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Lo 'spirito di Assisi'èdi Gianfranco Fini, Presidente Camera dei Deputati

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



Il prossimo 27 ottobre ad Assisi il Pontifice intende solennizzare il 25° anniversario dello storico incontro tra i leader religiosi del mondo svoltosi, sempre nella città di San Francesco, per volontà di Giovanni Paolo II. L'incontro del 1986 fu uno dei grandi eventi del Pontificato di Papa Wojtyla e colpì profondamente l'opinione pubblica mondiale fornendo un nuovo, cruciale incitamento al dialogo interreligioso e alla cultura della pace.

Le parole pronunciate in quell'occasione da Giovanni Paolo II risuonano anche oggi in tutta la loro potenza evocatrice. "La pace -disse Papa Wojtyla - attende i suoi artefici (…). La pace è un cantiere, aperto a tutti e non soltanto agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale". E' superfluo rilevare che tutte le forze impegnate a favorire il dialogo tra popoli, Paesi e culture si possono e devono ritrovare in questo umanesimo della speranza e dell'amicizia. L'aspirazione alla pace appartiene all'uomo in quanto tale ed è in grado di superare tutte le differenze culturali e di fede, accomunando con la medesima intensità chi professa credi religiosi diversi o non professa alcun credo religioso.

E credo sia di grande significato morale e ideale la presenza quest'anno ad Assisi, accanto a Benedetto XVI e ai rappresentanti delle religioni del mondo, di alcune personalità della cultura e della scienza non appartenenti ad alcuna confessione religiosa che tenderanno a rappresentare idealmente la prospettiva dei non credenti. E' una novità che deve essere accolta con grande interesse perché in grado di offrire un importante momento di dialogo e di confronto, simboleggiando in modo nobile, e spiritualmente elevato, la comune aspirazione a un mondo affrancato dal pregiudizio nonché rispettoso dei valori dell'uomo.

Molto c'è purtroppo ancora da fare per giungere alla fraterna convivenza tra uomini e culture in tutte le aree della Terra. Cadute le ideologie e le barriere politiche della guerra fredda, le odierne spinte all'intolleranza e alla violenza tendono ad assumere sempre più spesso le forme del pregiudizio etnico-culturale, del fanatismo nazionalista, dell'estremismo integralista. Da tempo assistiamo sgomenti alla recrudescenza delle violenze contro le comunità cristiane in diversi Paesi funestati dall'odio religioso, e parallelamente osserviamo con preoccupazione la diffusione di pregiudizi e sentimenti di antisemitismo e islamofobia in Europa.

Sempre più forte e diffuso è inoltre il timore che le paure prodotte dalle difficili sfide dell'età globale possano produrre una degenerazione del concetto di identità collettiva, offrendo così un terreno fertile alla diffusione di mitologie e teorie che, in vario modo e in diverse parti del mondo, vagheggiano il ritorno a società chiuse, egoiste, immobili.

Mai come oggi c'è dunque bisogno di affermare i valori del dialogo e della dignità della persona come antidoto all'intolleranza e come condizione necessaria per disattivare le tensioni che attraversano la società contemporanea. E' mia convinzione che per giungere ad una sempre più forte affermazione della cultura della pace occorra una convergenza di sforzi da parte delle confessioni religiose, delle Istituzioni laiche, delle forze sane della società civile. Un importante riferimento, sia per i laici sia per i cattolici, è contenuto ad esempio nell'esortazione venuta da Benedetto XVI durante il discorso ai rappresentanti del mondo musulmano tenuto il 25 settembre del 2006:. "Il dialogo interreligioso e interculturale - disse il Pontefice - costituisce una necessità per costruire insieme il mondo di pace e di fraternità ardentemente auspicato da tutti gli uomini di buona volontà".

E non c'è dubbio che la diffusione, in questi venticinque anni, dello "spirito di Assisi" abbia fornito un importante contributo a un grande processo di maturazione culturale e civile. Desidero infine ricordare che il Parlamento italiano, con la Legge 10 febbraio 2005, ha riconosciuto il 4 ottobre come solennità civile e giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra appartenenti a culture e religioni diverse, in onore dei Patroni speciali d'Italia San Francesco d'Assisi e Santa Caterina da Siena.

Questa Legge, nel suo promuovere il dialogo tra culture e religioni diverse, offre inoltre un esempio di quella "laicità positiva" cui si fa spesso riferimento nel dibattito italiano: una laicità che riconosce e apprezza la dimensione civile e sociale del fenomeno religioso e che, rifiutando l'uso dogmatico della ragione, sa assecondare la naturale attitudine di questa a interrogarsi. L'intento delle Camere non è stato quindi soltanto quello di ripristinare una ricorrenza della tradizione italiana ma di riproporla in termini nuovi, quale vera e propria giornata della riconciliazione e del proficuo confronto interculturale. E ciò nella consapevolezza che la figura di Francesco d'Assisi rimane uno dei modelli e dei simboli più alti di quella aspirazione alla pace che attraversa la storia dell'umanità raggiungendo, con il suo intenso messaggio di fratellanza, il cuore dell'uomo contemporaneo.

L'esortazione alla concordia che viene dall'insegnamento del Patrono d'Italia ha infatti un sublime valore universale, in grado di essere inteso e accolto in ogni angolo della Terra. Ma da esso possiamo anche trarre un significato più specificamente riferito al nostro Paese, di cui troviamo esplicito richiamo nel titolo dell'odierno convegno, laddove si fa riferimento alla società italiana e alla sfida del dialogo nello spirito del Santo di Assisi.

Tutte le società moderne - e quelle europee in particolare- hanno certamente bisogno di rafforzare la collaborazione sociale e di accogliere la multiculturalità come una risorsa, superando l'individualismo esasperato e il pregiudizio etnico-religioso. Ma non c'è dubbio che in Italia, più che altrove, s'avverte il bisogno di ritrovare il senso della coesione e del dialogo. Da tempo la nostra società risulta troppo frequentemente attraversata da sentimenti di sfiducia, di egoismo e rancore, un fenomeno che si presenta sotto i profili più diversi: da quello sociale a quello geografico, a quello dell'accoglienza degli immigrati. E c'è purtroppo da aggiungere che la politica non sempre ha saputo o voluto sanare le tante tensioni che si sono manifestate in questi anni nel Paese.

Queste pulsioni all'inimicizia non hanno però minimamente intaccato le enormi risorse di civiltà, umanità, solidarietà presenti nel nostro popolo. Ed è proprio la consapevolezza di questa ingente ricchezza morale che deve fornire un ulteriore incitamento a tutte le forze, sia laiche sia religiose, che operano per la ricomposizione civile dell'Italia, nella coscienza che la valorizzazione del pluralismo culturale non vuol dire relativismo ma invito al dialogo e al riconoscimento di comuni obiettivi di civiltà. Anche per questo sono certo che l'incontro interreligioso del prossimo 27 ottobre saprà rinnovare una grande speranza di pace e di riconciliazione, una speranza per tutti i popoli e per noi italiani, che da sempre riconosciamo in Assisi uno dei grandi luoghi simbolo dell'umanesimo dell'amicizia.

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