sda-2016

L'ARCIVESCOVO DI ROUEN E IL RICORDO DI PADRE HAMEL

Redazione online GIANCARLO BELFIORE
Pubblicato il 30-11--0001

Lebrun Dominique Arcivescovo di Rouen (Francia) ha preso parte all'incontro di apertura del 18 settembre. Queste sono state le sue parole: 

Ora,  io vorrei chiedere la grazia di continuare il cammino del dialogo, un dialogo  che sia più forte e più vero,  più interiore. Chiedo  quattro  grazie:

1.  Chiedo a Dio, per intercessione di San Francesco e di Padre Jacques Hamel, la grazia del perdono. Perdonare gli assassini? Non è così difficile perdonare due assassini, ma i mandanti, tutti quelli che li incoraggiano, che li approvano, questo è più difficile. Che si compia la parola di Gesù: « Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno » (Lc 23,34.)

2.  Quando i capi di Daesh sono uccisi nei bombardamenti, qual è il mo pensiero ?: “Ricevono quello che si meritano”? “ Finalmente, ecco che ne abbiamo eliminato qualcuno”?

Oppure ci chiediamo che cosa succederà loro quando compariranno davanti a Dio? Sono io capace di pregare per la loro salvezza, di amarli? Io chiedo la grazia di amarli come dei fratelli, cioè di ritrovarli nel Regno dei Cieli. Che la Parola di Dio ci inciti: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici” (Mt 5, 44)

3.  Padre Jacques appartiene alla stirpe dei martiri. Egli è beato, dice Papa Francesco. Ma non è ancora stato beatificato. Ricevo delle lettere che lo chiedono, alcuni m’incitano a richiedere la dispensa dai cinque anni. Io domando la grazia che il riconoscimento del martirio non sia una bandiera innalzata per combattere e condannare; ma la gioia di rendere grazie per il dono di un prete che ha donato la sua vita come il Cristo. Che la Parola di Gesù abiti in me: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui” (Gv  3; 17)

4.  Infine domando la grazia di un dialogo nella verità con i miei amici musulmani.

Sorgono domande sulle possibilità di convivenza. Nella vita sociale e familiare, tutto è compatibile fra le nostre religioni.

Mi piacerebbe anche interrogarli, con infinito rispetto, a proposito della loro sottomissione a Dio che è al di sopra dell’umanità. Quello che essi percepiscono di Dio non è di un’assolutezza tale che ogni realtà, anche la vita umana, non avrebbe alcuna importanza al confronto?

Io vorrei al tempo stesso testimoniare la mia fede in Dio che si è fatto uomo in Gesù: egli è entrato nell’umanità, e così nei suoi limiti. Che bel mistero: Dio che eleva l’uomo alla dignità divina e, al tempo stesso, si mescola alla sua storia caotica.

Domando queste grazie, non senza esprimere riconoscenza per quelle già ricevute dopo l’offerta della vita di Padre Jacques Hamel. Basta qui ricordare la visita di numerosi musulmani alle nostre assemblee domenicali il 31 luglio. Era proprio come una famiglia che si recava a far visita a una famiglia in lutto, e questo è bene. Noi apparteniamo alla stessa famiglia umana, promessi dunque alla stessa famiglia divina. Per mezzo di Gesù il Cristo.

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