest, il mondo del Nord da quello Sud. Alle spalle premeva l'Europa centrale e, davanti, si apriva il mare Adriatico, proteso verso gli scali mediorientali.

Porto franco ai tempi dell'impero asburgico, questa cittadina di modeste proporzioni divenne, nel corso dei Settecento e Ottocento, un centro cosmopolita ricco di razze e religioni diverse, ognuna delle quali volle edificare un suo particolare luogo di culto. E così sorse la grande chiesa serbo ortodossa dedicata a San Spiridione, con le sue splendide cupole azzurre e i suoi mosaici, poco lontana dal monumentale Tempio Israelitico, in stile assiro babilonese, costruito in sostituzione delle quattro sinagoghe più piccole già presenti in città.

Nel 1778 fu costruita la neogotica chiesa evangelico luterana, tutta a guglie acuminate, mentre, sulle rive, a metà del 1800 si concludevano i lavori sulle rive della chiesa greco orientale, splendente di ori al suo interno. Su tutte, dal suo colle, dominava l'imponente Cattedrale cattolica di San Giusto, come a benedire le molte chiese cattoliche disseminate per la città. Questa ricchezza di fedi e di culture si era mescolata anche nelle famiglie triestine. Nella mia, infatti, convivevano serenamente componenti ebraiche, cattoliche e ortodosse.

Così posso dire che i miei primi turbamenti metafisici sono sorti in proprio in relazione a questa molteplicità. Se Dio è uno - mi chiedevo a sette, otto anni, passeggiando tra le strade spazzate dalla bora, - perché ha tanti luoghi di culto diversi? Cercavo di immaginare il cielo e mi domandavo come poteva essere. C'è un cielo per gli ebrei, uno per i musulmani, un altro per gli ortodossi, per i cattolici, per i buddisti, delimitato da invisibili reticolati e cancelli, oppure è un unico spazio indiviso, capace di abbracciare e fondere tutte le realtà umane? Forse proprio queste mie radici mi hanno spinto a non fermarmi mai alle apparenze, a cercare costantemente non la comoda pace del conformismo, bensì la verità profonda nascosta in ogni realtà che riguarda l'uomo.

Ho avuto la fortuna di partecipare a diversi incontri interreligiosi, l'ultima volta proprio ad Assisi nel 2006, ed ogni volta forte è stata la sensazione di essere avvolta dal vento dello Spirito, tanto che in una mia fiaba per ragazzi, Il Grande Albero, ho voluto evocare il senso profondo di questi incontri. A chi, se non ai bambini, infatti, bisogna rivolgere parole di speranza e di apertura sul futuro? Già, perché nel mondo contemporaneo - un mondo immerso nella complessità e nella velocità dei cambiamenti - la questione della fede sembra essere scivolata in sottofondo oppure viene astutamente agitata come uno spauracchio sui mass media per far credere che tutti i mali e le devastazioni del mondo attuali derivino unicamente dal fanatismo da essa generato; si tende così a rappresentare la religione come una sorta di relitto arcaico, adatta a persone ignoranti, fragili o paurose.

E' a questa visione che lo Spirito di Assisi si è sempre opposto. Che cos'è difatti la fede se non la strada che un uomo – ogni uomo, in ogni fede – deve percorrere per incontrare la profonda verità di se stesso? E vivere senza questa radice misteriosa, in che cosa ci trasforma? La risposta è tutti i giorni sotto i nostri occhi. Il cielo vuoto si è presto popolato di idoli. Immerso in questa idolatria, di cui è per lo più inconsapevole, l'essere umano si è ben presto trasformato in una ‘cosa' tra le ‘cose', manipolatore e manipolato, devastato da un'infelicità sorda e distruttiva. Questa totale materializzazione dell'esistenza ha polverizzato in maniera incredibilmente rapida principi etici che hanno costruito - e sostenuto - la civiltà per millenni.

Forze potenti vogliono convincerci dell'inesistenza di una comune natura umana, si esasperano le differenze, trasformandole in muri invalicabili, si ridicolizza l'idea che esista il bene e il male, al di là della percezione soggettiva, trasformando così ogni esistenza individuale in caleidoscopio di cangianti verità.

Tutte le fedi, al contrario, parlano proprio della nostra comune natura umana, del duro lavoro che ognuno di noi deve fare per raggiungere il cuore vero della propria vita e di come, non i beni, non il potere, ma il raggiungimento della sapienza sia il vero fine di ogni esistenza. Nel rispetto delle importanti diversità, infatti, è proprio la sapienza ciò che unisce nel profondo le fedi delle varie culture. Diverso il modo per arrivarvi, ma alla fine è sempre lo spogliamento dagli attaccamenti, dall'egoismo, dalla non verità a darci la libertà di accogliere l'amore.

E non è forse proprio questa sapienza a far paura, questo nocciolo duro che giace comunque sepolto nel cuore di ognuno di noi? Non è la nostalgia di questa sapienza a provocare il doloroso straniamento dell'uomo contemporaneo? Nostalgia è forse proprio la parola chiave su cui riflettere. Abbiamo nostalgia della gratuità, della purezza, della bellezza; ed è solo questa nostalgia - una volta compresa - che potrà permettere all'essere umano di rimettersi in cammino verso la sorgente della sua verità.

Gli incontri di Assisi servono proprio a indicare questo cammino agli uomini, a tutti gli uomini. Il cammino di ritorno a casa e di ricostituzione della natura umana, una natura segnata dalla fragilità, sospesa tra l'enigma dell'inizio e quello della fine, eppure costantemente desiderosa di amare e di essere amata. Al di là dei riti, al di là delle definizioni, degli abiti, delle formule e delle appartenenze, abbiamo tutti bisogno di un nuovo sguardo. Gli occhi - considerate ‘finestra dell'anima' in tutte le religioni - devono tornare ad esprimere la straordinaria ricchezza che è racchiusa nell'animo umano, devono indicare la via della comunione e non quella della divisione, devono parlare di gioia e compimento. Perché gioia e compimento ci sono ogni qualvolta un essere umano, superando la desolazione e le prove della vita, riesce di nuovo a ritrovare lo sguardo puro dell'infanzia.

Dobbiamo diventare tutti mendicanti di sapienza, tornare cioè all'unità nella nostra vocazione di esseri umani. E per questo abbiamo bisogno dello Spirito di Assisi. Spirito di sapienza, spirito di verità.

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