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Lo 'spirito di Assisi'èdi Cardinale Peter K.A. Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



E' significativo che la Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo convocata da Papa Benedetto XVI per commemorare il primo storico evento ideato in questo stesso ambito dal Beato Giovanni Paolo II venticinque anni fa, sia incentrata sul pellegrinaggio. "Pellegrini della verità, pellegrini della pace": questo, infatti, è il tema espressamente scelto dal Santo Padre.

L'idea del pellegrinaggio accomuna tutte le religioni: per tutti gli uomini e le donne religiose il pellegrinaggio non è un semplice andare da un posto ad un altro, senza meta. Il pellegrinaggio non è una passeggiata. E' piuttosto un cammino di uomini e donne di fede che si riconoscono in un'umanità pellegrina: pellegrina dell'assoluto, della speranza , della pace, della verità.Un'umanità, cioè, per la quale "il cammino è stato predisposto", e che è "consapevole di percorrerlo" .

Così, i leader religiosi che si ritroveranno ad Assisi il 27 ottobre rappresenteranno quella parte dell'umanità che considera l'essere umano come un essere composto di materia e di spirito, aperto alla Trascendenza, che crede che "l'uomo non sia il solo autore di se stesso", che non "basti a se stesso", che crede, in definitiva, che la vita non finisca qui.

Inoltre, i leader religiosi che si faranno simbolicamente pellegrini nella città di San Francesco rappresenteranno tutte le culture nelle quali «ci sono singolari e molteplici convergenze etiche, espressione della medesima natura umana, voluta dal Creatore, e che la sapienza etica dell'umanità chiama legge naturale. Una tale legge morale universale è saldo fondamento di ogni dialogo culturale, religioso e politico e consente al multiforme pluralismo delle varie culture di non staccarsi dalla comune ricerca del vero, del bene e di Dio» (Caritas in veritate, n. 59).

Questa legge morale universale espressa, in ultima analisi, nella regola d'oro: «non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te» rivela il suo significato in modo molto più efficace con l'affermazione positiva: «fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te». Una regola d'oro che si traduce in un impegno per la giustizia e la pace.

La comunità internazionale, o meglio, la famiglia delle nazioni, ha tradotto tale impegno, in questa nostra epoca caratterizzata dalla globalizzazione, nella messa in atto della ben nota strategia degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio concordati fra tutti i paesi, da raggiungere entro il 2015: da quello di dimezzare la povertà estrema e la fame a quello di assicurare l'istruzione elementare universale, dall'assicurare la parità fra uomo e donna e la sostenibilità ambientale alla diminuzione della mortalità infantile. Si tratta di una mobilitazione senza precedenti per andare incontro ai bisogni dei più poveri.

Ecco, andare incontro ai bisogni dei più poveri, per un dovere di giustizia, un dovere «inseparabile dalla carità » (Populorum Progressio, n. 22), indispensabile per raggiungere la pace, è anche un imperativo che accomuna i leader delle diverse religioni che hanno risposto all'appello dei Benedetto XVI. La lotta alla povertà è, infatti, un imperativo di carattere morale che si fa più acuto nel contesto della globalizzazione, fenomeno che, accanto a grandi opportunità per lo sviluppo, pone difficili sfide in termini di aumento delle disuguaglianze e in un mondo che si è fatto più piccolo è sempre più intollerabile vedere grandi ricchezze, che favoriscono spesso consumi inutili e dannosi sprechi, accanto a profonde miserie di chi manca ancora del più stretto necessario. In realtà, molto è stato fatto in termini di alleviamento della povertà, specie se si pensa che nel primo decennio di questo secolo, anche in presenza di una drammatica crisi economica e finanziaria, il numero di persone che vivevano sotto la soglia di povertà assoluta è diminuito nei paesi in via di sviluppo passando da 1,8 miliardi nel 1990 a 1,2 miliardi e il tasso di povertà è calato dal 46 al 27 per cento. Ciononostante, molto resta ancora da fare. Basti pensare, ad esempio, alla piaga non sanata dell'analfabetismo del quale sono state appena comunicate le ultime statistiche. Il numero degli analfabeti nel mondo, risulta essere ancora poco meno di 800 milioni . E la fame d'istruzione, come sosteneva Papa Paolo VI, non è in realtà meno deprimente della fame di alimenti: « un analfabeta è uno spirito sotto alimentato. Saper leggere e scrivere, acquistare una formazione professionale è riprendere fiducia in se stessi e scoprire che si può progredire insieme con gli altri» (Populorum progressio, n. 35).

L'imperativo morale della lotta alla povertà, reclama dunque di essere affrontato con urgenza in modo etico, cioè nel pieno rispetto della dignità della persona umana. Ho avuto l'opportunità di sottolinearlo, esattamente un anno fa a New York, nella mia qualità di Capo della delegazione della Santa Sede al Vertice dei Capi di Stato e di Governo per gli Obiettivi del Millennio. Affermavo, in quella circostanza, che le politiche demografiche che violano la dignità umana non aiutano gli Obiettivi del Millennio a raggiungere i loro scopi, e tanto meno riescono ad alleviare la povertà. Sulla base delle mie esperienze di Pastore chiedevo alla Comunità internazionale rappresentata nella sede delle Nazioni Unite, e in particolare i paesi sviluppati, di non sottovalutare l'intraprendenza dei poveri e di non considerarli un fardello usando la strategia degli Obiettivi del Millennio come uno strumento per combattere la povertà invece che per combattere i poveri .

I poveri, infatti, non sono fastidiosi importuni che pretendono di consumare quanto altri hanno prodotto, poiché reclamano un loro diritto: quello di partecipare al godimento dei beni materiali destinati da Dio a tutta l'umanità e di mettere a frutto la loro capacità di lavoro, creando così un mondo più giusto e per tutti più prospero. L'elevazione dei poveri è una grande occasione per la crescita morale, culturale ed anche economica dell'intera umanità (cfr. Centesimus annus, n. 28).

Non dubito che ad Assisi, il prossimo 27 ottobre, i leader religiosi che vi si faranno pellegrini si troveranno tutti su questa stessa lunghezza d'onda nella lotta alla povertà e nell'impegno per la face fondata sulla giustizia.

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